Quando la Commenda venne dimenticata

Quando la Commenda era stata privata della sua quasi millenaria vocazione storica, religiosa e militare della città.

Quando venne inopinatamente destinata ad abitazioni private, botteghe, cantine e magazzini.

Persino bar e farmacia e le sue preziose arcate di pietra di Promontorio murate senza ritegno.

Quando addirittura dove l’Embriaco era tornato da eroe con le spoglie del Precursore e i tesori della Crociata c’erano le auto.

Il secolare Campanile a cinque guglie assiste incredulo. Chissà che dispiacere per Guglielmo di Voltaggio suo fondatore e per Ugo Canefri (S. Ugo) suo leggendario Priore.

“La Commenda negli anni ’50 del secolo scorso”.

Quando Via Caprera…

Quando il ponte di Via Caprera attraversava il sottostante rio Vernazza già a quel tempo sepolto sotto il cemento.

Quando la Via si arrampicava su di un pendio comunque ancora a carattere agreste e parzialmente disabitato.

Quando il traffico era rappresentato da tram, tombarelli e sporadiche automobili.

“Cartolina di Via Caprera a inizio ‘900”.

Quando a Brignole c’era la Caravella…

Quando nell’atrio della stazione ferroviaria di Brignole c’era la riproduzione della caravella (in realtà una caracca) di Colombo a ricordarci il significato del viaggio e della scoperta…

quando la “Santa Maria” costituiva per noi nati negli anni ’60 e ’70 un sicuro approdo ed un inconfondibile punto di ritrovo…

Dopo i lavori del nuovo millennio di riqualificazione della stazione la Caravella è stata trasferita.

Da qualche anno fa bella mostra di sè presso il Galata Museo del Mare.

Quando c’era il Ponte dei Savoia

Quando nel 1885 i Savoia costruirono il ponte che collegava direttamente la loro dimora genovese con la ferrovia e l’imbarcadero lontano da occhi indiscreti.

Quando, per far ciò, non si fecero scrupolo di abbattere la secolare chiesa di San Vittore.
Una parte della chiesa chiusa al culto venne inglobata nelle strutture del Palazzo Reale e una parte sacrificata per l’artificiosa creazione di Piazza dello Statuto.

La navata destra fu invece immolata per l’allargamento di Via Carlo Alberto (1831-39), odierna Via Gramsci.

Quando c’erano ancora i binari solcati dagli inconfondibili tram verdi della Uite.


Il ponte sabaudo fu abbattuto nel 1964 in occasione della costruzione della sopraelevata.

L’origine del toponimo genera ancora oggi confusione poiché tale posticcia appendice è sempre stata impropriamente chiamata Ponte Reale.

Il Ponte Reale, quello vero, invece era il passaggio che nei pressi di palazzo San Giorgio, attraversava il torrente “riale” di Soziglia che fungeva da raccoglitore delle acque del rio Bachernia e delle Fontane Marose.

Così rio, “ria” in lingua genovese, per storpiatura nel tempo si è trasformato in “reale” fomentando l’equivoco con il ponte chiamato alla stesso modo che collegava, il Palazzo Reale con l’imbarcadero direttamente in porto.

“Il Ponte Reale dei Savoia nei primi anni ’60 poco prima dell’abbattimento”.

… Quando c’era l’Osteria del Bai…

Leggenda narra che il cameriere addetto alla ricezione – credendolo uno scherzo – avesse risposto: “Eh sì… e io sono Naomi Campbell”… peccato che di lì a poco dalla limousine parcheggiata fuori, scese veramente l’attore americano accompagnato dalla Venere nera. I due erano di passaggio perché diretti a Venezia per il festival del Cinema.

Eh sì è proprio il caso di dire così perché la più antica osteria italiana da un paio d’anni ha chiuso tristemente i battenti.

