Vico Indoratori sotto la pioggia

Il selciato balugina dei riflessi di uno scroscio di pioggia ormai lontano e “Seduto in quel caffè io non pensavo a te”…
Nell’antico caruggio sede delle attività artigiane degli indoratori legate alla Corporazione degli Scutai la Movida può aspettare. Al civ. n.2 noto come palazzo Fieschi o Camilla, caratterizzato da un superbo portale quattrocentesco della bottega dei Gaggini, ebbe i natali Santa Caterina (Fieschi) da Genova.
Vico Indoratori.
La Grande Bellezza…

Foto di Leti Gagge.

Piazza della Lepre

Sembra la stampa di un Bouquiniste parigino ed invece è una straordinaria istantanea che trasmette poesia.
Immortala Piazza della Lepre, il cui toponimo deriva dalla presenza in loco di una rinomata settecentesca osteria specializzata in cacciagione.

In precedenza era denominata della Foglia, poiché in essa aveva sede un negozio di foglie di meliga, che servivano per confezionare pagliericci.

I suoi palazzi custodiscono variopinti azulejos ed ospitarono le più apprezzate case di appuntamenti cittadine.

La Grande Bellezza…

“Piazza della Lepre”. Foto di Leti Gagge.

Vico dietro il Coro di San Salvatore

Vico dietro il Coro di San Salvatore attiguo a Campopisano. Certe notti di luna piena si odono ancora lo sferragliare delle catene e i lamenti dei prigionieri.

Qui, proprio sotto l’archivolto, si trovava uno dei templi della ristorazione popolare genovese: l’Östai dö Combin celebre in paricolare per la bontà dei propri ravioli.

Oggi al suo posto l’apprezzato locale notturno delle Cappe Rosse.

La Grande Bellezza…

Vico sotto le Murette

“I panni stesi al sole sono tutti belli. Io da piccolino pensavo che i panni si stendevano al sole per festeggiare qualcosa, come se fossero bandiere. E ancora oggi tutti questi panni mi danno allegria”.
Luciano De Crescenzo, Così parlò Bellavista, 1977.

La Grande Bellezza…

Foto di Leti Gagge.

Canneto il Lungo

Prima del X sec. , al tempo della primissima cinta, qui sorgevano le mura e il Canneto (una lunga sequenza di cannicci che costeggiavano il fossato che da S. Andrea scendeva fino al mare) delimitava il Castrum, la parte più antica della città. Questo prezioso scatto immortala la millenaria Croce dei Valoria. L’incrocio con Vico Valoria presentava un tempo ben 4 logge di cui 3 oggi sono scomparse. La quarta – murata – è ancora visibile alla base del palazzo Maruffo Fieschi, su cui si staglia l’omonima strepitosa torre.
Di fronte s’intravvede Il cinquecentesco portale di palazzo De Franceschi.
La Grande Bellezza…

Piazza delle Scuole Pie

Un tempo la piazza era nota con il nome delle nobili famiglie che vi abitavano: i Cicala prima e gli Squarciafico poi. Qui nel Medioevo il Monte di Pietà metteva l’incanto dei beni non riscattati dai suoi clienti.
La settecentesca chiesa del Santissimo Nome di Maria, con il suo inconfondibile prospetto verde oro, sorveglia sorniona l’odierna Piazza delle Scuole Pie. La piazza ospita dal 1937 anche la pregiata bottega artigiana dell’antica Vetreria Bottaro che, fra le tante apprezzate opere, ha realizzato gli arredi dell’ascensore di Castelletto.
La Grande Bellezza..

Vico dietro al Coro di San Luca

In Vico dietro al Coro di San Luca scene di vita quotidiana che sembrano tratte da un trompe l’oeil:
nella parte destra dello scatto quel che resta di un’edicola in stucco a tempietto contenente, un tempo, un dipinto protetto da una grata.
Rimane solo l’inferriata perché sia l’immagine sacra con cornice che il relativo cartiglio sono stati asportati e sottratti. A sinistra un singolare telaio di bicicletta di colore verde appeso sopra il caruggio.
Sullo sfondo la Torre di San Luca con i suoi secolari blocchi in bugnato. Al centro, mentre la sagoma di un tizio si confonde nella penombra, una signora armeggia con il suo trolley. In partenza o di ritorno da un viaggio? Se lo domanda anche la procace graziosa che la osserva incuriosita.

Foto di Leti Gagge.
La Grande Bellezza..

