Vico Fumo

Ignota l’origine del toponimo di vico del Fumo, si sa soltanto che è molto antico. E’ un vicoletto di pochi metri situato tra il muro esterno della chiesa di S.Giorgio ed il palazzo di Grillo Cattaneo.

Quella che si intravede al centro dello scatto è un lato della chiesa, dedicata al martire Pisano, di San Torpete.

Sulla destra invece attraverso una porticina lungo il muro perimetrale della chiesa intitolata al protettore militare genovese si accede ad un singolare appartamento che, disposto su più livelli in un labirintico percorso, presenta dei vani completamente curvilinei a seguire il profilo della cupola.

In Copertina: Vico del Fumo. Foto di Giovanni Cogorno.

San Torpete

In piazza San Giorgio, in quello che un tempo era l’antico mercato bizantino, sorgono una accanto all’altra le chiese di San Giorgio e di San Torpete.

Quest’ultima, secondo la tradizione, venne fondata nel X sec. dalla comunità pisana presente in città che la intitolò al proprio concittadino martire cristiano del I secolo.

La costruzione originale prevedeva la classica decorazione esterna a fasce bianco nere alternate, di cui restano alcuni brani sul fianco destro, ed era rivolta a ponente.

Dal 1180 divenne parrocchia gentilizia della potente famiglia dei Cattaneo Della Volta che tuttora ne conserva il giurispatronato.

La chiesa come del resto tutta la contrada subì gravi danni dai bombardamenti del Re Sole del 1684 e, per essere ricostruita, dovette attendere il progetto del 1730 di Gio Antonio Ricca il Giovane.

Il nuovo edificio costruito in forme barocche ebbe un nuovo orientamento verso levante ed anche un nuovo nome aggiungendo a quello di San Torpete il titolo di Santa Maria Immacolata.

A metà ‘800, come del resto per la vicina San Giorgio, venne completata la facciata aggiungendo a quelli barocchi elementi (nicchie, paraste e timpano) neoclassici.

Nel 1887 vi celebrò messa per alcune funzioni monsignor Giuseppe Sarto vescovo di Mantova, futuro Papa Pio X.

Causa i bombardamenti della seconda guerra mondiale la chiesa versò per alcuni decenni nel più completo abbandono.

Per ammirarla nelle forme attuali si dovettero attendere gli interventi del 1995.

Al suo interno a pianta ovale interamente ricoperto da una cupola ellittica con rivestimento a scaglie di ardesia, sono conservate alcune preziose tele di Giovanni Carlone e G.B. Paggi.

Sulle pareti sono invece esposte numerose bacheche con ex voto.

Per la sua ottima acustica la chiesa ospita spesso concerti di musica classica.

In copertina: chiesa di San Torpete e scorcio, accanto, di quella di San Giorgio entrambe site nell’omonima piazza. Foto di Stefano Eloggi.

San Giorgio in San Matteo

Al civ. 14 Palazzo Giorgio Doria, meglio noto come Doria Quartara, celebre per uno dei sovrapporta di S. Giorgio e il Drago più belli della città, frutto della maestria di Giovanni Gagini nel 1457.

La scena è quella classica ma arricchita in questo caso da personaggi secondari che rimandano alla coeva “Adorazione dei Magi” di Via degli Orefici. Il pastore che suona la cornamusa e il gregge al pascolo si trovano infatti anche nel celeberrimo “Presepe” e costituiscono una sorta di tratto distintivo.

Seppure complessivamente in buono stato di conservazione il Portale presenta gli scudi dei due armigeri abrasi e il volto del Santo mancante.

La Grande Bellezza…

L’invincibile Gonfalone di San Giorgio…

Il glorioso gonfalone della Repubblica simbolo millenario della città veniva, dopo solenne cerimonia e processione, consegnato dal Doge (Podestà, Consoli o Capitano del Popolo a seconda della forma di governo in vigore al momento) al comandante della galea madre prima di ogni impresa militare.

