Via alla Porta degli Archi

La via deve il nome all’omonina porta che fino al 1897 era qui collocata prima della costruzione del Ponte Monumentale.

Sullo sfondo si riconoscono le tradizionali fasce bicrome che caratterizzano la facciata della chiesa di Santo Stefano.

La strada seguiva l’antico tracciato di epoca romana che conduceva alla piana del Bisagno seguendo che oggi è Via San Vincenzo

In Copertina: Via alla Porta degli Archi. Foto di.Elena Nikiorova

Quando c’era via di Porta Pila…

Questo scatto che ritrae Strada di Porta Pila con sullo sfondo Porta d’Archi è sicuramente anteriore al 1890 anno di costruzione dell’attuale Via XX Settembre.

Prima di quella data infatti il tracciato che oggi costituisce ” Via Venti” era composto da ben tre strade, tutte dalle dimensioni più ridotte rispetto all’attuale:

Via Giulia a partire dalla “nuova” Piazza de Ferrari, Via della Consolazione (già Strada della Pace) da Porta d’Archi a scendere (oggi Ponte Monumentale) e Via o Strada di Porta Pila nella parte finale, dove c’erano le omonime piazza e porta, sulla piana del Bisagno.

In Copertina: Via di Porta Pila.

Il Presepe dell’Isola

Il suggestivo presepe di Camogli non poteva altro che essere esposto in quella che un tempo, come raccontato nella maiolica sul sagrato della basilica, era la sua isola.

La maiolica sul sagrato della chiesa che racconta l’originaria conformazione come isola di Camogli. Foto dell’autore.

Frutto di mesi di lavoro meticoloso, passione e dedizione, il presepe all’Isola di Camogli è molto più di una semplice Natività: è un capolavoro di artigianato e amore per il proprio territorio. Un vero omaggio alle tradizioni locali e alla magia del Natale, realizzato da un gruppo straordinario di volontari, gli “Amici del Presepe”che hanno raccolto la dimenticata eredità degli anni Ottanta, riportando in vita un progetto che incanta residenti e visitatori, anno dopo anno.

Allestito dunque nei locali di via dell’Isola 3, questo presepe è un viaggio emozionante tra i colori e le atmosfere di Camogli.

Ogni dettaglio racconta il borgo: dal porticciolo ai vicoli, dai locali e stabilimenti balneari lungo la passeggiata, fino alle tradizionali case dai colori pastello. La cura artigianale è straordinaria e ogni anno l’opera si arricchisce di nuovi particolari. Così, il celebre Dragun, il tipico sciabecco ligure, solca il golfo, mentre le luminarie della basilica di Santa Maria Assunta e delle case si riflettono nel mare, creando un gioco di suggestioni che cattura lo sguardo e invita a perdersi nella bellezza dei dettagli.

Il Dragun originale esposto all’imbocco della passeggiata. Foto di Claudio Bottaro

La scena si dipana dal mattino fino all’imbrunire arricchita, per renderla più verace, dal rintocco delle campane, dai garriti dei gabbiani e dalle sirene delle navi.

il Presepe all’imbrunire con la suggestiva palazzata illuminata. Foto di Claudio Bottaro.

Ma questo presepe non è solo un’opera d’arte, è anche un simbolo di solidarietà. Basta inserire una moneta da uno o due euro per attivarlo, e il ricavato viene devoluto a scopi benefici: dall’acquisto di un defibrillatore per l’asilo Umberto I, a donazioni per la scuola dell’infanzia di Ruta e i volontari del Soccorso.

Oltre all’allestimento dello scorso anno, all’interno dell’Abbazia di San Fruttuoso è presente questa gradevole rappresentazione presepiale dell’Abbazia stessa. Foto di Claudio Bottaro.

La quarta edizione, esposta lo scorso anno nell’abbazia di San Fruttuoso, ha raccolto fondi per una sedia per disabili destinata alla comunità. Un progetto che non smette mai di stupire e di far del bene, unendo tradizione, bellezza e generosità in un’esperienza unica.

“Seconda stella a destra, questo è il cammino
E poi dritto fino al mattino
Poi la strada la trovi da te
Porta all’isola che non c’è”.

