Storia di due pittori…

di un’edicola… di gelosie… di assassini…
Pellegro Piola, ventiquattro anni non ancora compiuti era già un pittore fatto e finito che godeva in città di alta considerazione.
Membro della dinastia di artisti che, assieme al fratello Domenico, rappresentarono la massima espressione del Barocchetto genovese, la sera del 25 Novembre 1640 mentre rincasava dalla bottega di Salita S. Leonardo sita in Carignano, in Sarzano venne aggredito e ferito a morte durante una rissa dall’amico e collega, il prete artista G. Battista Bianco.
Da quando nel 1637 Genova aveva proclamato la Madonna sua Regina era rifiorita la consuetudine (in vigore già dal ‘200) di adornare i caruggi con dei piccoli templi votivi, le Edicole, che le rendessero omaggio.
Le Corporazioni facevano a gara per esibire le Edicole più belle e sfarzose.
Fu così che quella degli Orefici che era fra le più ricche, commissionò poi a Pellegro un’opera che non avesse eguali:
un’edicola di ardesia che rappresentasse La Madonna con il bambino insieme a S. Eligio, loro patrono.
Terminato il lavoro in città non si parlava d’altro fu così che il Bianco, quando vide il capolavoro di Pellegro, rimase sopraffatto da cotanta bellezza e comprese la propria inferiorità artistica.
Reo confesso raccontò ai magistrati di aver commesso l’orrendo delitto per errore, accecato dall’invidia voleva infatti solo ferirlo, perché temeva che non avrebbe mai più ricevuto commesse finché Pellegro fosse stato in circolazione.
Copia dell’Edicola in questione è ancora oggi visibile in Via degli Orefici al n. 18 realizzata dal pittore Raimondo Sirotti.
Per intervento del Maestro stesso, a quel tempo Direttore dell’Accademia Ligustica di Belle Arti, l’originale è ivi custodito.
Nelle brumose notti invernali leggenda narra che il fantasma di Pellegro vaghi ancora irrequieto in Sarzano

Storia di una sfida divina…

e di un rocambolesco epilogo…
Leggenda narra che un tempo Gesù, in compagnia di Pietro, si trovò a percorrere le creuze lungo Costa Chiappeto, sulle alture sopra San Benigno quando, stanco del lungo peregrinare, invitò il discepolo a cercare ospitalità per la notte.
Rimasto solo il Salvatore venne avvicinato da Lucifero in persona il quale gli propose una singolare sfida:
Avrebbe vinto chi dei due avesse scagliato lontano un ciottolo fino a raggiungere il mare.
Il Nazzareno, senza fatica alcuna, lanciò il sasso per circa un paio di miglia oltre il blu delle onde.
Belzebù, sicuro di se e di vincere agevolmente la scommessa, prese la rincorsa ma scivolò miseramente producendo un tiro imbarazzante.
Perso l’equilibrio cadde lungo disteso….. ecco perché  in quella zona per secoli si mostrò una grossa pietra sulla quale, si raccontava, fosse impressa l’impronta delle demoniache natiche.
Quando si dice “Il Diavolo a gambe all’aria.”……

Storia di un santuario antichissimo…

 e di un Frate speciale….
In Piazza delle Grazie, davanti all’omonimo santuario, svetta opera del Galletti, la statua in onore del Padre Santo.
Il frate cappuccino Francesco da Camporosso che si distinse in città per le sue opere misericordiose e caritatevoli.
Si spense nel 1866 mentre pregava per la sua Genova flagellata dal colera.
Il gruppo marmoreo inaugurato nel 1963 celebra, fra i tanti, tre miracoli attribuiti al Santo.

Sono rappresentati un lavoratore portuale, un naufrago ed una madre con la figlioletta agonizzante.
L’attigua chiesa, dall’anonimo moderno aspetto, in realtà secondo la tradizione sorge sul luogo dove nel V sec. d.C. approdarono i SS. Nazario e Celso, i primi predicatori del Cristianesimo in Liguria.
A questi venne intitolata la primitiva cappella che conserva ancor oggi, sita a livello del mare, la più antica cripta esistente.

Nel XI secolo, vista la sua posizione a picco sul mare, venne eletta dai marinai come meta delle loro suppliche e mutò il nome in Nostra Signora delle Grazie.

"Le Mura delle Grazie".
“Le Mura delle Grazie”.

Da qui anche il nome del sottostante tratto di Mura del XIII sec.

