Vico del Gallo

Vico del Gallo fa parte di quella serie di corti caruggi che uniscono via Gramsci a via Prè.

A fine ‘800 il Comune decise di chiamare alcune vie con nomi di animali (ad esempio vico chiuso del Leone, o vico della Tartaruga).

Ecco quindi vico del Gallo il cui toponimo nulla ha a che vedere, né con il Don Partigiano, né con l’omonima famiglia di origine medievale.

Di quest’ ultima va ricordato Antonio, poeta e, soprattutto cancelliere del Banco di San Giorgio, che scrisse un’apprezzata biografia di Cristoforo Colombo.

Dei Gallo già dal 1150 si ha notizia in quel di Levanto. Nel 1528 con la riforma degli Alberghi voluta da Andrea Doria furono ascritti al “Libro della Nobiltà”e confluirono in parte nei dei De Marini, in parte nei Lercaro.

In Copertina: Vico del Gallo.

Via di S. Croce

E’ uno degli scorci più suggestivi di Genova, un luogo sospeso nel tempo dove luci ed ombre ingannano lo spazio giocando a nascondino.

Si tratta di Via e Piazza di Santa Croce incastonate fra Sarzano e la collina di Santa Maria di Castello, il fulcro più antico del centro storico.

Quest’area costituiva un tempo l’antico complesso di Santa Croce, vicino all’attigua omonima porta, una delle tante strutture del litorale cittadino, atte al ricovero dei pellegrini da e verso la Terrasanta.

In Copertina: Via di Santa Croce. Foto di Anna Armenise.

Vico Stella

Tra Via Luccoli e Piazza Fontane Marose si trova Vico Stella.

L’origine del toponimo del caruggio è sconosciuta. Tuttavia gli esperti concordano sulla tesi che la genesi di vico Stella non sia da confondersi con quella dell’omonima piazza legata invece al nome della nobile famiglia degli Stella.

Gli Stella furono infatti notai e storiografi e annoverarono fra le loro fila Giorgio e Giovanni due importantissimi annalisti continuatori dell’opera del Caffaro.

Curioso poi il fatto che in Ravecca esistesse un caruggio con quasi identica intestazione. L’odierno vico delle Fate infatti fino al 1868 era registrato anch’esso come Vico della Stella.

In Copertina: Vico Stella. Foto di Stefano Eloggi.

Vico dello Zucchero

Vico dello Zucchero insieme a vico del Cioccolatte e vico della Fragola fa parte di quel gruppo di caruggi del quartiere del Carmine che ne testimoniano l’antica vocazione pasticcera.

In proposito nella sua opera sulle strade di Genova lo storico Federico Donaver con prosaico ottocentesco stile annota:

”Poco distante havvi il vico del cioccolatte e quindi fù creduto opportuno denominare questo dalla dolce sostanza che fa quello più gradevole; siamo del resto nel genere coloniale in cui i genovesi largamente commerciarono.”

In Copertina: Verticale di Vico dello Zucchero. Foto di Stefano Eloggi.

Salita Pallavicini

Salita Pallavicini che unisce via Luccoli con via XXV Aprile prende il nome dall’omonima nobile famiglia originaria del piacentino, presente in città fin dal 1200.

Il capostipite del ramo genovese fu un tal Nicolò il cui figlio Giovanni, sposando Maria Fieschi, divenne nel 1225 influente Consigliere della Repubblica.

Un altro Giovanni nel 1353 fu, per conto degli Sforza di Milano, Governatore di Genova.

Benedetto nel 1430 riscattò dai Saraceni il Re di Cipro.

Nel 1460 Babilano fece entrare la famiglia Pallavicini in quella dei Gentile: Antoniotto di Babilano nel 1489, Gio Batta di Cipriano 1517, Lazzaro di Nicola 1669, Opizzo di Paolo Geromino 1686 e Lazzaro Opicio di Geromino 1766, furono cardinali.

Nel 1528 con la riforma degli Alberghi i Pallavicino costituirono il sedicesimo Albergo.

Agostino di Stefano 1637,Gio Carlo di Paolo Geromino 1785 e Alerame di Sebastiano 1789 indossarono il mantello dogale.

Lunghissimo poi l’elenco di senatori, vescovi, ambasciatori, magistrati e uomini d’arte e numerose le ricche dimore delle quali forse la più prestigiosa è Villa delle Peschiere in via San Bartolomeo degli Armeni.

Il caruggio ospita al civ. n. 3 una pregevole edicola votiva di Madonna col Bambino a forma di medaglione.

Vicino sul lato del palazzo bombardato durante la seconda guerra mondiale resistono invece ancora tracce di fregi, archetti e laterizi medievali.

