Campetto

Si lo so, a partire dal 12 settembre 2016 causa il nuovo regolamento nazionale sulla toponomastica, Campetto è diventato Piazza Campetto.

Per noi genovesi però, con buona pace della burocrazia, Campetto è Campetto. Così è, se vi pare, da quasi mille anni.

Se intorno all’anno mille infatti il Campetto era poco più che un orto addossato alle mura del castrum nel 1155, con l’erezione delle mura del Barbarossa, divenne uno snodo cruciale della nuova viabilità cittadina.

In tutta l’area proliferarono, come testimoniato dai caruggi attigui (Vico Scudai, degli Orefici, degli Indoratori) le botteghe artigiane legate alla lavorazione, soprattutto a scopo militare, dei metalli.

Campetto era il Campus Fabrorum, il campo dei Fabbri, da qui dunque l’origine del toponimo.

Campetto. Foto di Giovanni Cogorno.

In Campetto si affacciano diverse prestigiose dimore: ai civici n. 8 e 8a il cinquecentesco Palazzo di Gio. Vincenzo Imperiale impreziosito dagli affreschi di G.B. Castello e da Luca Cambiaso; al civ. n. 2 palazzo Ottavio Sauli, più noto come Casareto De Mari, ovvero del Melograno (occupato da un grande magazzino) famoso per lo straordinario secentesco Ercole di Filippo Parodi; al civ. 19r oggi supermercato di una nota multinazionale l’edificio che fu un tempo la chiesa di San Paolo, poi convento, macelleria e in ultimo fino al 1821 sede del piccolo Teatro di Campetto; al civ. n. 9 palazzo Gio. Battista Imperiale con resti di affreschi del XVI secolo che a fine ‘800 ospitava il celebre Hotel Union Qui soggiornò il Dr. James R. Spensley tra i fondatori del Genoa Cricket and Football Club e padre del movimento scoutistico genovese.

Fra le altre testimonianze meritevoli di menzione sono: sopra il bar al civ. 1r. la lapide che narra le gesta di G. B. Ottone durante la rivolta del Balilla del 1746; al civ. n 5 un cinquecentesco sovrapporta in pietra nera con fregi floreali e il trigramma di Cristo.

Ultimo, non certo per importanza, al centro della piazza il barchile del 1643 che ritrae un fauno che suona una conchiglia opera dello scultore Guido Mazzetti.

La fontana si trovava un tempo nel quartiere di Ponticello, odierna Piazza Dante e, dopo travagliate peregrinazioni, ha trovato qui adeguata collocazione.

In Copertina: Campetto. Foto di Stefano Eloggi.

Vico dell’Oliva

Il toponimo di Vico dell’Oliva fa riferimento alla presenza in loco nel medioevo del mercato dell’olio.

Probabilmente da qui ebbe origine l’omonimo casato degli Oliva che si accorpò, a seconda delle schiatte, a quello degli Usodimare, dei Negrone, Cattaneo e dei Grimaldi.

I membri di quest’ultimo, come testimoniato dalla loro presenza in S. Maria di Castello, costituirono il ramo più noto quello appunto dei Grimaldi Oliva.

All’angolo con Vico Gibello si trova sotto una minuscola nicchia con tettuccio a cono una statuetta della Madonna intenta a pregare.

In Copertina: Vico dell’Oliva. Foto di Giovanni Cogorno.

Via dei Macelli di Soziglia

Da Piazza di Soziglia si dirama via dei Macelli di Soziglia il cui percorso segue pari pari il tracciato del sottostante rio Susiliae.

In realtà più che una via è uno strettissimo e tortuoso caruggio che ospita ogni genere di attività commerciale, prevalentemente di carattere alimentare, anche se negli ultimi anni si sono diffusi pure negozi di artigianato ed etnici e le pescherie hanno purtroppo chiuso.

Qui oltre ai bezagnini si trovano le macellerie sia tradizionali che specializzate in ovini e caprini, pollame e islamiche.

Di queste la più famosa al civ. 10r., all’angolo con Vico dei Corrieri, caratterizzata da un superbo bancone marmoreo sul quale sono scolpiti i volti degli eroi del risorgimento.

Piazzetta dei macelli di soziglia. Foto di Giovanni Cogorno.

L’odore dominante resta comunque quello delle storiche rivendite di stoccafisso, baccalà, acciughe sotto sale, mosciame e bottarga.