Storie di Camalli…

solidarietà… attori… insurrezioni.
Nel 1340 i Padri del Comune concedono l’esclusiva alla Compagnia dei caravana per il carico scarico delle merci del Porto.
Indossano il “gonnellino blu di jeans” e operano in Dogana occupandosi delle merci preziose.
I Camalli (“hamal” in arabo significa facchino) invece trasportano le merci pesanti, in particolare il carbone.
Sul finire del ‘400 si stabilisce che camalli e caravana debbano essere estranei alle vicende politiche della città e quindi vengono reclutati, in virtù della loro prestanza fisica, nelle valli bergamasche.
Devono essere onesti, religiosi e dare il buon esempio; si tramandano il posto di padre in figlio mandando le donne a partorire a Bergamo; se bestemmiano vengono multati.
Adottano la Chiesa del Carmine per fondarvi la Cappella della Corporazione, commissionano cristi e casse processionali fra le più sfarzose di tutte le Confraternite.

Istituiscono il mutuo soccorso in modo che in caso di malattia o infortunio le loro famiglie siano mantenute dalla Comunità.

Camalli
“Camalli”.
Nell’Ospedale di Pammatone hanno sempre a disposizione dei letti per i loro consociati.
Sono protagonisti di diverse insurrezioni la più celebre delle quali quando, nel 1924 in seguito all’omicidio Matteotti, bloccano per tre giorni il porto respingendo le Camicie Nere del Duce.
A causa di questa ribellione vengono puniti dal Regime con la perdita del posto di lavoro.
In seguito a questo episodio l’allora Sindaco Ricci preferisce rassegnare le dimissioni che conferire la cittadinanza onoraria a Mussolini.
Curioso l’aneddoto poi che, agli inizi del ‘900 in Via Fieschi, vede coinvolto un giovane portuale: si rompe una ruota di un carro carico di merci, bloccando la strada.
Il giovane Bartolomeo, camallo dalla forza bestiale lo traina da solo, al posto dei cavalli, in cima alla salita.
Come la sua potenzae la sua prestanza sono risapute negli scagni e sulle banchine, così il suo leggendario consumo di minestrone è noto in tutte le bettole del porto.
Diviene una star del cinema interpretando Maciste (antico appellativo di Ercole) in “Cabiria” di Gabriele D’Annunzio.

Bartolomeo Pagano è anche il modello a cui si è ispirato lo scultore Eugenio Baroni per rappresentare Garibaldi nel Monumento dei Mille a Quarto.

 

Portale di S. Croce

In Via Santa Croce, vicino al sito dove sorgeva l’omonima Porta, fa bella mostra di sé questo portale in ardesia, ricostruito recentemente su modello dell’originale cinquecentesco.
Il motto “flangar non flectar” (Mi spezzerò ma non mi piegherò) rispecchia, a mio modo di vedere, lo spirito con cui Genova ha sempre affrontato le dominazioni e le umiliazioni patite.
Il sovrastante stemma nobiliare invece rappresenta un’aquila a due teste che regge con le zampe un globo ed una fiaccola.
E’ l’insegna della Casata degli Spinola famiglia che, insieme a quella dei Doria faceva parte della fazione Imperiale, chiamata a Genova dei “Mascherati”.
I filo papali invece si chiamavano “Rampini”, fra le loro fila militavano, anche se la divisione non è così schematica ed assoluta, Fieschi e Grimaldi.

Una “voce” rossoblù… anzi “The Voice”…

Frank “The Voice” Sinatra, di padre siciliano e madre genovese (di Rossi di Lumarzo) era un grande amante di Genova e del Genoa.
Non perdeva occasione la domenica, terminato di assistere alle partite di baseball, di chiamare in Liguria per sapere cosa avesse fatto il suo amato Grifone.
Sinatra infatti, a causa del suo forte legame materno, ha sempre considerato Genova la propria patria. Quando era in tournée in Italia faceva di tutto per capitare in città e cenare da “Zeffirino” del quale esportò il pesto negli States.

"Francobollo commemorativo di Sinatra".
“Francobollo commemorativo di Sinatra”.

Quando morì nel 1998, in suo onore, Las Vegas spense le luci una notte intera e New York illuminò di azzurro (il colore dei suoi leggendari occhi) l’Empire State Building.
Interrogata in proposito la figlia, per sapere se Frank avrebbe apprezzato, costei rispose:

Certo che si, ma se avessero proiettato le luci rossoblù, papà avrebbe gradito ancor di più…”.
The Voice volle affrontare infatti “l’ultimo Viaggio” per raggiungere, stella fra le stelle, il suo posto nel firmamento indossando una cravatta rossoblù.