Cit. L’Isola che non c’è. Edoardo Bennato 1980.

In Copertina: Foto di Claudio Bottaro. Gennaio 2025.

Il viaggio nei Presepi dei Cappuccini

Presso il Museo dei Cappuccini sito in Viale IV Novembre 5 è possibile immergersi in un affascinante viaggio nel mondo dei presepi.

Il Presepe all’interno della chiesa di Santa Caterina.

Si può accedere sia dalla chiesa della SS Annunziata di Portoria dove sono custodite le spoglie di Santa Caterina da Genova, che dall’ingresso con scenografico settecentesco scalone situato praticamente di fronte al Parco dell’Acquasola.

Sulle pareti dello scalone come succulento antipasto sono esposte tele provenienti da chiese e conventi cappuccini liguri di autori di assoluto prestigio quali, cito i principali: Gio. Andrea De Ferrari, Giulio Benso, Luca Giordano, Luca Cambiaso, Bernardo Strozzi, Domenico Fiasella, Orazio De Ferrari, Giovanni Battista Paggi, Luigi Miradori detto il Genovino e Domenico Piola.

Prima dell’ultima rampa a dare il benvenuto ai visitatori è una splendida quanto geniale scultura marmorea bifronte di autore ignoto che da un lato rappresenta Sant’Antonio da Padova con Gesù e dall’altro la Vergine con il Bambino.

Sant’Antonio da Padova con in braccio Gesù
La Vergine con il Bambinello.

Giunti al piano sulla sinistra ecco il pezzo forte del percorso costituito dell’imponente presepe meccanico realizzato dell’artigiano piemontese Domenico Curti. La rappresentazione si dipana lungo tre scene principali collocate a Betania, Gerusalemme e Betlemme e racconta oltre alla Natività anche molti altri episodi legati alla Bibbia. Non a caso lo stesso autore lo ha definito “un presepe biblico animato”.

Scena di Betania.
Scena di Gerusalemne.
Scena di Betlemme.

Quasi cento anni di storia, quaranta metri quadri di stupore e oltre 150 movimenti generati da originali meccanismi azionati mediante vecchie cinghie di cuoio, ne fanno un capolavoro del suo genere.

Il viaggio prosegue nella stanza di fronte raccontando la grande tradizione presepiale genovese attraverso i suoi grandi maestri in particolare, Bissone, Maragliano, Navone, Garaventa e Casanova, fino a Capurro l’ultimo esponente di rilievo di una scuola che annoverava fra gli altri artisti quali Storace, Ciurlo, Pittaluga, Pedevilla e il Castellino il primo di cui si ha notizia ad inizio del XVII secolo.

Dalla ricca committenza nobiliare del presepe artistico si passa poi a quella più economica e popolare tradizione detta dei macachi. Ovvero quella particolare produzione di statuine in terracotta o carta pesta per presepi allestiti spesso con materiali di recupero. In proposito i più famosi sono quelli realizzati con le ceramiche di Albisola.

A corollario della mostra altri 8 presepi di più recente fattura di chiara ambientazione ligure di fogge, dimensioni e materiali diversi, arricchiscono il museo. In queste rappresentazioni spesso la “piazza del mercato” costituisce l’ambientazione principale.

Presepe per scarabattola. Ambito ligure Sec. XIX. Collezione Museo. Donazione privata.

Ma il vero protagonista è il presepe settecentesco con i classici manichini snodabili vestiti con sfarzosi abiti su misura.

Manichini, abiti e accessori dei manichini genovesi.

Al centro della scena ecco il fastoso corteo dei magi attribuito alla bottega del Maragliano. Da notare l’utilizzo dei cavalli al posto dei cammelli, caratteristica questa tipica della scuola genovese.

Il Corteo dei Magi.

A proposito del grande scultore non vi è prova alcuna che scolpisse statuine presepiali ma si sa che disegnava personalmente i bozzetti che dovevano essere poi realizzati dai suoi allievi.