Piazza e Chiesa di Banchi…

“L’unica chiesa al mondo costruita con i proventi delle attività commerciali sottostanti. Al centro della piazza una mattonella annerita indica il punto dove venne arsa viva la “Cagna Corsa” la donna ritenuta essere una strega…

In Piazza Banchi si trova e la chiesa di San Pietro, l‘unica al mondo costruita con i proventi delle attività commerciali sottostanti. Al centro della piazza una mattonella annerita indica il punto dove venne arsa viva la “Cagna Corsa” la donna ritenuta essere una strega. Sulle scale dell’edificio religioso venne assassinato, per questioni di vendette d’amore, il celebre musicista Stradella e negli scantinati, oggi occupati da una banca, si ode ancora il lamento di un bimbo della famiglia Lomellini morto durante un incendio. E poi gli angeli dell’altare scolpiti senza veli per far dispetto alla Curia e un misterioso Cristo senza mani. Ma soprattutto qui è nato il termine bancarotta.
Queste sono solo alcune delle curiosità di questo luogo ricco di storia.

“Ero li a Banchi… Ero lì che mi prendevo i miei raggi..” Cit. Gilberto Govi (Maneggi per maritare una figlia commedia di N. Bacigalupo del 1880).

La Grande Bellezza…

“Piazza Banchi”. Foto di Luigi Serio.

La Piazza dei sette dolori…

La Piazzetta dei Cambiaso deve il nome alla nobile famiglia proveniente da San Cipriano in Val Polcevera che ha dato alla patria due dogi e numerosi senatori. A questa schiatta appartiene anche il famoso Luca, il celeberrimo pittore cinquecentesco nato a Moneglia dove suo padre si era trasferito per sfuggire ai rastrellamenti delle truppe borboniche che, appunto, si erano accampate in Val Polcevera.

“L’altro scorcio della piazzetta!. Foto di Leti Gagge.

Lo spiazzo dei Cambiaso, nonostante l’inopportuna presenza, in un contesto così antico di una moderna edicola del XIX sec, costituisce tuttora un affascinante scorcio da far invidia a certi tanto decantati angoli parigini. Tale edicola plasmata nello stucco e dipinta con una Madonna Addolorata fu infatti posta in sostituzione di quella originaria, di cui non si ha più traccia e a cui si doveva il nome dello slargo una volta chiamato Piazza dei sette dolori o del Dolore.

La dimora che subì gravi danni durante i bombardamenti del 1942/43, come del resto gran parte dei palazzi attigui, è un piccolo scrigno dove sono custodite diverse preziose testimonianze:

“Palazzo Fattinanti, Cambiaso poi”. Foto di Leti Gagge.

ad esempio l’atrio del XVI sec. Palazzo Fattinanti, poi Cambiaso sede del teatro Hop Altrove, dal quale si accede al loggiato varcando un semplice portale marmoreo ornato da lesene con capitelli scolpiti con testine e al centro del trave un cartiglio vuoto.

“In primo piano il portone attorno al quale s’intuiscono i colori di un tempo”. Foto di Leti Gagge.

La famiglia Cambiaso fu ascritta al patriziato nel 1576 e fu probabilmente a partire da questa data che costoro si occuparono di abbellire il palazzo commissionando importanti opere agli artisti più in vista del tempo. Ciò che rimane della decorazione murale ad affresco pare infatti riferibile alla cerchia di Andrea Ansaldo (1584-1638) mentre quella a grottesche che adorna la volta dell’atrio e delle scale, nella quale si notano affinità con le decorazioni delle volte nel vicino Palazzo Imperiale, furono eseguite da Giovanni Battista Castello detto il Bergamasco (1525-1569) e ultimate appunto dall’Ansaldo.

Di notevole interesse risulta essere altresì un affresco di autore ignoto che raffigura una finestra aperta su di un tipico paesaggio della Genova tardo cinquecentesca.

“Lo scalone che conduce al loggiato con le volte affrescate dal Bergamasco e terminate dall’Ansaldo”. Foto di Leti Gagge.

La scala si snoda elegante ed è resa ancor più scenografica dagli affreschi delle volte e dalle colonne corinzie. I capitelli sono scolpiti con piccole cornucopie, fogliame, pissidi e piccole teste leonine. Sul capitello della colonna ad inizio scala è inciso lo stemma del casato.

“Atrio con ingresso al teatro e accesso allo scalone”. Foto di Leti Gagge.

“Il loggiato dell’atrio ripreso dall’alto”. Foto di Leti Gagge.

“Ancora le volte affrescate”. Foto di Leti Gagge.

“Particolari degli affreschi”. Foto di Leti Gagge.

“Il tratto iniziale dello scalone ripreso dall’alto”. Foto di Leti Gagge.

Durante alcuni lavori di ristrutturazione nel loggiato del primo piano sotto l’intonaco sono emersi pittoreschi brani di azulejos. Sul muro a fianco sono stati rinvenuti resti in pietra e laterizio dell’edificio originale e con essi un’interessante testimonianza di tubazioni in ceramica a trombette delle condotte dell’acqua, il tipico sistema genovese di ripartizione detto a ”piceda”.