Numerose poi sono le testimonianze di un antico passato come, ad esempio, all’angolo con Vico Lavagna la settecentesca edicola della Madonna Assunta, o all’altezza del primo piano le ormai rare mampae, le tipiche finestre genovesi caratterizzate da pannelli mobili riflettenti.

L’edicola dei beccai.

All’angolo poi con l’omonima piazzetta si staglia la monumentale edicola di Madonna di Città del XVIII secolo, eretta dalla corporazione dei Beccai (macellai).

In Copertina: Via dei Macelli di Soziglia

Vico Boccanegra

Vico Boccanegra fa parte di quella rete di colorati e vivaci caruggi che collegano via Garibaldi con la Maddalena.

Il nome del vicolo omaggia Simone Boccanegra, eletto nel 1339 primo doge di Genova, che qui ebbe I natali.

Proprio nel tratto iniziale della strada lato via Garibaldi davanti a palazzo Tursi sul lato a ponente di palazzo Rosso, si trova un’imponente e monumentale edicola del XVIII sec. che io, in onore del Boccanegra, ho arbitrariamente battezzato l’Edicola del Doge.

In Copertina: Vico Boccanegra. Foto di Giorgio Corallo.

Vico Foglie Nuove

Vico Foglie Nuove collega via Gramsci con via Prè. Il caruggio è noto ai giorni nostri per la presenza in loco di una famosa trattoria di cucina genovese.

A catturare il mio interesse però, più che l’aspetto gastronomico, è stata l’intestazione del caruggio.

Dapprima, vista in epoca medievale la vocazione agreste della contrada (Prè secondo alcuni storici significherebbe contrada dei prati), ho pensato che l’origine del toponimo avesse in qualche modo a che fare con la presenza di vigne o piante nella zona.

Ad una più attenta disamina ho invece appreso come l’intitolazione fosse legata alla storia del possedimento di Focea, concessa in signoria dal Basileus di Bisanzio a Benedetto Zaccaria.

Leggendo i testi del Pescio, si evince che le colonie genovesi tra il XIII sec. e il 1455 di Focea la Nuova e Focea la Vecchia, (città turche di origine greca) dette le due Foceee, erano anche denominate Foglie Vecchie e Foglie Nuove.

In lingua genovese infatti il plurale di Focea, Focee si pronunciava Fogie e da qui dunque latinizzato la trasposizione in Foglie Vecchie e Foglie Nuove.

In Copertina: Vico delle Foglie Nuove. Foto di Stefano Eloggi.

Via e Piazza di Soziglia

Via di Soziglia ha il compito di raccordare l’omonima piazza con la vicina area dei Macelli che, vista l’abbondante necessità di acqua, vennero per questa ragione qui collocati nel 1152.

A quel tempo infatti Via Luccoli e via dei Macelli erano due rivi che scendevano dalla zona delle Fontane Marose.

Da qui l’origine del nome Soziglia ovvero Suzeia o Suxilia che tradotto dal latino medievale significa “isola dei maiali”.

Per dare sfogo alle attività dei Macelli a fine “500, in seguito ad una ristrutturazione urbanistica, nacque poi la piazza.

Al centro della stessa vi era un imponente barchile, impreziosito da una sirena, realizzato da Taddeo Carlone.

Piazza di Soziglia. Foto di Giovanni Cogorno

Dopo lunghe vicissitudini la sirena, ritenuta ingombrante, venne sostituita nel 1726 dalle statue della Fuga da Troia, opera di Francesco Baratta e la fontana trasferita nel 1870 nella sua sede attuale in Piazza Bandiera.

Nella piazza di Soziglia innumerevoli sono i punti di interesse: dalla confetteria Romanengo al civ.74r., la più antica del mondo fondata nel 1780, frequentata da Einstein, alla pasticceria Klainguti al civ. 98r. amata da Verdi; dall’edicola votiva al civ. n. 10 della Mater Salutis, a quella, sul palazzo della Dogana, di San Giovanni Battista.

In Copertina: Via e Piazza di Soziglia. Foto di Leti Gagge.

Vico Cicala

Tra via di Sottoripa e piazza S. Pancrazio si trova vico Cicala.

L’origine del toponimo del vico deriva dal nome dell’omonima famiglia a cui in passato venivano erroneamente attribuite delle proprietà nella zona.

La schiatta dei Cicala che si stabilì in Liguria proveniente dalla Germania nel 942, formava il VII Albergo.

Avventurosa è l’origine leggendaria del casato che si fa risalire ad un tal Pompeo.