Fra i tanti personaggi spiccano, custoditi in una teca a parte, le figure della benefattrice e del mendicante realizzate da Pasquale Navone, il grande continuatore dell’arte del Maragliano. Se la prima si distingue per la sua raffinata eleganza, la seconda risalta perché interamente vestita in tela jeans originale dell’epoca.

La benefattrice e il mendicante. Seconda metà del XVII sec. Acquisizione dal convento dei Cappuccini di Sarzana (SP). Pasquale Navone.
Il mendicante.

Da segnalare infine il pregevole quattrocentesco polittico di San Barnaba di Giovanni di Pietro da Pisa, proveniente dall’omonima chiesa di San Barnaba del Castellaccio.

Il quattrocentesco polittico.

In Copertina: Il Corteo dei Magi attribuito alla Bottega del Maragliano. Tutte le foto sono dell’autore.

Il Presepe di S. Egidio alla Nunziata

La Comunità di Sant’Egidio ha affidato agli artigiani di via San Gregorio Armeno a Napoli la creazione di un presepe unico, in esposizione fino al 2 febbraio 2020 nella basilica della Santissima Annunziata del Vastato a Genova. Qui, la tradizione napoletana incontra la realtà ligure, dando vita a una rappresentazione della Natività che vibra di significato e attualità.

Il presepe nel suo insieme. Foto di Anna Armenise.

Le figure di Gesù, Maria, Giuseppe, i tre Magi e gli angeli sono state scolpite in legno con dettagli preziosi come gli occhi in vetro, create appositamente negli storici laboratori napoletani. Sullo sfondo, un rudere con tre colonne bianche evoca l’architettura della basilica stessa, simbolo del luogo di preghiera dove ogni sera si riunisce la comunità di Sant’Egidio. Questa Natività raccoglie in un abbraccio Genova e Napoli, due città lontane ma unite dal messaggio universale di accoglienza e solidarietà.

Nel presepe sono riconoscibili angoli iconfondibili di Genova: le vie strette di Sottoripa, la chiesa di San Matteo, la Lanterna e Porta dei Vacca.

Al centro la chiesa di San Matteo. Foto di Anna Armenise.

È tra queste strade che si muovono le figure0 degli abitanti, immersi nella loro quotidianità e nel servizio ai più poveri. Attorno alla mangiatoia, le statuine raccontano il messaggio evangelico di Matteo: poveri, forestieri, ammalati, carcerati, affamati e assetati – sono loro i protagonisti di questa scena, ciascuno con la sua dignità, rappresentato con delicatezza e realismo.

La Lanterna domina la scena. Foto di Anna Armenise.

Ai due estremi della scena, quasi in un abbraccio a Gesù bambino, mani amiche portano un piatto caldo a chi ha fame e sete, come ogni giorno Sant’Egidio fa nelle mense di via delle Fontane e per le strade della città. E sotto la Natività, in una stanza nascosta, troviamo i “forestieri” intenti a raccontare le loro storie di speranza, proprio come avviene nelle scuole di lingua e cultura italiana che Sant’Egidio gestisce per i migranti nel centro storico e a Sampierdarena.

Nella rappresentazione della “casa famiglia”, una donna anziana attende con gioia chi le porta affetto, e accanto a lei c’è un uomo dalla pelle scura, malato di Aids, che grazie alle cure del Programma Dream di Sant’Egidio tornerà a vivere – un richiamo alla speranza offerta a tanti in Africa.

A destra del presepe troviamo i “carcerati” e a sinistra i “nudi” che aspettano vestiti, proprio come avviene nei Centri “Genti di Pace”.

In primo piano dettagli del presepe. Foto di Anna Armenise.

E infine, dietro la Sacra Famiglia, i “piccoli” giocano alla Scuola della Pace, seguiti dallo sguardo attento di un giovane amico.

Questo presepe è una testimonianza di vita autentica, che ricorda a tutti che Gesù non nasce in un palazzo lussuoso, ma nei luoghi dimenticati e poveri – come lo erano i ruderi di Napoli un tempo e come lo sono oggi tante periferie. È un invito a vivere l’Avvento come un’attesa attiva, che ci spinge a “uscire” verso chi è meno fortunato, onorando, come ci ricorda papa Francesco, il corpo di Cristo nelle membra dei poveri.

