Storia del pandolce…

… dall'Egitto, alla Grecia… fino alla Persia… dalla tavola dell'ammiraglio… fino a quella di San Biagio…
Non se ne abbiano a male gli amici milanesi, ma il pandolce genovese ha una storia molto più antica rispetto al panettone, che si perde nella notte dei secoli… una vera e propria genesi rituale.
Dati gli ingredienti comuni, molti ne fanno risalire l'origine addirittura ai tempi dell'antico Egitto e della Grecia dove era diffuso un dolce simile a base di miele.


Sicuramente, visti i rapporti commerciali con quel Paese, i potrebbero aver tratto ispirazione dalla Persia (basti pensare a maggiorana, “persa” in genovese) dove il suddito più giovane (in grado di camminare), all'alba di Capodanno, porgeva al Sovrano un grande dolce a base di canditi, miele e mele da dividere fra i suoi commensali.
In effetti anche a Genova il pandolce, chiamato anche Pan co-o zebibbo veniva portato in tavola dal più giovane della famiglia e, con gesto beneaugurante, privato del sovrastante ramoscello di alloro.
Fu l'ammiraglio Andrea Doria che, nel ‘500, indisse concorso fra i pasticceri locali, per creare un dolce degno del matrimonio del nipote con Zanobia del Carretto e del prestigio della Repubblica.
Così venne codificato il pandolce genovese nella versione alta, affiancato poi, qualche secolo più tardi, dalla moderna versione bassa.
Molti sorrideranno di questa affermazione ma, a quel tempo, tolto forse Venezia e Bisanzio odierna , non erano molte le città in Europa sulle cui tavole si potevano gustare canditi, uvetta e frutta secca.
Secondo la tradizione il Capofamiglia affettava il panduce canticchiando una filastrocca:
“Vitta lunga con sto' pan!
Prego a tutti tanta salute,
comme ancheu, anche duman,
affettalu chi assettae,
da mangialu in santa paxe,
co- i figgeu grandi e piccin,
co- i parenti e co- i vexin,
tutti i anni che vegnia',
cumme spero Dio vurria'.”
Alla moglie spettava l'assaggio e poi veniva distribuita una porzione per ciascun invitato, dopo di ché, visionate le letterine dei pargoli, gli stessi, in piedi sulla sedia, recitavano la loro .
Due fette però venivano accuratamente conservate a parte da offrire una, al primo viandante di passaggio, da consumarsi l'altra, il 3 febbraio festa di San Biagio, protettore della gola.
Il Pandolce genovese, a seconda del Paese in cui è consumato, ha assunto altri nomi:
dal nostrano “Pan do bambin” sanremese, al “Londra cake” o “ cake” britannici, fino al “Selkirk bannock”, una versione scozzese molto apprezzata dalla Regina Vittoria.
Quanta cultura in un semplice…. Panduce..

In Copertina: il Pandolce di una super bis nonna Lorenza che non c'è più.

9 pensieri riguardo “Storia del pandolce…”

  1. Non conoscevo la storia del pandolce,il vero e il mio preferito è quello alto. Quando ero bambina lo facevano in casa e ricordo ancora il meraviglioso profumo che emanava.

  2. Bellissima storia genovese. Io adoro il panettone genovese alto o basso ricco di uvetta canditi e quant’altro . Per me di gran lunga superiore al milanese.

    1. Bella la storia quanto il pandolce genovese è unico e inimitabile. Sono del partito del pandolce alto, ben lievitato,con i buchi e la crosta sottile ben cotta.Uvetta, cedro, pinoli,semi di finocchio, profumo di acqua di fior d’arancio e Marsala completano l’opera.

  3. Quando ero bambina non mancava mai, piantato al centro del pandolce il giorno di Natale, un bel rametto di alloro. Sono contenta di averlo ritrovato qui nella descrizione: quasi nessuno se lo ricorda più… Grazie!

  4. Giusto il ramoscello di alloro.
    I miei genitori avevano un Panificio a Genova e ricordo da Bambino mio papà che li facevano, poi mia mamma li confezionata e metteva nel nastro un ramoscello di alloro.

  5. Grazie mille per la Storia del pandolce genovese,quando potrò ringrazierò meglio. Auguri a tutti di buone feste.

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