Non so se il primo in assoluto, ma certamente è stato uno dei primi viaggiatori anglosassoni a documentare il suo viaggio a Genova. Fynes Moryson giunse a Genova a fine ‘500 partendo da Livorno a bordo di una feluca che aveva costeggiato il litorale. Una volta doppiato il monte di Portofino l’imbarcazione, sbattuta come un fuscello sulle rocce della costa, s’imbattè in una violenta tempesta inducendo i passeggeri ad affidarsi alla clemenza divina. Il britannico invece, evidentemente esperto nuotatore, si tuffò in mare riuscendo a mettersi in salvo sugli scogli. Da qui la compagnia nuovamente ricostituitasi si mise in viaggio verso Genova, in silenzio, facendo attenzione anche al proprio calpestio, intimorita dal fatto di aver incontrato un villaggio distrutto e bruciato di recente dai turchi.
“All’entrata di Genova scorgemmo due palazzi signorili, uno di Giorgio d’Auria, l’altro di un signore chiamato Cebà. Mentre ci si avviava dentro la città e prima di entrarne alle porte v’è il sontuoso palazzo di Andrea d’Auria. L’edificio stesso, il giardino, le scale digradanti al mare, la sala dei banchetti, e diverse pinacoteche sono di magnificenza regale. Non lungi da lì, a una parete c’è una statua eretta ad Andrea Doria, l’ora defunto ammiraglio della flotta ispana… In persona io vidi il palazzo di Gian Battista d’Auria la cui dimora era assai maestosa e il giardino non solo assai piacevole ma adorno di statue e di fontane. Genova s’è fortificata verso il mare con ogni e verso terra sia attraverso la natura che l’arte essendo l’accesso alla città uno solo e impervio. Le strade sono strette, i palazzi eretti magnificamente, con marmo e le altre costruzioni di pietra libera, a cinque o sei piani e le finestre sono vetrate cosa rarissima in Italia. Le vie sono lastricate con silice e le case dei sobborghi sono quasi belle come quelle cittadine. Verso le isole della Corsica e della Sardegna nel mare genovese si pescano coralli… Ora proprio in pieno dicembre i mercati erano pieni di fiori estivi, erbe e frutti. Si dice proverbialmente di questa città: “Montagne senza legni, mare senza pesci, Huomini senza fede, Donne senza vergogna, Mori Bianchi, Genova Superba”…
“Gli uomini genovesi, nel loro festeggiare, danzare e in una libera conversazione e le donne nei loro abbigliamenti si avvicinano più ai francesi che agli italiani”.