Storia…di tre Cattedrali estive ed invernali….

La più antica cattedrale cittadina era l’odierna chiesa di S. Siro fondata, fuori le Mura, nel lV sec d.C. con il nome di Dodici Apostoli.

2Facciata neo classica di San Siro".
“Facciata neo classica di San Siro su disegno del Barabino”.
In seguito al miracolo di Siro, il Vescovo della cacciata del basilisco, la basilica ne assunse il nome.
Causa le continue scorrerie piratesche il luogo di culto fuori porta non venne più ritenuto sicuro e si deliberò di adottare due sedi in contemporanea.
 
"Facciata neo classica di Santa Maria di Castello".
“Facciata neo classica di Santa Maria di Castello”.

 

"Affresco raffigurante il miracolo del Vescovo Siro opera di Taddeo Carlone".
“Affresco raffigurante il miracolo del Vescovo Siro opera di Taddeo Carlone”.

Si decise così di spostare in estate (periodo favorevole alla navigazione e ai probabili saccheggi) la sede vescovile in San Lorenzo, all’interno della cinta muraria e di mantenere S. Siro come dimora invernale.
L’alternanza durò fino al 1006 anno in cui S. Siro cessò la sua funzione di cattedrale rinunciando al suo titolo in favore di San Lorenzo.

"Colonnato di San Lorenzo".
“Colonnato di San Lorenzo”.

Dal 1007 nel gioco delle alternanze, nel ruolo di sede estiva a S. Siro subentrò S. Maria di Castello che manterrà tale privilegio per tutto il secolo.


Di fatto però, già nel 1098, a suggellare l’ormai acclarata supremazia di S. Lorenzo, come definitivo centro di potere ecclesiastico Guglielmo
 Embriaco, di ritorno dalle Crociate, vi consegnerà il bottino di guerra e le ceneri del Battista.
Sarà Papa Gelasio II nel 1118 a consacrare ufficialmente S. Lorenzo come cattedrale di Genova.
"Loggia dell'Annunciazione di Santa Maria di Castello".
“Loggia dell’Annunciazione di Santa Maria di Castello”.

In Copertina: La Cattedrale di San Lorenzo. Foto di Leti Gagge.

Storia degli azulejos…

A testimonianza dei molteplici rapporti con il mondo musulmano molti palazzi genovesi presentano rivestimenti di stile moresco.

 

palazzo-de-negro-grimaldi-azulejos
“Vano scale in azulejos di Palazzo Grimaldi Di Negro in Piazza della Lepre n. 9”.

Gli azulejos, dall’arabo “al zulaycha” che letteralmente significa “piccole pietre policrome”, sono piastrelle caratterizzate da motivi geometrici in rilievo, di origine orientale.
Giunsero a Genova nel’400 importati da Spagna e Portogallo.

 

"Azulejos di San Giovanni". San Giovanni Battista, Rivestimento in azulelejos sdella Cappella Botta in Santa Maria di Castello.
“Azulejos di San Giovanni”.
Battista”.
Rivestimento in azulejos della Cappella Botto in Santa Maria di Castello.

azulejos
“Brani di azulejos nel vano scale di Palazzo Grimaldi De Negro in Piazza della Lepre n. 9”.

In voga presso le principali famiglie genovesi gli azulejos mutarono i loro disegni lineari in motivi floreali e in composizioni figurative composte da più piastrelle.
Si incominciò anche a produrli anche in loco e vennero chiamati, dall’arabo “zullaygiun”, laggioni.

azul-2
“Dettagli dello spettacolare rivestimento in azulejos del vano scale di palazzo Grimaldi De Negro in Piazza della Lepre n. 9”.

Passati di moda, vennero distrutti, intonacati o dimenticati.
Qualcosa però si è salvato e si possono ancora ammirare, ad esempio, nella sala del Capitano del Popolo, nel Palazzo di S.Giorgio, nella Cappella Botto in S. Maria di Castello, nella dimora di A. Doria in S. Matteo, nel Museo di S. Agostino e nel Palazzo Di Negro in Piazza della Lepre.