Nato con il nome di “Osteria dei pini”(per via dei circostanti pini marittimi, uno dei quali spunta addirittura dal tetto) fra le mura di un antico fortino, il locale ha una storia plurisecolare legata ad eventi e personaggi famosi… come nel 1804 quando offrì ristoro a Papa Pio VII diretto alla volta di Parigi dove era atteso in Notre Dame per l’incoronazione a imperatore di Napoleone Bonaparte… oppure quando nel 1860 fu teatro della riunione, con relativo brindisi bene augurante, dello stato maggiore di Garibaldi prima di partire per la celebre impresa dei Mille.

Non solo storia ma anche gossip… come quella volta che, a metà anni ’90, all’ingresso si presentò un elegante chauffeur per prenotare un tavolo a nome De Niro.

Leggenda narra che il cameriere addetto alla ricezione – credendolo uno scherzo – avesse risposto: “Eh sì… e io sono Naomi Campbell”… peccato che di lì a poco dalla limousine parcheggiata fuori, scese veramente l’attore americano accompagnato dalla Venere nera. I due erano di passaggio perché diretti a Venezia per il festival del Cinema.

Il locale era pieno e, per far posto alla celebre coppia, i proprietari invitarono, offrendogli la cena, a sgomberare il tavolo in fretta e furia.

La leggenda delle statue del Ponte di S. Agata…

I brutti ceffi, colti dalla lussuria, si tuffarono in acqua cercando di concupire le ragazze ma non riuscirono nel loro malvagio proposito. Al posto delle fanciulle trovarono sei statue di donna di marmo bianco.

Il Ponte S. Agata è stato costruito in tempi lontanissimi (prima del 1100) per agevolare il tragitto dell’antica via romana tra Genova e Luni e in seguito ha svolto la funzione di  collegamento fra le ville di Terralba e quelle di Albaro. Il ponte è stato silente, coraggioso, ma impotente testimone di innumerevoli alluvioni, non ultima quella del 1970 rimasta tragicamente negli annali.
Un’antica leggenda che ci riporta al 5 febbraio del 1693 lo definisce come il “Ponte dei Misteri”.
Era il giorno della Fiera di Sant’Agata, mercato che si svolge tradizionalmente anche ai giorni nostri.

Un gruppo di sei novizie Carmelitane si era recato al mercato per acquistare anatroccoli, alberi da frutto e tutto ciò che necessitava per il convento quando si presentò loro davanti una minacciosa banda di biechi personaggi provenienti dal vicino colle di San Martino.  Le monache terrorizzate fuggirono verso il ponte e si gettarono nel letto del fiume Bisagno il cui alveo risultava ancora in parte insabbiato dal terreno alluvionato.
I brutti ceffi, in preda alla lussuria, si tuffarono in acqua cercando di concupire le ragazze ma fallirono il loro malvagio proposito perché al posto delle fanciulle trovarono sei statue di donna di marmo bianco.

… Quando in Via Nino Bixio…

Quando Via Nino Bixio nel 1874 era da poco in fase di costruzione. Fino ad allora la zona aveva ospitato ville di nobili famiglie impreziosite da sfarzosi giardini e colorati orti.

Quando Via Nino Bixio nel 1874 era da poco in fase di costruzione. Fino ad allora la zona aveva ospitato ville di nobili famiglie impreziosite da sfarzosi giardini e colorati orti.  Quando non c’erano ancora banche, bar, supermercati ed esercizi commerciali vari e nemmeno la statua eretta  in onore del generale garibaldino nell’antistante Piazza Rocco Piaggio.

Quando i bimbi immortalati dal fotografo, compreso quello assiso sul suo primordiale triciclo, rimanevano ancora affascinati da quel magico prodigio chiamato fotografia. Oggi come allora la Basilica dell’Alessi, secolare testimone, osserva imperturbabile la scena.

Quando Via Nino Bixio nel 1874 era da poco in fase di costruzione. Fino ad allora la zona aveva ospitato ville di nobili famiglie impreziosite da sfarzosi giardini e colorati orti.
“Scatto di Via Bixio nel 1906”.

… Quando Cassius Clay…

Quando nell’ottobre del 1971 “The Greatest” partecipò ad un’esibizione al Palasport sponsorizzata da Zeffirino. In quell’occasione il clou della serata era il combattimento davanti a 15000 spettatori per la difesa del titolo mondiale dei welter junior di Bruno Arcari anche se tutta l’attenzione fu rivolta alla scenografica presenza di Alì.

