Ci incontriamo a pochi passi dalla sua casa natale alla Liquoreria Marescotti in via Fossatello.
Mazzini siede composto, lo sguardo profondo e vigile, ordina una fetta di torta alle mandorle, la sua preferita. Io invece consapevole di trovarmi davanti alla storia, per farmi coraggio, sorseggio un Lagavullin.

Maestro -rompo il ghiaccio io- cosa si prova a tornare a casa, dopo tanto esilio?
Tanta emozione e riconoscenza verso questa città che molte volte mi ha protetto.
Come quella volta quando durante la rivolta del 1857 mi rifugiai, braccato dalla polizia sabauda, in Vico delle Monachette. In quel dedalo di vicoli angusti e ostili ai foresti, mi sentivo al sicuro.
Suo padre, se non erro, era medico, vero?
Sì, si chiamava Giacomo.
Un uomo tutto d’un pezzo, di poche parole e mani sicure, caratteristiche queste proprie di noi genovesi. Ricordo che, da bambino ogni tanto, lo accompagnavo nelle visite ai poveri.
Non prendeva mai denaro da chi non poteva pagare.
Una volta curò un vecchio marinaio che non aveva neppure le scarpe.
Quando uscimmo, gli dissi: “Papà, non ti ha dato niente.”
Lui mi rispose: “Mi ha dato la fiducia. E quella, Pippo, vale più di qualunque compenso ”

Credo di aver compreso quel giorno con il suo esempio cosa significhi essere fedeli a se stessi e servire una causa.
Il suo sguardo si allontana all’orizzonte come se stesse rivivendo la scena poi riprende a guardarmi negli occhi con quella franchezza austera che solo i grandi idealisti e le coscienze pure possono permettersi.
Sua madre Maria Drago -riprendo emozionato il filo del discorso- le fu sempre vicina, anche da lontano, seguì con grande partecipazione le sue vicissitudini.
Sempre.
I suoi consigli, anche se a volte non li ho seguiti, sono stati preziosi per me.
Le sue lettere erano la mia patria quando non ne avevo una.
Mi chiamava “Giuseppino”, anche quando il mondo mi chiamava traditore.
Ogni parola sua era una carezza di Genova che mi arrivava fino a Londra, in Svizzera o ovunque mi trovassi.
Maria Drago, la madre che scrisse al figlio più di cento lettere, senza mai rimproverarlo davvero.
E Giacomo, il padre che gli insegnò a curare senza chiedere nulla in cambio.
Da loro nacque un visionario che avrebbe tentato di guarire un popolo intero e di dare un’identità unitaria a tutto un continente. Chimere ancora oggi ben lontane dall’essere realizzate.

Ci alziamo dal tavolino, la torta non sarà stata buona come quella che gli preparava la mamma, ma di certo gli è piaciuta e proseguiamo la nostra chiacchierata passeggiando in direzione del Porto Antico.
Eppure, Maestro, la sua vita è stata piena di fughe, arresti, processi e delusioni. Non si è mai chiesto se ne valesse la pena?
Ogni notte, sì. Ma poi guardavo le stelle.
Sono le stesse che brillano sopra Genova, sopra Londra, sopra Berna.
E pensavo: la patria non è un luogo, è un dovere che ti segue ovunque e al quale non puoi sottrarti.
Ricordo ancora la sera del 26 aprile del 1827. Non avevo ancora compiuto ventidue anni quando titubante ma pieno di speranze varcai l’atrio di Palazzo Baxadonne al civ. n. 32 di Via San Giorgio, sede della Carboneria genovese.

Dunque lei era davvero un massone come sostengono in molti?
La parola massone deriva dal francese “macon”e significa muratore libero. In questo senso quindi si, essendo un costruttore di democrazia dallo spirito libero, si lo ero!
Giuseppe prosegue ora serio e determinato:
A Marsiglia fondai la Giovine Italia.
Abitavo sopra un’osteria e scrivevo i miei proclami con il clamore gente che rideva e brindava, di sottofondo.
La rivoluzione nasce sempre tra i rumori del mondo: non in silenzio, ma in mezzo alla vita.
La storia non è fatta di soli ideali, ma anche di compromessi, lo so bene e anche di percorsi disegnati dal destino.
A Londra invece conobbi e frequentai, fra gli altri, anche Mary Shelley (vedova del poeta P.B. Shelley), Anne Isabella Milbanke (vedova di Lord Byron, mio idolo di gioventù), il filosofo ed economista John Stuart Mill, Thomas Carlyle e sua moglie Jane Welsh, lo scrittore Charles Dickens, che finanziò la mia scuola e al quale consigliai di visitare Genova e il poeta decadente Algernon Swinburne che mi dedicò addirittura un’ode.
Ma è vero che fece amicizia anche con Marx?
Abitavamo nello stesso quartiere ma l’ho incrociato solo qualche volta a distanza al Red Lyon dove arringava, tra un boccale di birra e l’altro, i suoi adepti. Abbiamo intrattenuto -questo si- un lungo confronto ideologico epistolare. Ci siamo sempre rispettati, ma mai stimati. Lui mi definì “un utopista borghese” ed io, di contro, disprezzavo il suo socialismo ateo e materialista che contrastava con i miei valori morali e spirituali di libertà.
A proposito di libertà: E se oggi il suo apostolo potesse dare un consiglio ai posteri?
Mazzini volge ora lo sguardo al mare e il tono si fa grave.
L’Italia è nata, ma non ancora raggiunto la maturità.
È come un ragazza che ha il nome di suo padre ma non ne ha ancora il carattere.
Per diventare finalmente adulta dovrà imparare la dignità, la giustizia, la bontà.
.. e- mi permetto di aggiungere io- l’onestà….
Ah! Certo l’onestà, questa sconosciuta nella nostre misera indole di adulatori dei padroni.
Per quanti secoli abbiamo preferito alla nostra integrità lo squallido opportunismo mirabilmente riassunto nel ‘500 da Guicciardini “Franza o Spagna pur che se magna?

Dite ai giovani che la libertà non è un dono, ma una conquista da difendere tutti i giorni.
E che i sogni, anche quando sembrano fallire, lasciano sempre un segno nella realtà, un piccolo passo lungo l’arduo cammino verso la giustizia.
Io ho sognato un popolo, ma ho amato una famiglia — la mia, e quella che volevo far nascere: l’Italia.
“Ebbi a lottare con il più grande dei soldati, Napoleone. Giunsi a mettere d’accordo tra loro imperatori, re e papi. Nessuno mi dette maggiori fastidi di un brigante italiano: magro, pallido, cencioso, ma eloquente come la tempesta, ardente come un apostolo, astuto come un ladro, disinvolto come un commediante, infaticabile come un innamorato, il quale ha nome: Giuseppe Mazzini”
Cit: Klemens Wenzel Lothar von Metternich-Winneburg-Beilstein Coblenza 1773 – Vienna 1859 Diplomatico e politico austriaco.
Genova, oltre ad avergli eretto un monumento nella principale piazza ottocentesca e reso la sua casa natale museo del Risorgimento, ha intitolato al suo illustre figlio una strada, un liceo, e una galleria.
In Copertina. ritratto ottocentesco di Giuseppe Mazzini.
















