Comunità di S. Egidio. Piazza della Nunziata 4. Natale 2019

In Copertina: Foto di Anna Armenise

Volto di Vergine Sotto le Murette

Sarzano costituisce il nucleo più antico dell’abitato del centro storico genovese.

Qui testimonianze di remote vestigia medievali sono visibili un po’ ovunque.

Fa strano quindi incontrare in vico Sotto le Murette una Madonnina di recente fattura.

Percorrendo infatti le Murette, le mura risalenti all’epoca del Barbarossa, sulla sinistra al centro di una finestrella chiusa da una grata, compare una testa della Vergine, a dire il vero un po’ inquietante, realizzata negli anni 90′ del secolo scorso.

In Coperina: la Madonna in Vico Sotto le Murette.

Storia del Cimitero di Murta e del suo roseto

Il roseto all’interno del cimitero di Murta costituisce la principale attrazione del percorso della via delle Rose che si snoda tra Trasta e Murta.

Tale passeggiata che parte dal nuovo ponte sul Rio Ciliegio a Trasta, edificato dal Comune di Genova nel 2022 dopo il crollo del precedente piccolo secentesco ponte, può essere anche una valida e piacevole alternativa per raggiungere la Festa della Zucca a Murta.

Lungo il sentiero che si arrampica lungo la collina si possono ammirare delle piccole collezioni di rose e diverse specie arboricole evidenziate da appositi cartelli esplicativi.

Rose.

Altre rose.

Con il suo simbolismo di gusto ottocentesco, il cimitero di Murta può essere considerato a tutti gli effetti un cimitero monumentale. Edificato nel 1835 per ottemperare alle nuove disposizioni del Regno di Sardegna in merito alle sepolture, rimase in attività fino agli anni ’90 quando fu ufficialmente radiato.

La maggior parte delle sepolture, ancora in discreto stato di conservazione, nonostante l’abbandono e il vandalismo, risalgono alla fine del 1800 e ai primi anni ’30 del 1900. Il tema floreale delle decorazioni è evidente nelle incisioni e nei bassorilievi presenti su molte lapidi.

Ancora rose.
Sempre rose.

Tra gli elementi che caratterizzano il cimitero troviamo i lumini in stile Liberty, in ferro con vetrino rosso e le sepolture a forma di piramide a gradoni. Molto interessanti le ringhiere e le catene in ferro battuto che circondano alcune delle sepolture più ricche. I muri perimetrali, in parte ancora originali, mostrano le tracce delle prime sepolture: croci e cornici che si intravedono sotto le tombe più recenti.

Interno del cimitero.

Due statue, in parte rovinate dal tempo, sono tra gli elementi di maggiore pregio con la croce centrale.

Tra le sepolture è presente quella di Maria Massuccone Mazzini, parente di Giuseppe, da cui il titolo alla via principale di Murta. L’ossario, situato sul lato opposto all’ingresso, è in stato di degrado, come la cappella mortuaria, ormai perduta.

Qui si trovano anche le tombe della famiglia Crosa, originaria di Trasta, avi della mia consorte.

Il Portale, restaurato recentemente, è di gusto neoclassico: ai lati del frontone due urne che simboleggiano il corpo inteso come contenitore dell’anima.

Il cimitero è stato dichiarato luogo di interesse culturale dalla Soprintendenza per i Beni Storici e Paesaggistici della Liguria il 9 aprile 2013.

Sullo sfondo il campanile della chiesa di San Martino di Murta.

Interno del cimitero. La tomba di Massuccone è quella costruzione bianca a centro sullo sfondo.

Ahi! sugli estinti | non sorge fiore, ove non sia d’umane | lodi onorato e d’amoroso pianto. (88-90). Cit. da I Sepolcri di Ugo Foscolo.

Spiegazione della tipologia di rose presenti nel roseto.

Tutte le foto sono dell’autore.

In Copertina: il tratto terminale della salita prima di arrivare a Murta. Foto di Antonio Corrado.

