Le tomaxelle sono un piatto tradizionale genovese a lungo dimenticato.
In estrema sintesi si tratta di un involtino di carne farcito con uova, formaggio, spezie, interiora e verdure.
Secondo gli esperti il nome tomaxella riconduce dal latino “tomaculum”, salsicciotto, mortadella con chiaro riferimento sia alla forma che alla funzione contenitiva del ripieno di cui è imbottita.
Secondo altri invece l’etimo potrebbe anche derivare da “tomix“, cordame di canapa o di giunco, in riferimento alla legatura dell’involtino stesso.
L’incertezza non concerne solo il nome ma anche la filosofia stessa di questo cibo perché la tomaxella viene da molti considerata emblema del piatto di recupero.
Ipotesi questa poco plausibile visto il non senso di riciclare avanzi per cucinare della costosa carne di vitello. Più probabile invece che il preparato avesse un pedigree tutto suo.
Non si sa con certezza quando le tomaxelle siano nate. Ne esistono due versioni: una più antica cucinata in bianco quando ancora il pomodoro non era noto ed una più recente affogata invece nella salsa.
Curioso poi il fatto che nell’Antica Cuciniera del Ratto del 1863, il testo sacro della cucina nostrana, la ricetta degli involtini genovesi compaia nell’indice delle pietanze con il nome di “Bracioline ripiene” e la parola “tomaxelle” sia tra parentesi.
Un piatto prelibato questo è certo che negli ultimi anni è stato riscoperto e riproposto nei menù delle trattorie locali.
Lo storico Michelangelo Dolcino ne racconta anche la propagandistica funzione durante il drammatico assedio anglo austriaco del 1800 quando Genova, comandata dal generale nizzardo Massena, visse
“una delle congiunture più drammatiche della sua esistenza. Le truppe francesi del generale Massena – che doveva essere ribattezzato ‘Ammassa Zena’ (Ammazza Genova) – vi si erano asserragliate, strette dagli Inglesi sul mare e dagli Austriaci per terra. I disagi aumentavano giorno dopo giorno, la fame serpeggiava per tutti, a rivoli sempre più inquietanti… Eppure, quando venne fatto prigioniero un gruppetto d’ufficiali austriaci, fu loro servito un piatto che li costrinse a sbarrare gli occhi: odorose, appetitose ‘Tomaxelle’… Si trattava di un espediente, comune nell’arco della storia, volto a scoraggiare gli assedianti, a mostrar loro che gli assediati erano ben lungi dalla fine per inedia; ma in realtà – almeno allora – non si trattava di una preparazione costosa”.
Ricetta:
Scottate in acqua bollente 100 g di petto e 100 g di magro di vitello, tritateli unendo la mollica di pane inzuppata nel brodo, i pinoli, 50 g di funghi secchi ammollati in acqua, scolati e tritati. Amalgamate il tutto, unite due uova, il formaggio grattugiato, prezzemolo, maggiorana, noce moscata e chiodi di garofano, mescolando bene fino ad ottenere un composto omogeneo. Riempite 8 fettine di vitello battute e assottigliate, arrotolatele e chiudetele con degli stuzzicadenti. Passate le tomaxelle nella farina e poi rosolatele nel burro sfumando con il vino bianco. Completate la cottura per 15 minuti nel sugo di pomodoro. Cuocere a fuoco lento, diluendo il sugo con il brodo vegetale. Sale e pepe a piacere.
In origine il ripieno delle tomaxelle era realizzato con il lesso tritato, interiora (animelle, cervella e poppa), con gli arrosti avanzati, bietole, uova e formaggio grattugiato. Successiva è dunque la presenza dei funghi ammollati e dei pinoli.
Esiste anche, nella variante al pomodoro, la presenza dei piselli come contorno.
In Copertina: Le tomaxelle. Foto e preparazione dell’autore.
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