Edicola votiva di ottocentesca fattura intitolata alla Madonna della Guardi. Si trova presso Archivolto di N.S. della Guardia (ora aperto) che unisce Via San Siro con Vico della Fasciuole nel quartiere della Maddalena .
All’incrocio tra vico Campo Pisano e vico superiore di Campo Pisano si trovava un tempo un teatro particolarmente caro ai genovesi: il teatrino gestito da Nicola Tanlongo, in arte Ö Feûgo che, insieme al fido aiutante Cincinina allestiva qui spiritosi spettacoli di burattini.
L’attività cessata a causa della guerra riaprì i battenti, purtroppo senza successo, negli anni 80′ del secolo scorso.
Oggi i locali dell’antico locale sono stati trasformati in ristorante.
In Copertina: Vico superiore di Campopisano. Foto di Antonio Corrado.
Vico Veneroso è uno stretto caruggio che fa parte di quel gruppo di vicoli situati sul lato sinistro di Via San Lorenzo scendendo in direzione mare.
Al civ. n. 4 dell’omonima piazza si trova il Palazzo nobiliare di Giovanni Bernardo Veneroso. L’edificio venne distrutto dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale e ricostruito negli anni ’50.
Il caruggio, recentemente riqualificato, deve il nome alla casata dei Veneroso originaria di Ancona secondo alcuni, di Verona secondo altri.
Costoro si stabilirono a Genova nel ‘300 fornendo alla Repubblica diversi senatori e soprattutto due Dogi: Gerolamo di Gio-Bernardo nel 1726 e sui figlio Gio-Giacomo nel 1754.
In vico degli Adorno, angolo via Lomellini, si trova un pregevole bassorilievo in pietra nera.
Tale manufatto, risalente al XV secolo, rappresenta la Madonna col Bambino sotto alla quale al centro campeggia il trigramma di Cristo al centrcircoscritto in una ghirlanda retta da due putti.
AI lati due stemmi nobiliari abrasi raffigurati con gusto bucolico fra gli alberi.
Sulla cornice della base è incisa l’epigrafe:
PAX HVIC DOMVI. SEC XV.
In Copertina: il bassorilievo di Vico degli Adorno. Foto dell’autore.
In origine il caruggio si chiamava Vico del Fondaco. Nel 1795, per non confonderlo con l’omonima salita nei pressi di Piazza De Ferrari, mutò il suo nome in Vico della Rosa.
Curioso il fatto che per evitare un possibile equivoco se ne creò invece un altro: infatti di Vico della Rosa ve ne era precedentemente già uno nel quartiere del Molo.
Solo nel 1868 questa seconda omonimia venne risolta ribattezzando il caruggio con il titolo di Vico Cimella.
Quest’ultimo vicolo probabilmente riferito alla Vergine di Lima a cui, fra l’altro, nella chiesa di Santa Maria di Castello è intitolata una cappella impreziosita con una pala di Domenico Piola.
In Copertina: Vico della Rosà. Foto di Antonio Corrado.
Nel 1833 anche un giovane e ancora sconosciuto Hans Christian andersen arrivò a Genova dove rimase meravigliato ad ammirare il mare. I colori erano più intensi, nitidi, vivaci rispetto a quelli a cui era abituato sulle coste della sua terra natia, la Danimarca. Un’esplosione di mediterranea bellezza che lo incanta come una fiaba e lui si che di fiabe se ne intendeva.
L’autore di celeberrime favole quali, fra le tante, “La Principessa sul Pisello”, “La piccola fiammiferaia”, “La Sirenetta” o il “Brutto Anatraccolo” (“I Vestiti dell’Imperatore la mia preferita”) racconta nei suoi appunti di essersi perso nel dedalo dei caruggi nel tentativo di raggiungere il teatro Carlo Felice dove aveva intenzione di assistere all’opera “Elisir d’Amore” di Gaetano Donizetti.
“Sono stato al glorioso castello del Doge qui a Genova, il Palazzo è accanto al Palazzo, un ponte Carignano collega due strade e sale alto sopra le case di 6 piani, una di 10 piani, si ergeva poco sopra il ponte. Il teatro è quasi come La Scala, ho visto Love Potion con nuova musica italiana. – A Palazzo Durazo ho goduto della vista del mare blu-nero e di tutta la zona con i suoi uliveti neri come la pece. – L’Ammiraglio di Genova ha concesso a me e ai miei due compagni di viaggio il permesso di vedere l’Arsenale. Siamo entrati qui da 600 galeotti, erano le facce più orribili che abbia mai visto, due più due erano incatenati insieme, come se fosse un solo corpo. – Eravamo rinchiusi con loro; lungo il Muro dormivano saldamente incatenati di notte; eravamo in infermeria, uno era preso dalla morte, gli occhi erano rotti, era quasi verde in viso, mi fece un’impressione così terribile, che mi ero quasi fatto male, ho chiuso gli occhi; uno dei teppisti, che l’ha visto, ha riso in modo piuttosto orribile e ha scosso le catene di ferro… Gli orgogliosi genovesi camminano con i cappelli rossi, la sera cantano così magnificamente e il lago rotola sotto la mia finestra. Dopo Parigi, Genova è la prima città che conosco, si chiama anche La superba ed è giusto che sia così!”
Lettera di HC Andersen (1805-1875 scrittore) a Christian Voigt del 1° ottobre 1833:
Disegno di Hans Christian Andersen “Genova il 2 ottobre 1833.”. . Dimensioni originali 5,9 cm x 9 cm.
Quando, prima della sua demolizione avvenuta nel 1968, c’era ancora Vico dei Librai.
Il caruggio sito nel cuore di Portoria era assai breve e comprendeva tre porte di casa. Dallo stesso si accedeva anche all’attigua piazzetta che ne aveva altre sette.
In una di queste abitava la famosa vecchina dell’omonima leggenda secondo la quale l’anziana signora ancora ai giorni nostri gironzola nei pressi di Porta Soprana chiedendo informazioni sulla strada da percorrere per raggiungere la propria abitazione in Vico Librai.
A rendere ancora più affascinante la vicenda di questa nonnina è il ritrovamento, all’interno di un locale dove era entrata per chiedere informazioni, di un borsellino contenente monete del regno, immaginette sacre e un antico rosario. Tutti oggetti risalenti all’800.
Tutta la millenaria zona per via del nuovo piano regolatore venne atterrata a cavallo degli anni 60/70 senza pietà in nome del piccone risanatore passando tristemente alla storia come lo scempio della Madre di Dio.
In Copertina: scorcio della piazzetta e del Vico Librai.
Tra via del Campo a vico San Marcellino si trova Vico della Madonna. Il nome del caruggio trae origine dalla presenza di un tondo oggi scomparso con la Madonna e il Bambino. Madonna che ricordo dal 1637 è la Regina di Genova.
Al civ. n. 11 esisteva anche una lastra sovrapporta con San Giorgio che uccide il drago di cui resta purtroppo, dopo la rimozione o il furto, solo la malinconica impronta.
Della piccola lapide posta sotto la targa che recita: A Beneplacito del Municipio / il 10 luglio 1866 non sono riuscito a comprendere il significato. Probabilmente legato a qualche servitù di passaggio o di utilizzo.
Tra via Prè a via Balbi si trova vico Macellari il cui toponomo rimanda alla presenza un tempo in zona dei macelli.
La corporazione dei macellai (Beccai in genovese) fù a Genova tra l’altro la più antica, come si evince da documenti risalenti al XIII secolo, assieme a quella dei mulattieri.