“Posa scherzosa fra Bruno Arcari e Mohammed Alì”.

Luciano Belloni, titolare dello storico locale, aveva conosciuto il grande pugile grazie all’amicizia con Frank Sinatra e lo aveva ospitato per alcuni giorni accompagnandolo in giro per la Superba. Durante una di queste serate Mohammed Alì fu protagonista di un singolare aneddoto secondo il quale sarebbe stato provocato e sfidato da un inglese brillo. Al suddito di Sua Maestà sarebbe stato consigliato, per non fare una brutta fine, di allontanarsi. Consiglio, per fortuna accettato, visto che i sorrisi di circostanza del Campione si stavano pericolosamente tramutando in smorfie di disappunto.

Narrano le cronache del tempo che Mohammed apprezzò sì il pesto di Zeffirino ma si fece una scorpacciata di 300 grammi di spaghetti conditi con quasi mezzo chilo di ragù arricchito da sei polpette formato “peso massimo”.

… Quando Manuel Fangio era al volante…

Questo pacioso signore con il gomito fuori dalla portiera, in dolce e sorridente compagnia, sorpreso a scorrazzare lungo l’Aurelia è nientepopodimeno che Juan Manuel Fangio, il più grande pilota automobilistico della storia. Il penta campione del mondo aveva partecipato a fine anni ’40,  prima ancora che venisse organizzato il campionato di Formula Uno, a diverse gare a ruote scoperte compreso il Gran Premio di Sanremo. Fu così che il fuoriclasse argentino ebbe l’occasione di conoscere ed apprezzare le nostre riviere, in particolare Santa Margherita e Portofino a levante e Sanremo e Bordighera a ponente, luoghi che continuò a frequentare anche a carriera conclusa.

… Quando c’era la Torre Piloti…

Quando al molo Giano c’era la Torre dei Piloti dal 1937 vegliata dalla statua della Madonna della SS. Concezione che sovrintendeva a tutte le attività portuali. La Vergine scolpita nel 1638 da Bernardo Carlone era in origine collocata a ornamento della Porta della Lanterna e, quando questa nel 1877 fu demolita, venne temporaneamente trasferita nell’Oratorio di Sant’Antonio della Marina.

Poggiava su un basamento di teste di cherubini da cui spuntava una mezzaluna. Nella mano destra impugnava lo scettro mentre, nella mano sinistra reggeva il Bambinello con in mano il globo”.

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La Madonna Regina oggi.

Fra la metà degli anni Novanta e il 1997 la vecchia torre venne affiancata dalla nuova concepita sia come sede del corpo piloti che come centro di coordinamento di un’area ininterrotta di 22 chilometri di fascia costiera dedicata alla movimentazione di persone e merci dello scalo genovese.

La nuova torre alta 50 metri aveva una sala di controllo,  di 165 metri quadri di superficie, che si stagliava, per meglio controllare l’arco portuale, a 40 metri dal suolo.

“Vecchia e nuova torre piloti”.

L’area portuale genovese  è dotata di circa 20 terminal privati attrezzati per accogliere ogni tipo di nave per ogni tipo di merce: contenitori, merci varie, prodotti deperibili, metalli, forestali, rinfuse solide e liquide, prodotti petroliferi e passeggeri.

Il Corpo Piloti è attivo 24 ore al giorno, tutto l’anno ed è composto da 22 membri che hanno a disposizione 6 pilotine. La loro sede era la torre sulla testata del Molo Giano dotata di ogni moderna strumentazione possibile immaginabile. Si legge sul sito del Consorzio:  «La sala controllo è provvista di impianti VHF per l’ascolto simultaneo dei canali di soccorso e di quelli di uso portuale, di impianti telex e fax, stazione meteo oceanografica automatica e di impianti AIS (Automatic Identification System) per la copertura dell’intera area portuale»

Il 7 maggio 2013 a causa di una manovra errata della la moto nave Jolly Nero che urtò la torre piloti, la loro sede crollò e alcuni di loro persero tragicamente la vita.