… così Don Gallo definì la visione divina ed umana allo stesso tempo del poeta degli ultimi, dei reietti, dei diseredati… insomma di tutti coloro ai quali Gesù aveva ridato speranza e Fabrizio voce. Compassione e solidarietà cristiana alla massima potenza: rispetto e sacralità dell’essere umano, accoglienza senza giudizio, amore incondizionato. Non male per un anarchico che non si professava adepto di nessuna religione. Molto più “illuminato” lui di molti altri che ascoltano o diffondono la parola del Signore predicando bene e razzolando male.
Una sfida difficile quella raccolta da Faber lanciata qualche secolo prima dal Sommo Dante:
Non rammentava forse il poeta la strada maestra?
“Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza”.
(cit. dal Canto XXVI dell’Inferno versi 112 – 120 di Dante Alighieri).
Venne alla spiaggia un assassino
due occhi grandi da bambino
due occhi enormi di paura
eran gli specchi di un’avventura…
E chiese al vecchio ‘Dammi il pane,
ho poco tempo e troppa fame’
e chiese al vecchio ‘Dammi il vino,
ho sete e sono un assassino’.
Gli occhi dischiuse il vecchio al giorno
non si guardò neppure intorno
ma versò il vino e spezzò il pane
per chi diceva ‘Ho sete, ho fame’…
(cit. da “Il Pescatore” di F. De André).
Se tu penserai, se giudicherai
da buon borghese
li condannerai a cinquemila anni più le spese
ma se capirai, se li cercherai fino in fondo
se non sono gigli son pur sempre figli
vittime di questo mondo.
(cit. da “La Città Vecchia” di F. De André).
“Ci hanno insegnato la meraviglia verso chi ruba il pane. Ora sappiamo che è un delitto il non rubare quando si ha fame”.
(cit. da un verso tratto da “Nella mia ora di Libertà” di F. De André scritto su un muro all’angolo fra Piazza Vacchero e Via del campo, proprio accanto alla fontana che nasconde la Colonna Infame).