Genova Novembre 2023

Salita San Siro

Lasciata alle spalle l’indaffarata via Cairoli svoltando in direzione della chiesa di San Siro si imbocca la Salita che porta il nome del santo tra i primi vescovi di Genova. Da lì, inizia un percorso che sembra un viaggio nel tempo, conducendo fino al cuore di Fossatello, tra vicoli che raccontano secoli di storia.

La Salita di San Siro infatti è uno di quei luoghi dove la storia di Genova si respira ancora a ogni passo:

correva l’anno 1436 quando il popolo della Superba si ribellò contro il tiranno Opizzino d’Alzate, un evento che ha segnato profondamente la città.

A testimonianza di quel momento epico, una lapide all’altezza del civ. n.8, si erge in memoria della rivolta, custode di un passato che si intreccia con le pietre di questa antica strada.

Camminando, è impossibile non notare le tracce del tempo: cornici di archetti in laterizio, resti di una bifora con una colonnina marmorea che ancora resiste, accompagnata dal suo capitello. Accanto, i segni di un’edicola in stucco, la cui base in ardesia narra di un’architettura perduta.

Perduta non è invece in questi caruggi la memoria di un tumultuoso ma glorioso passato.

In Copertina: Salita di San Siro. Foto di Stefano Eloggi.

Vico de Gradi

Vico de Gradi si interseca con vico del Filo e si trova nel dedalo di caruggi compreso tra San Lorenzo e Canneto il Curto.

Il piccolo vico in parte occupato dai tavolini di elegante locale ( Nouvelle Vague ristorante, enoteca, bar, musica dal vivo e libreria) deve il suo nome all’omonima famiglia di origini lombarde che aveva qui, a partire dal 1450, le sue dimore in città.

Nel 1528 con la riforma degli Alberghi confluiscono nella casata dei Cicala.

Da tempo risultano estinti.

In Copertina: Vico de Gradi. Foto di Antonio Corrado.

La Scalinata delle Tre Caravelle.

La realizzazione della scalinata monumentale rientra nell’ampio progetto di urbanizzazione che coinvolse l’intera area adiacente al torrente Bisagno e al quartiere della Foce, tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento. Progettata e costruita tra il 1922 e il 1938 dall’architetto e urbanista Alfredo Fineschi, con la collaborazione del padre Pietro, l’opera si inserisce in un contesto di ammodernamento della città.

I due architetti operarono ampiamente a Genova, realizzando, tra l’altro, anche l’attiguo palazzo razionalista che oggi ospita la questura.

Qui sorgeva il raccordo tra le antiche mura cittadine, conosciute rispettivamente come Mura Vecchie Mura Nuove.

Questo tratto si sviluppava con una serie di terrazze orizzontali, collegando il cinquecentesco bastione delle Cappuccine alle seicentesche Fronti Basse.

Queste ultime furono spianate nel 1892, e circa trent’anni dopo la zona venne risistemata nell’assetto che ancora oggi ammiriamo.

Nel 2010 la zona è stata oggetto di un intervento di riqualificazione.

La scalinata, di ampie dimensioni, è composta da due ariose rampe separate da un’aiuola inclinata su più livelli e coltivata a prato inglese. L’aiuola è suddivisa verticalmente in tre sezioni, precedute da una quarta decorata con àncore stilizzate. In ciascuna delle tre sezioni spicca un motivo che richiama simbolicamente le tre caravelle utilizzate da Cristoforo Colombo nella sua impresa della scoperta dell’America nel 1492. Le caravelle sono raffigurate attraverso decorazioni floreali all’interno delle aiuole stesse.

La scala monumentale si apre di fronte al maestoso Arco della Vittoria, un arco di trionfo dedicato ai caduti della prima guerra mondiale, che domina il centro della sottostante Piazza della Vittoria.

Le tre caravelle, perpendicolarei alla sottostante via intitolata ad Armando Diaz, si innalzano sul lato destro del Liceo Classico Andrea D’Oria e sul lato sinistro del palazzo della Questura.

Un ampio giardino si estende verso le mura delle Cappuccine, proseguendo fino a raggiungere la spianata di Carignano.

In Copertina: la scalinata delle tre caravelle. Foto di Sergio Pippi.