Il corteo partiva da Palazzo Ducale, attraversava San Lorenzo, proseguiva a San Giorgio e terminava in Darsena dove il Capitano (se al comando di cinque navi) o l’Ammiraglio (se le navi erano almeno dieci) ricevevano al grido di “Pe Zena e pe San Zorzo”, con l’impegno che fosse difeso e onorato ad ogni costo, il sacro vessillo.

Nonostante le sconfitte a volte subite, lo stendardo è sempre tornato a casa sano e salvo e veniva custodito e riposto nell’omonima chiesa.

Ironia della sorte furono proprio i Genovesi a fine ‘700, invasati dalle nuove idee rivoluzionarie giacobine, a distruggerlo insieme ad altri preziosi simboli della Repubblica marinara e dell’oligarchia militare e mercantile della città. Di lì a poco Napoleone avrebbe mostrato il suo vero tirannico volto e i Genovesi avrebbero a lungo rimpianto il loro santo guerriero protettore.

"Il Gonfalone in processione".
“Il Gonfalone in processione”.

 

Oggi se ne può ammirare fedele copia come sfondo delle riunioni comunali o come prezioso testimone ad importanti celebrazioni cittadine.

Storia di un Palazzo…

Nel 1407 divenne, per volere del Maresciallo di Francia Boucicault, sede del Banco delle Compere di San Giorgio, la più antica banca del mondo, che riuniva sotto di sé tutti i monopoli e le compere della Repubblica.

Divenne così potente da essere autonomo dal governo e da far dire a Machiavelli: “Uno Stato nello Stato”

di una prigione e della Banca più antica del mondo…

Edificato nel 1257 da Frate Olivero, per volere del capitano del Popolo Guglielmo Boccanegra  Palazzo San Giorgio veniva chiamato “Palazzo del Mare” perché costruito su uno scoglio bagnato sui tre lati.

In seguito venne utilizzato come Dogana per le navi che proprio lì di fronte attraccavano.

Nelle sue segrete venne rinchiuso il veneziano Marco Polo che dettò al pisano Rustichello la stesura del celebre Milione”

"Parte medievale del palazzo".
“Parte medievale del palazzo”.

Nel 1407 fu, per volere del Maresciallo di Francia Boucicault, sede del Banco delle Compere di San Giorgio, la più antica banca del mondo, che riuniva sotto di sé tutti i monopoli e le compere della Repubblica.

Divenne così potente da essere autonomo dal governo e da far dire a Machiavelli: “Uno Stato nello Stato”.
A metà del ‘500 venne costruita la parte rinascimentale lato mare, mentre quella medioevale era lato Sottoripa.
All’esterno sono presenti delle teste leonine, bottino di guerra, proveniente dal Palazzo dei Veneziani di Costantinopoli.
Sulla facciata della parte rinascimentale oltre all’affresco di S. Giorgio che uccide il Drago (mirabile opera di Lazzaro Tavarone del 1606 restaurata nel 1990 dal Maestro Raimondo Sirotti), sono rappresentati i sei Padri della Patria:

Caffaro (l’autore degli “Annali” che raccontano l’epopea della Repubblica dal 1099 al 1163), Boccanegra (eletto primo Doge nel 1339), G. Embriaco (il conquistatore di Gerusalemme nel 1099), il Principe A. Doria (Ammiraglio supremo di tutte le forze cristiane), C. Colombo (Ammiraglio ed esploratore per conto della Spagna) e B. Assereto (Ammiraglio e Condottiero della Repubblica, eroe della battaglia di Ponza del 1435).

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“La sala del Capitano”. Foto tratta dal sito di Palazzo San Giorgio.

All’ interno sono degni di nota nell’atrio la Statua della Madonna Regina e il casellario delle gabelle.

Ai piani superiori le segrete dove erano custoditi gli immensi tesori, il Salone delle Compere con le statue dei più importanti azionisti del Banco e infine la Sala del Capitano, piastrellata in meravigliosi azulejos (piastrelle in rilievo policrome di fattura araba).

Essendo stata anche dimora dei Conservatori del Mare, oggi è sede del Consorzio Autonomo del Porto.

