La Pànera il semifreddo dei genovesi

A proposito di gelati a Genova è impossibile non parlare della pànera, l’autoctona crema genovese a base di panna fresca, caffè arabico in polvere, tuorli d’uovo e zucchero.

Locandina della Confeercenti che racconta la genesi della Pànera.

Secondo la tradizione il noto semifreddo sarebbe nato ad inizio ‘800 per errore di un garzone di una nobile famiglia che avrebbe accidentalmente mischiato la panna con il caffè. Panna nera dunque che per contrazione in genovese divenne Pànera.

Coppetta solo di Pànera. Foto di Stefano Eloggi.

In molti, a cominciare da “Amedeo”, la premiata gelateria di Boccadasse dal 1927 , dalla “Cremeria di Buonafede” e dalla storica Pasticceria Preti del 1851 ne rivendicano la paternità.

Sia “Amedeo” che “Preti” sostengono di essere stati i primi a realizzarne l’antica ricetta e a diffondere la pànera nelle gelaterie del territorio.

La Latteria Igienica Gelateria Amedeo di Boccadasse. Foto tratta dal sito anticagelateriamedeo.com

Se Preti poi si è specializzato nella pasticceria tradizionale di certo Amedeo e Buonafede, anche se io preferisco la versione di quest’ultima, continuano a produrre un’ottima pànera.

È noto inoltre che attorno al 1770 il nostro conterraneo Giovanni Bosio, emigrato in America in cerca di fortuna, la trovò proprio aprendo a New York la prima gelateria italiana artigianale. Fu così che iniziò a proporre un’antica preparazione semifredda ligure diffusa fra le famiglie nobili della sua città natale (è presente nelle liste della spesa presso l’archivio Spinola) ideata per soddisfare i capricci estivi dei propri pargoli che non gradivano il caffèlatte caldo, preferendo invece la casalinga versione di quella che sarebbe stata chiamata pànera.

In realtà proprio perché non si hanno prove certe ed il racconto si basa sulla tradizione orale nessuno può, ad oggi, fregiarsi di tale primogenitura descritta appunto con il fantasioso espediente del garzone pasticcione.

La Cremeria di Bonafede deve il nome al suo fondatore Giacomo Parodi nato a Genova nel 1848 noto ad inizio ‘900 appunto con il soprannome “Buonafede” per via del fatto che, quando si approvvigionava di latte nelle valli dell’entroterra, dichiarava in “buonafede” alle guardie del dazio che non lo avrebbe annacquato.

Una delle sue figlie Dora andò poi sposa a Nicola Carrea che, grazie al suo ambizioso spirito imprenditoriale, ampliò insieme ai parenti l’attività lattiera integrandola con quella gelatiera.

Pare che in origine presso le latterie Carrea la pànera fosse un semplice ma molto richiesto e apprezzato caffè con la panna montata sopra.

La sua ricetta ufficiale intesa invece come semifreddo compare per la prima volta sotto il titolo di “panna gelato” solo nel 1865 nella “Vera Cuciniera Genovese” di Emanuele Rossi.

La ricetta della “Vera Cuciniera” del 1865 di E. Rossi.

Nel 1911 la famiglia Carrea aprì in via Orefici 59r (18 metri quadri) la prima di quelle che poi nel 1913 sarebbero state ben nove latterie. Delle restanti otto oggi ne resta attiva solo una sita in via Luccoli 12r (13 metri quadri).

Attualmente sono gestite entrambe dalla famiglia di Romeo Ghiotto discendente in linea materna del fondatore che ha rilevato nel 1970 il locale in marmo di via degli Orefici dal prozio Giovanni e nel 1992 la Cremeria Buonafede di via Luccoli dal cugino Nicolò.

La Cremeria di Buonafede appartenente al prestigioso albo delle botteghe storiche genovesi. Foto di Leti Gagge.
La Cremeria di Buonafede in Via Orefici. Foto di Stefano Eloggi.

La produzione avviene ancora oggi in un piccolo laboratorio di 45 metri quadri in piazza delle Vigne, nei fondi di un palazzo storico vincolato dalla Sovrintendenza ai beni artistici e dalle Belle arti, Palazzo Grillo.

Ottima da sola, goduriosamemte peccaminosa è la pànera insieme alla panna montata di loro produzione. Quest’ultima proposta anche in goloso abbinamento ai krapfen anch’essi da loro realizzati.

Ultima curiosità Genova ha una sorella dal nome, in due lingue diverse, identico che è Napoli (dall’etrusco Kainua Genova, dal greco Neapolis Napoli, entrambe significano “città nuova”) dove – guarda caso– esiste una preparazione molto simile, chiamata “Coviglia”.

In Copertina: Foto di Silvia Silva.

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