In Copertina: Salita Pallavicini con in primo piano il locale “La Cantina Clandestina”. Foto di Giovanni Cogorno.

Vico della Tartaruga

Nei pressi di Piazza di Pellicceria si incontra il vico della Tartaruga.

Il caruggio fa parte di quella seria di vicoli senza intestazione che, con la riforma toponomastica del 1868, si decise di intitolare a nomi di animali.
Fatto questo che mi ha sempre lasciato perplesso.

Con tanti personaggi infatti che hanno nobilitato nel corso dei secoli la storia, in particolare marittima, cittadina (penso ad esempio Benedetto Zaccaria e Lanzarotto di Malocello che sono ricordati solo a Pegli e i Pessagno a Sestri Ponente) non mi capacito come i funzionari preposti abbiano invece partorito, in ossequio alla moda del momento, una scelta così banale.


In Copertina: Vico della Tartaruga. Foto di Giovanni Cogorno.

Via Interiano

Via Interiano, dal nome dell’illustre omonima famiglia, collega la piazza del Portello con quella delle Fontane Marose.

Praticamente la via non è altro che quel breve tratto di strada sul retro di palazzo Agostino Pallavicino e il cortile di palazzo Interiano che corrisponde al civ. n 3 fino al civ. n. 1 di Via Garibaldi.

Capostipite del casato fu Iterio console di Genova nel 1106. Gli Interiano nel 1293 risultano essere i signori di Portovenere e nel 1350 costituiscono un loro proprio albergo confermato come il venticinquesimo nella riforma del 1528.

Nel 1435 Carlo e Luca Interiano figurano a capo di alcune galee genovesi durante la leggendaria impresa dell’assedio di Gaeta e della cattura del Re D’Aragona nello scontro di Ponza.

Giorgio nel 1496 fu governatore della Corsica e si distinse per il commercio dei platani e per i suoi numerosi viaggi nelle Indie.

Intanto sullo sfondo il Mirador di palazzo Nicolosio Lomellino domina il Portello.

In Copertina: Via Interiano. Foto di Sergio Bagna.

Vico Cuneo

Circa a metà di via Prè, superati i muri perimetrali del giardino di Palazzo Reale e di Piazza dello Statuto, sulla sinistra si incontra Vico Cuneo.

Vico Cuneo, anche per via della sua posizione non proprio strategica o di passaggio, è un caruggio sconosciuto ai più. Tuttavia muri, pietre e soprattutto il contrafforte che sorregge le due case ai lati, emanano il loro fascino senza tempo.

In Copertina: Vico Cuneo. Foto di Stefano Eloggi.

Salita di San Gerolamo

Ubicata nel quartiere di Castelletto Salita di San Gerolamo consta di due tratti: il primo quello inferiore che parte da Piazza Portello e sfocia in Piazza Villa, il secondo quello superiore che da quest’ultima attraversa le alture fino alla confluenza fra Salita Accinelli e Salita Emanuele Cavallo.

Qui esisteva la chiesa fondata nel 1405 intitolata al santo a cui è intestata la via.

Salita San Gerolamo. Foto di Leti Gagge.

Nella parte inferiore caratterizzata dalla classica mattonata tipica delle creuze genovesi si può ammirare il ponte canale dell’acquedotto medievale che si dirigeva verso il Castelletto.

Brani originali del Castelletto inglobati nei palazzi.

Nella parte superiore, molto più cementificata (a parte il pezzo finale), sono invece degne di nota un medaglione di Madonna col Bambino e un’antica lastra in pietra nera con un rilievo del trigramna di Cristo.

In Copertina: Salita inferiore di San Gerolamo. Foto di Leti Gagge.

Salita Coccagna

Nel cuore di Ravecca si trova la salita della Coccagna.

Sull’origine del toponimo sono state formulate diverse ipotesi:

secondo alcuni deriverebbe dal nome dell’omonima famiglia che aveva possedimenti in zona; secondo altri dalla tradizione di innalzare alberi della cuccagna durante le feste popolari.

Molto più probabilmente invece la genesi del caruggio sarebbe riconducibile alla voce dialettale cocagna che indica la sommità di un colle.

In effetti Salita della Coccagna rappresenta proprio il punto più in alto del tratto di mura del Barbarossa, detto delle murette, che degrada fino a via Ravasco.

Meritevoli di citazione nel vicolo sono un pregevole Medaglione con Madonna col Bambino, all’angolo con Passo delle Murette una settecentesca edicola sempre di Madonna con Bambino in sconcertante abbandono e, poco più avanti, resti di truogoli in pietra addossati al camminamento di ronda delle mura.

In Copertina: Salita della Coccagna. Foto di Stefano Eloggi.