"La sala delle Compere".

“La sala delle Compere”.

In Copertina: Il fronte lato mare di Palazzo San Giorgio.

Storia di una Croce, di una Bandiera…

di un re, di un viaggio… di un Vessillo, il VESSILLO.

Già nel 700 d. C. era presente in città una guarnigione di soldati bizantini che aveva il compito di mantenere le coste libere da scorrerie piratesco musulmane.
Erano così ben integrati e accetti nel tessuto sociale cittadino che, quando portavano in processione lo stendardo del loro Santo (S. Giorgio) nell’omonima chiesa, a loro si univa spontaneamente la popolazione.
Venerati quindi, da tempi remoti, S. Giorgio e la sua croce, il cui utilizzo è già attestato dal 1096 divennero, dopo le imprese dell’Embriaco nel 1099 simbolo ufficiale della nascente Repubblica.

 

"Il Gonfalone di San Giorgio".
“Il Gonfalone di San Giorgio”.

Nel 1190 Riccardo Cuor di Leone, sovrano d’Inghilterra, chiese ai genovesi navi, marinai, ammiragli e scorte per trasportare il suo esercito a Gerusalemme.
Durante la traversata si accorse che musulmani, turchi, spagnoli, francesi e catalani se ne stavano ben alla larga.
Incuriosito ne chiese il motivo all’ammiraglio Lercari comandante della spedizione, il quale probabilmente dette una risposta simile a questa: “Vede Vostra Maestà, indicando la Croce di S. Giorgio, tutti sanno che chi osa attaccar battaglia contro un legno difeso da questa insegna, incorrerà in morte certa” (il corpo dei Balestrieri, di cui erano dotate le galee genovesi, incuteva infatti rispetto e terrore in tutti i mari).
Il re chiese allora, versando un canone annuale, di poter battere nel Mediterraneo e nel Mar Nero la bandiera genovese, in modo che nessuno osasse attaccar briga.
Dopo un paio di secoli, a seguito dei buoni rapporti instauratisi, i genovesi regalarono agli inglesi l’uso della bandiera che, ancora oggi è simbolo dell’Inghilterra, di Londra e della Marina Militare britannica.
Questa è la versione tramandata dalla successiva storiografia cinquecentesca (Annali del 1537 del Giustiniani) a scopi propagandistici alla quale si affianca un’altra curiosa aneddotica storiella.

Tale leggenda narra che agli inglesi, i genovesi abbiano venduto anche le spoglie del Santo (un Moro imbalsamato vestito da crociato) e addirittura il drago (un gigantesco coccodrillo del Nilo, animale che in Europa pochi conoscevano, anch’esso imbalsamato).

Storie suggestive e affascinanti ma purtroppo non dimostrabili.

Spesso il confine tra storia e leggenda è labile ma, in questo caso, è facilmente tracciabile. Ad oggi infatti, non esiste alcuna prova che attesti  l’esistenza di questo -è il caso di dirlo- sbandierato canone.

Non solo: è inoltre appurato che gli inglesi, come testimoniato dal celebre arazzo di Bayeux (1070/1080) che rappresenta la battaglia di Hastings del 1066 e dalla cronaca della spedizione di conquista di Guglielmo di Poitiers (“Gesta Guillelmi”), usassero ben prima del 1090 la bandiera con croce rossa in campo bianco denominata a quel tempo di San Pietro e solo successivamente di San Giorgio.

È importante infatti precisare che fino al 1242 coesistevano sia la bandiera del Comune (Croce rossa in campo bianco) di San Giorgio, primitivo vessillo di San Pietro, che il vessillo, citato per la prima volta nel 1198, (gonfalone del santo a cavallo che uccide il drago).

Anzi, fino a tale data, il vessillo di San Giorgio era identificato esclusivamente con il gonfalone mentre lo stendardo rosso crociato era associato solo al Comune.

L’associazione del Vessillo di San Giorgio alla rappresentazione della bandiera è quindi posteriore al 1242.