 

 

Link utili:

Santa Maria di Castello

 

Canzone del “Balaridone”…

Il 1522, come ricordato in apposito racconto, è l’anno del terribile Sacco di Genova.
Ciò non impedisce ai bigotti reggitori del Governo di occuparsi di frivole facezie come quella di proibire la canzone popolare, probabilmente di origine provenzale, detta del “Balaridone”.
Ecco il goliardico testo:
SI TROVASSE UNA DONNA,
CHE MI VOLESSE AMARE,
E POI VOLESSE FARE
CON MI LA PAVANELLA.
ALHOR PER LA MIA PATRONA
IO LA VORREI CHIAMARE
E POI CON LEI CANTARE:
DE TOCA LA CANELLA
O DOLCE PASTORELLA
OYME’, CHE l’E’ PUR BELLA
DA FAR BALARIDON
DOGHE ( don) DOGHE ( don).
Così recita il decreto di messa al bando:
“La maledetta canzone de Balaridone, quale contamina la mente non solum de’ secolar de’ religiosi, cosci homini come done, che la odeno, soto pena di multa o fustigazione.
E se saranno puti, li saranno date tante patte”.

Passeggiando al Carmine…

"L'albero di giuggiola".
“L’albero di giuggiola”.

Con te, mano nella mano, Genova mi conduci a spasso nel tempo e… sempre m’innamori…
Alle spalle del Quartiere del Carmine, a pochi passi dal cuore universitario della città, salendo per S. Bernardino, si entra in un’altra dimensione dove luce e colori sembrano giocare a rincorrersi.
Si incontrano i caruggi dai nomi più dolci, a testimonianza che qui, un tempo, si esercitava l’antica arte pasticcera;

"Scorcio del Carmine"
“Scorcio del Carmine”

Vico della Fragola, dello Zucchero e del Cioccolatte per poi finire nell’ovattata Piazza della Giuggiola.

Luoghi ricchi di suggestioni e atmosfere sospese nel tempo dove anche lo spazio sembra entrare in punta di piedi."Scorci del Carmine ".


In quest’area, dove sorgeva in epoca pagana il Tempio della Prudenza, il cui simbolo era appunto la giuggiola,
ancora oggi un secolare esemplare di questa pianta fa bella mostra di sé e dà il nome alla Piazza.

 

 

Storia degli Alberghi….

A Genova con la parola “Albergo” si identificava una consorteria nobiliare.
La nascita di tale istituto prese spunto dalla Compagna e curava gli interessi dei nobili.
Di contro i popolani costituirono le loro forme associative, chiamandole “Conestagie”.
Il primo esempio di Albergo risale al 1346 ed è quello della Maona (che in arabo significa “indennizzo”) dei Giustiniani.
Numerose famiglie signorili si riunirono allora sotto un unico cognome, formando una sorta di clan, il cui pretesto era raccogliere investimenti e risorse per conquistare territori da cedere poi, previo compenso, alla Repubblica.
Nel ‘400 gli Alberghi aumentarono il loro raggio d’azione assumendo anche rilevanza politica.
Nel 1528 Andrea Doria diede loro pieno riconoscimento giuridico e ratificò la tradizione di rinunciare al proprio cognome a favore di quello dell’Albergo prescelto.
La riforma dell’ammiraglio ne limitò il numero a ventiquattro:
Calvi, Cattaneo, Centurione, Cibo, Cicala, Doria, Fieschi, Gentile, Grillo, Grimaldi, Imperiale, Interiano, Lercari, Lomellino, De Marini, Di Negro, Negrone, Pallavicino, Pinelli, Salvaghi, Spinola, Usodimare e Vivaldi.
A queste famiglie dalla nobiltà di origine feudale si aggiunse la ventiquattresima di provenienza popolare, i De Fornari.
Nei decenni successivi si unirono, portando il numero a ventotto, altre quattro casate popolari:
Giustiniani, Promontori, Sauli e De Franchi.
Già nel 1576 una nuova riforma, di fatto, ne decretò la fine, limitandone l’autonomia politica e imprenditoriale.
In sostanza con la scomparsa degli Alberghi cessò, in favore di quella bancaria e finanziaria, la componente commerciale e mercantile che così ricca aveva reso Genova.
Nel ‘600 i nobili Genovesi scelsero una nuova forma associativa più consona alle nuove esigenze iscrivendosi nel “Libro d’oro”.
Libro che, con la Costituzione della Repubblica democratica incoraggiata da Napoleone, venne bruciato pubblicamente come vituperato simbolo del secolare potere oligarchico.