“La Resistenza continua…”

Il 28 giugno 1960 i partiti antifascisti si coalizzano per difendere la Costituzione ed impedire che il Movimento Sociale Italiano organizzi a Genova il proprio Congresso Nazionale.
Il Presidente onorario di tal partito sarebbe dovuto essere Basile, in epoca fascista Prefetto per le Deportazioni.
A pronunciare il discorso contro il neonato fascismo è Sandro Pertini.
Il 30 giugno viene indetto lo Sciopero Generale a partire dalle 15 fino alla fine dei turni di lavoro.
Si forma così un Corteo di alcune migliaia di persone con destinazione Piazza della Vittoria. 

Al termine della Manifestazione gran parte dei dimostranti risale verso Piazza De Ferrari dove sono schierate in assetto antisommossa le Forze dell’Ordine.Gli scontri sono violenti e durano circa due ore fino a quando il Presidente dell’Anpi Giorgio Gimelli e il Questore della città concordano la ritirata delle Forze di Polizia.Ovviamente il Congresso del Partito non si terrà più a Genova e, conseguenza di questo smacco, a Roma cadrà il Governo Tambroni. Una pagina memorabile della nostra Storia, un motivo in più per non dimenticare, per essere orgogliosi e fieri della nostra diversità…

D’altra parte così ci definiva il Sommo Dante: “Ahi genovesi, uomini diversi…..”.
“Il Corteo”.
 

“Faber”…

"Creuza de ma di Boccadasse".
“Creuza de ma di Boccadasse”.
L’11 gennaio 1999 Genova rimaneva orfana del suo figlio più devoto….
Il Poeta capace di comporre la più bella lirica per noi che amiamo questa città:
 “Bacan d’a corda marsa d’aegua e de sa che a ne liga e a ne porta nte ‘na Creuza de ma”(padrone di una corda marcia d’acqua e di sale che ci lega e ci porta in una mulattiera di mare).
Nulla, meglio di questi versi intrisi di salsedine, riesce a descrivere duemila anni della nostra cultura.
Faber dipinge con le note e scolpisce con le parole.
A noi non resta altro che, a questa “corda marsa d’aegua e de sa”, rimanere ben ancorati.

“Mi piacerebbe restare qui…”

storia di un celebre scrittore anglosassone… prodigo di ammirazione per le dame genovesi…
“Mi piacerebbe restare qui, preferirei non proseguire oltre.
Può darsi che vi siano in Europa donne più graziose, ma io ne dubito.
La popolazione di Genova è di centoventi mila anime: di queste due terzi sono donne e, almeno due terzi delle donne, sono belle, ben vestite, fini e leggiadre quanto si può senza essere angeli.
Gli angeli però, non sono molto ben vestiti, mi pare almeno quelli dei dipinti; non hanno che ali.
Queste donne genovesi sono incantevoli.
La maggior parte di queste damigelle sono vestite di una bianca nube dalla testa ai piedi, sebbene molte si adornino in una maniera più complicata, nove su dieci non hanno sul capo altro che un sottile velo ricadente sulle spalle a guisa di bianca nebbia.
Hanno capelli biondissimi e molte di loro occhi azzurri, ma più spesso si vedono neri occhi mediterranei e sognanti occhi castani.”
In “Innocenti all’estero” del 1867 questo il dolce ricordo femminile dell’autore delle “Avventure di Tom Sawyer”, Mark Twain.

“Il più bello dei golfi…”

storia di un poeta, anzi del Poeta romantico… e di un magico notturno genovese…
“Questa città antica senza antichità, raccolta senza intimità e sudicia oltre ogni limite.
È costruita su una roccia, ai piedi di un anfiteatro di montagne che quasi abbracciano il più bello dei golfi.
I Genovesi hanno ricevuto dalla natura il porto migliore e più sicuro.
Poichè, come ho detto, tutta la città è costruita su un unico blocco di roccia, i Genovesi per sfruttare lo spazio, hanno costruito case altissime e strade strettissime, cosicché quelle sono quasi tutte buie, e solo in due di queste può passare una carrozza”.
Così apparve nel 1828 Genova agli occhi del poeta Heinrich Heine, massimo esponente del Romanticismo tedesco.
Ancor più intrigante è la sua visione notturna della città:
“Vista dal mare, specialmente verso sera, la città sembra più bella.
Giace sulla riva come lo scheletro imbiancato di un animale gigantesco vomitato dal mare, formiche nere che si chiamano Genovesi, vi strisciano sopra, onde azzurre lo bagnano e il loro sciacquio sembra una ninna nanna; la luna, occhio pallido della notte, guarda dall’alto malinconica”.
Questa è la nenia più dolce che tu possa sentire….