Si narra infatti che durante un combattimento fra genovesi e pisani, un soldato di Ventimiglia, Pompeo, udì il canto di alcune cicale; ottenuta la vittoria costui avrebbe decorato il suo scudo con sette cicale, ridotte poi a cinque dai discendenti.  Nel 1432, per le sue vittorie contro i Tartari, fu concesso a G.B. Cicala di sostituire le cicale del suo stemma con un aquila bianca.

Fra i numerosi illustri membri della casata meritano menzione: Guglielmo che figura fra i Capitani che portarono a Genova le ceneri di Giovanni Battista;  Lanfranco, gentiluomo saggio, giudice e cavaliere, grande amatore e poeta.; Andrea, eletto  gran giustiziere nel regno di Napoli per volere di Federico II;  Zoaglio Battista governatore della Corsica e doge e Carlo, vescovo di Albenga e partecipante al concilio di Trento.

A titolo di cronaca va ricordato anche Scipione Cicala, protagonista del brano Sinan Capudan Pascià di De Andrè che, imprigionato dai turchi, ne divenne condottiero e corsaro fino ad ottenere il massimo degli onori possibili per un infedele, ovvero il titolo di Pascià.

Nella piazzetta si possono ammirare:

Il palazzo Cicala che fu fatto edificare da Nicolò Cicala nel 1542.

Sul palazzo un sovrapporta pietra con fregio sec.XVI mentre la volta dell’atrio è sorretta da lunette poggianti su peducci in pietra.

Sull’archivolto che conduce in Sottoripa ecco un Agnus Dei XVI in pietra.

Al civ. n.1 sovrapporta con due angeli che reggono una ghirlanda con trigramma di Cristo. Al civ. n. 5 un medaglione ovale vuoto che conteneva un dipinto oggi scomparso.

L’osteria di Vico Cicala.

Al civ. n. 3 si trova Albergo Veronese al n. 5r Osteria sopra il mare e a civ. n. 27 l’Osteria Cicala, forse l’ultima autentica osteria del centro storico. Arredata in legno con tovaglie a quadretti sui tavoli e i tradizionali gotti (bicchieri) di vetro spesso per la mescita del vino.

In Copertina: Vico Cicala. Foto di Stefano Eloggi.

Vico degli Adorno

Vico degli Adorno si trova, collocato nei pressi di Via del Campo, nel cuore del ghetto medievale ebraico.

Il nome del vico trae origine dalla famiglia Adorno proveniente da Taggia che giunse a Genova intorno al 1186 e che, appartenente alla fazione ghibellina, diede alla Repubblica sette Dogi.

Fra i numerosi esponenti di questa illustre casata spicca l’illuminata figura di Anselmo, un cavaliere, mercante e uomo politico genovese trapiantato nei Paesi Bassi, che si rese protagonista di diverse avventurose missioni diplomatiche per conto del Duca (fra i vari titoli di Borgogna, Lussemburgo, Fiandre e Olanda) Carlo il Temerario.

In Copertina: Vico degli Adorno. Foto di Stefano Eloggi.

Via al Ponte Reale

Sotto il selciato scorre ancora il torrente chiamato Riale di Soziglia da cui il nome del caruggio.

Tale torrente raccoglieva le acque del Rio Bachernia e delle Fontane Marose.

Il toponimo deriva dal ponte che attraversava il corso d’acqua nei pressi di palazzo San Giorgio.

Nel tempo per storpiatura dialettale il Rio (rià) si è trasformato in reale creando confusione con il successivo ponte Reale, il passaggio coperto dei Savoia (poi abbattuto per far spazio alla Sopraelevata), nell’odierna via Gramsci.

In Copertina: Via al Ponte Reale. Foto di Giovanni Cogorno.

Vico Carmagnola

Da Via XV Aprile si stacca il piccolo caruggio di vico Carmagnola che conduce a vico e piazza dei Garibaldi.

Il vicolo trae origine dall’omonima famiglia proveniente da Carmagnola in Piemonte attorno al 1450.

Con la riforma degli Alberghi del 1528 i Carmagnola confluirono nei Di Negro e annoverarono fra le loro file diversi funzionari e Senatori.

In primo piano la scaletta che porta in via XXV Aprile. Sullo sfondo si intravede il superbo portale in pietra nera del palazzo Giovanni Garibaldi.

In Copertina: Vico Carmagnola. Foto di Ombretta Napoleone.