Storia della Madonna Regina…

Nel 1637, alla presenza dell’ Arcivescovo, presso la Cattedrale di S. Lorenzo, viene officiata solenne funzione a seguito della quale il Doge consegna alla Madonna i simboli del Potere (corona, scettro e croce degli Zaccaria).
La nuova cinta muraria viene dotata, presso le principali porte, di statue raffiguranti la Regina e il motto “posuerunt me custodem”.
Certo Genova, fin dal XII sec, aveva un forte legame con la Madre di Gesù per via dell’intercessione di S. Bernardino durante la guerra con Pisa, divenendo una delle prime città a professare il culto mariano.
Inoltre, nel corso dei secoli, il popolo aveva spesso invocato e attribuito la salvezza della città, in situazioni disperate, all’intervento ultraterreno.
I motivi però di tale scelta sono ulteriore testimonianza della lungimiranza e dell’astuzia dei nostri avi.

"La Madonna Regina di Genova". Opera di B. Bianco e Domenico Fiasella. Altare maggiore di San Lorenzo 1651.
“La Madonna Regina di Genova”.
Opera di G.B. Bianco e Domenico Fiasella.
Abside dell’altare maggiore di San Lorenzo 1651.

La Repubblica di Genova infatti, con l’espandersi delle Monarchie (francese, inglese e spagnola) rischiava di perdere i suoi antichi privilegi quali, ad esempio, il diritto di precedenza assoluta in qualsiasi Ambasciata.
Con questo geniale escamotage i Padri del Comune mantennero e rafforzarono questo privilegio.

Chi, nell’Europa Cattolica e Cristiana avrebbe mai potuto vantare titoli e prestigio superiori alla Madonna?
Chi avrebbe mai potuto impossessarsi per via ereditaria o matrimoniale della Repubblica?
Da allora e fino alla fine della gloriosa Repubblica, il grido di guerra ” Pe Zena e pe San Zorzo” fu sostituito dal “Viva Maria”.

In Copertina: la statua della Madonna Regina di Bernardo Carlone. Originariamente sormontata la Porta della Lanterna. Oggi è custodita nell’atrio di palazzo San Giorgio.

 

Storia del Castelletto…

la Fortezza simbolo del dominio foresto…

Nell’area dove oggi ci sono Piazza Villa e il celebre Belvedere Montaldo, sorgeva un tempo la maestosa fortezza del Castelletto da cui prende nome l’omonimo quartiere.
Posto in posizione centrale e strategica sulla sommità del Monte Albano fu eretto dai genovesi intorno al 952 d.C. e, successivamente, puntellato con due possenti torri per proteggere la città dal suo interno.
Nel ‘400 il Maresciallo di Francia Boucicault, che aveva in signoria la città, lo rinforzò con imponenti bastioni trasformandolo nella roccaforte della guarnigione francese e in simbolo dell’oppressione straniera.
Fu teatro di numerose sommosse e rivolte fino a quando nel 1528 l’ammiraglio Andrea Doria lo fece, come già avvenuto precedentemente con la Briglia (la fortezza che, ai piedi della Lanterna, controllava l’accesso alla città via mare) radere al suolo.

“Dettaglio del Castelletto. Quadro di Cristoforo Grassi del 1597”.