Come detto in altre occasioni, il Vessillo di S. Giorgio inteso come  gonfalone veniva dunque consegnato, dopo solenne processione e cerimonia al capitano della Galea ammiraglia (per poter issare la bandiera dovevano salpare minimo cinque navi in assetto da guerra con a bordo almeno venti balestrieri) al grido di battaglia: “PE ZENA E PE SAN ZORZO”(del quale non vi sono tracce scritte ma che viene tramandato oralmente da secoli), con l’impegno di onorarlo in battaglia e di riportarlo a casa, a qualunque costo.

Nonostante le sconfitte, a volte subite in 500 anni di guerre, il VESSILLO è sempre tornato sano e salvo.
 
“Brano dell’arazzo di Bayeux in cui le navi normanne di Guglielmo il Conquistatore issano il vessillo di San Pietro con la croce rossa in campo bianco”.

In Copertina: il Gonfalone di San Giorgio.

Storia di una corona, di due Grifoni…

"Stemma della città di Genova".
“Stemma della città di Genova”.

di un Principe, di una Regina, di una croce invincibile e di un rostro…

1) In piccolo, sopra la Corona, Giano bifronte principe troiano, leggendario fondatore della città.
2) La Corona, prima simbolo del potere dogale, poi di quello regale della Madonna, eletta nel 1637 Regina di Genova.

3) I Grifoni, adottati nel 1248 allorché i nostri avi sconfissero l’arroganza imperiale tedesca e la spavalderia pisana, significano orgoglio coraggio e libertà.

4) La Croce di S. Giorgio a perenne ricordo della conquista di Gerusalemme e relativa liberazione del Santo Sepolcro ad opera dei crociati guidati dal Guglielmo Embriaco.

5) Il rostro a forma di testa di cinghiale di una nave romana rinvenuto nel porto nel ‘600, simbolo dell’antica e gloriosa vocazione marittima della città.

"Stemma abraso presente sul pavimento della chiesa di Zoagli".
“Stemma abraso presente sul pavimento della chiesa di Zoagli”.

Nello stemma sono quindi riassunti i simboli millenari di un Popolo.

Storia di due strepitosi portali…

… di S. Giorgio…
Per alcuni opera di Giovanni Gagini, per altri di Pace, in Vico Indoratori n. 2 si può ammirare un sovrapporta con una particolare rappresentazione di S. Giorgio e il drago:
In questo bassorilievo infatti, oltre ai due guerrieri che sorreggono gli scudi abrasi posti a lato, sullo sfondo, si notano elementi e personaggi scolpiti con la stessa raffinatezza dell’Adorazione dei Magi (il Presepe di Via Orefici) e del S. Giorgio di Piazza S. Matteo.

Portale di S. Giorgio in Vico Indoratori n. 2″. Foto di Sergio Gandus.


Ma la vera particolarità di questa immagine (non posso affermare con certezza che sia l’unica ma, sicuramente, fra le poche) sta nel fatto che il drago non è, come al solito sdraiato, bensì rampante e immortalato nell’atto di sputare fiamme sul santo.
Il sovrapporta di Piazza S. Matteo invece, certamente concepito da Giovanni Gagini, riprende l’iconografia classica e, visto il suo ottimo stato di conservazione e la sua straordinaria bellezza, si commenta da solo.

“Sovrapporta con S. Giorgio e il drago di palazzo Giorgio Doria in Piazza S. Matteo”. Foto di Sergio Gandus.


Manca si il volto del Cavaliere e, anche qui, gli scudi sono abrasi ma, come nel Presepe, spiccano i dettagli come il pastore che suona la cornamusa e il gregge al pascolo.

 

 

 

“E tanti sun …

li zenoexi, e per lo mondo si destexi, che und’eli van o stan, un’atra Zenoa ge fan”.
Trad: “I Genovesi sono così numerosi e sparsi per il mondo che ovunque vadano o risiedano, creano un’altra Genova.”
Cit poeta anonimo genovese del tredicesimo secolo…
Ovunque ci sia terra o uno scoglio in mezzo al mare la Croce di San Giorgio vedrai sventolare…