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… Quando Via Gramsci…
“Appena scesa alla stazione…
… del paesino di S. Ilario, tutti s’accorsero con uno sguardo che non si trattava di un missionario…..
persino il Parroco che non disprezza, fra un miserere e un’estrema unzione, il bene effimero della bellezza, la vuole accanto in processione e con la Vergine in prima fila e Bocca di Rosa poco lontano, si porta a spasso per il Paese, l’amore sacro e l’amore profano.”… (Cit da Bocca di Rosa di Fabrizio De André)
e, là in fondo sdraiato, l’ineguagliabile Promontorio di Portofino, a giusta corona….
Cartolina tratta dalla Collezione di Stefano Finauri.
… “Se ti inoltrerai…
Se tu penserai, se giudicherai da buon borghese li condannerai a cinquemila anni più le spese, ma se capirai, se li cercherai fino in fondo, se non sono gigli son pur sempre figli, vittime di questo mondo”.
… Quando sotto il castello Mackenzie…
Oggi la Porta sconosciuta ai più, raggiungibile da una stradina fra il castello e Via Cabella, giace tristemente dimenticata, in uno stato di incuria latente, confusa con un anonimo sottopasso.
… Quando a Murta…
… Il Colonnello Cody…
Quando nel marzo 1906 il Colonnello Cody scese a capo della sua variegata spedizione alla stazione ferroviaria di Terralba, cinque treni speciali, circa cinquanta vagoni, cinquecento cinquanta cavalli, di cui cinquanta Mustang selvaggi e oltre ottocento figuranti…
quando per tre giorni il circo di Buffalo Bill entusiasmò i genovesi che, a causa del tutto esaurito, per assistere allo spettacolo, si assieparono lungo le Mura di Santa Chiara; giochi equestri, gare di abilità, prove di destrezza e scenografiche rappresentazioni, come la rievocazione dello sterminio di Little Big Horn del settimo Cavalleria del Generale Custer…
quando… nel 1992 Faber
rinunciò a salire sul palco a fianco di Bob Dylan e alla visibilità di un tale evento preferì il rispetto per i Nativi… “fu un generale di vent’anni, occhi turchini e giacca uguale…” (Cit. da Fiume Sand Creek) cantava il Poeta e Genova comprese che non era più il tempo dei circhi….
Storia del terribile…
A parte San Lorenzo, qualche altra chiesa, San Giorgio, la Dogana e il Porto non vi fu abitazione o luogo sacro che non venisse violato.
Causa di tale violenza fu l’esasperazione dei comandanti imperiali di fronte al protrarsi delle trattative di pace.
Infatti la sera del 30 maggio i dodici ambasciatori genovesi, inviati per concordare la resa, posero troppi vincoli cosicché Prospero Colonna, Francesco Sforza, i Fieschi fuoriusciti e il Marchese Pescara, senza remore, assaltarono e devastarono la città.
Alcuni mesi più tardi il neo eletto Papa Adriano VI passando da Genova e osservando la miseria in cui era caduta la Superba negò l’assoluzione richiesta dal Pescara e dal Colonna per il loro misfatto.
“Non posso, nè voglio, nè lo debbo”…
Storia di un pozzo…
Nel ‘800 fu il Resasco (storico ideatore del cimitero monumentale di Staglieno) a spostarlo, insieme al busto, nella posizione attuale.
Il busto di Giano Bifronte infatti è attribuito alla perizia della famiglia Della Porta, noti scultori lombardi che l’avevano concepito per la fontana dei Vacchero, in Via del Campo.
L’originale, approdato dopo varie traslazioni, in cima al pozzo è custodito nel Museo Civico di Sant’Agostino, quello esposto è una fedele copia.
Già nel ‘300 la zona era utilizzata per la lavorazione delle sartie e del cordame navale, attività che necessitavano di molta acqua.
Per questo la Piazza era dotata di due cisterne utili anche, in caso di assedio, a garantire l’autonomia della città; una era posta sotto l’attuale chiesa di S. Salvatore l’altra, appunto, in corrispondenza del tempio di Giano.
Il Dio bifronte ha triplice origine orientale, greca e romana e simboleggia i nobili natali rivendicati dalla Dominante prima, Superba, poi.
Una faccia rivolta al mare, una ai monti, due facce speculari come il seno di Giano primitivo approdo della Genova medievale, che stringe a se il mare in un materno e rassicurante abbraccio.
In Copertina: il Pozzo di Sarzano. Foto di Stefano Eloggi.
Storia di una Moschea… anzi due… prima parte…
Come testimoniato dalla Sura scolpita in cufico presente nella Cattedrale di S. Maria in Castello, i rapporti fra le due culture, nonostante le continue guerre e scorribande sulle due sponde del “mare nostrum”, sono sempre stati proficui e tolleranti.
Oltre che mercanti a Genova non mancavano scribi, traduttori e agronomi musulmani.
Probabilmente già da prima, ma sicuramente dal ‘600, gli infedeli avevano ottenuto il permesso di edificare una moschea nel cuore della Superba, proprio davanti alla Darsena (darsena deriva dall’arabo e significa “casa del lavoro”) presso l’attuale palazzo di Scio (Facoltà di Economia).
Oggi i resti di una colonna del Tempio, in pietra di Promontorio, delimitano un’aula del complesso chiamata, appunto, “sala della Moschea”.
Secondo alcune fonti le moschee sarebbero state addirittura sei ma i documenti accreditati raccontano di due; oltre a quella di cui resta traccia la colonna si sa di un altro luogo di culto, sempre in porto, ma di epoca posteriore (‘700) all’altezza dell’attuale depuratore.
Nel ‘700 gli arabi ottennero persino un quartiere tutto loro, ubicato vicino alla spiaggia della Foce, dove esercitare anche il diritto di sepoltura.
Nella capitale del Mediterraneo minareti e muezzin convivevano con campanili e Cardinali; ma le regole erano ben chiare e non c’era perdono per la disobbedienza,
la durezza delle galee genovesi fungeva da ottimo deterrente
a tal punto da far annotare nei suoi appunti, ancora nel 1785, allo scrittore francese Dupaty:
“Ma cos’è questa specie di prigione… com’è bassa, oscura e umida!.. Che animali sono questi qui coricati per terra… non mangiano altro che pane duro e nero? non bevono che acqua putrida e fangosa?… da quanto si trovano in questa condizione?… almeno vent’anni… Come li chiamate voi?… miserabili Turchi…”
“Tuttavia i Genovesi hanno dato un esempio di tolleranza… hanno accordato a questi Turchi una Moschea.
Turchi che ho visto contendersi gli avanzi del cibo ai cani.
In Francia i Protestanti non hanno templi…
Genova, i tuoi palazzi non sono abbastanza alti, né abbastanza ampli, né abbastanza numerosi, né abbastanza splendenti: si distinguono le tue galee…
fine prima parte continua…
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