Furono i Piemontesi nel 1819 ad incaricare il Maggiore Andreis della sua ricostruzione e a rinnovare il simbolo dell’occupazione foresta.
I Sabaudi infatti, sebbene legalmente legittimi padroni della città, vennero sempre mal visti per la loro incapacità nel curarsi delle “cose di mare”.
Così, a seguito della celebre insurrezione del 1849, allorché Genova subì l’ignobile Sacco del La Marmora, il Castelletto venne a quel tempo definitivamente abbattuto.

“… Perché mai nessun foresto oppressor potesse tenere in scacco la Superba”.
Dal Belvedere accarezzando con lo sguardo la creuza di Salita della Torretta si può ancora oggi ammirare, nel muro di contenimento, ciò che resta della poderosa Fortezza.

“Salita della Torretta”.

 

I monti a Genova…

“I monti a Genova sono sempre stati senza alberi, ma la foresta c’era, era in mare, una foresta di alberi di navi dai tronchi dritti, abituati a reggere tutti i venti.
Tempi belli, a Genova il vento è sempre stata materia abbondante”.
Cit. Vito Elio Petrucci
Con questa arguta descrizione inizia il prezioso volume fotografico “Saluti e baci” del celebre custode delle memorie genovesi.

La Compagna Comunis…..

origine del nostro LIBERO Comune..
A differenza di quasi tutte le altre città occidentali Genova non possedeva una piazza principale sede dei poteri pubblici, ma un groviglio di vicoli e piazzette che rappresentavano altrettante delimitate zone di potere delle singole famiglie.
Si formarono così delle libere associazioni di marinai e mercanti con scopo di solidarietà corporativa dette, appunto, Compagne.

“Le armi delle otto Compagne”.

 In origine furono tre:
1) di Castello da Sarzano a Ravecca  2) di Macagnana da S. Ambrogio a Canneto  3) di Piazzalonga da S. Bernardo e S.  Donato a Giustiniani, poi aumentarono a sette;
 4) di S. Lorenzo dalla Cattedrale alle zone circostanti  5) della Porta da S. Pietro ai quartieri limitrofi  6) di Sussilia dai macelli alla zona di Banchi  7) di Prè da Fossatello a S. Agnese e, in ultimo, divennero nel 1134, otto, con l’aggiunta di  8) Portanuova da S. Siro alla Maddalena.
Quattro dentro e quattro fuori le Mura.
Ciascuna veniva rappresentata da Consoli che erano ad un tempo giudici, governatori e generali.
Il Caffaro racconta come, probabilmente già da prima ma, certamente dal 1099, queste costrinsero la nobiltà feudale a giurare fedeltà alla Compagna Comunis e ad eleggere la propria dimora all’interno delle mura, dando origine alla nuova organizzazione del libero Comune.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è FB_IMG_1695412124245.jpg
Le Armi delle otto Compagne

In Copertina: Genova a metà del XV sec.”.
Da notare oltre alla Torre dei Greci, sorella minore della Lanterna a destra dell’ingresso del porto, sul Molo Vecchio, le due torri della Darsena, il , e la particolare copertura piramidale di S. Lorenzo.
Incisione in legno realizzata nel 1493 dalla bottega di Michael Wolgemut e successivamente colorata a mano.
Per il “Liber Chronicarum” (Cronache di Norimberga) di Hartmann Schedel, stampato a Norimberga il 12 luglio 1493 da Anton Krobergerl.

“Chroniques”

"Chroniques di Jean d'Auton".
“Chroniques di Jean d’Auton”. Versione integrale

Già da tempo ormai Genova aveva mutato la sua vocazione marittima dal periodo in cui era detta la Dominante, a quella finanziaria della Superba ma la sua primaria caratteristica era rimasta ancora intatta:
“… l’abilità nautica di Genova è tenuta in tale reputazione e stima in tutto il mondo che i Genovesi sono detti signori del mare”.
Questo il commento nel 1502 nelle “Cronache del Regno di Luigi Xll” di Jean d’Auton, annalista, religioso e scrittore, al seguito del Re in visita a Genova.