Sant’Antonio in Vico delle Erbe angolo Vico Notari

In Vico delle Erbe, all’angolo con Vico Notari, è possibile ammirare la settecentesca edicola dedicata a Sant’Antonio realizzata in stucco con statue di marmo. L’imponente edicola presenta il Santo inginocchiato in adorazione, rivolto verso l’alto dove, alla sua destra, da una nuvola con teste di cherubini, come da copione, spunta il Bambinello. Il tabernacolo è sovrastato da una grande raggiera dorata con il trigramma di Cristo e un  cuore trafitto contornato, anch’esso, da teste di cherubini.

Il Bacinetto di carenaggio

Tra le nubi che lentamente si colorano di blu filtra la luce di un tramonto che prepara la sua danza d’amore intorno alla città vecchia e al suo porto.

Gli alberi delle vele in primo piano e la Lanterna sullo sfondo sembrano sfidare il cielo.

Protagonista assoluto, come in un quadro di Rubens (“rosso” appunto in latino), il rosso della chiusa del “Bacinetto” di carenaggio davanti alla Darsena (dàrsena: dall’arabo dārināa «casa dell’industria; fabbrica», attraverso la lingua genovese) di fronte a Porta dei Vacca.

Tale struttura tuttora adibita alla manutenzione dei rimorchiatori portuali  è il più antico bacino di carenaggio in pietra del Mediterraneo.

La Grande Bellezza…

Foto di Leti Gagge.

Edicola della Madonna Assunta

In Via Bensa al civ. n. 2 sul prospetto del Palazzo di Giacomo Lomellino si può ammirare a settecentesca Madonna dell’Assunta. La pregevole edicola è attribuita al celebre scultore Bernardo Schiaffino. Fino al 1820 a sua collocazione originaria, prima di essere qui trasferita, era in Via Lomellini. All’interno del tabernacolo, protetta da un vetro, è custodita la statua della Vergine. Di particolare rilievo sono i due angeli alati a colonna.

Alla base campeggia l’epigrafe “Mariae Patronae Coelesti MDCCCXX. La nome della via è legata al nome di un noto giurista genovese ottocentesco e non si conosce quale fosse il nome della strada in precedenza.

Madonna Immacolata in Campetto

All’angolo con Campetto s’incontra un’immagine della Madonna dell’Immacolata Concezione del XVII sec., una delle edicole più note e meglio conservate del centro storico: la Vergine è rappresentata in posa estatica fra ondulati drappeggi  con trionfo di angeli in cornice. Sul cartiglio alla base il celebre  motto: “Imperet et Impetret” (che la Vergine imperi e interceda).

La Gru del Mandraccio

Dove oggi sorge l’area recuperata del Porto Antico un tempo pulsava il cuore laborioso della città:

“Del mare avevo un’idea approssimativa, non però della vita in un porto. Vagoni ferroviari, minacciose gru a vapore, carichi di merce e uomini lungo argini di solida muratura, funi da scavalcare. Sfuggire ai barcaioli: «Giro del porto, panorama della città!», «Le navi da guerra americane!», «I fari!», «Il mare!». Sedersi sui grossi cavi di ferro. Clima insolito. Piroscafi da Liverpool, Marsiglia, Brema, la Spagna, la Grecia, l’America. Rispetto per la grandezza del globo terrestre. Centinaia di vapori accanto a innumerevoli vaporetti, velieri, rimorchiatori. E gli uomini, poi? le figure più strane, col fez. Qui, sugli argini, emigranti, italiani del Sud, accoccolati al sole (come lumache), gesticolare da scimmie, madri con lattanti al petto, i bambini più grandicelli che giocano e si bisticciano. Un vivandiere si fa largo con un recipiente fumante di «frutti di mare». Colpisce l’odore d’olio e di fumo. Donde proviene? Poi gli scaricatori di carbone, belle figure robuste, il torso nudo, agili e veloci, col carico in groppa (in testa un fazzoletto, a riparo dei capelli), sulla lunga passerella su al magazzino, per la pesatura. Poi, liberi, per un’altra passerella giù al piroscafo, dov’è pronta un’altra cesta piena. Così in incessante giro, uomini abbronzati dal sole, neri di carbone, rudi, sprezzanti. Lì un pescatore. L’acqua schifosa non può contenere nulla di buono. Non pesca nulla, e neppure gli altri. Gli arnesi: una corda, con un sasso attaccato, una zampa di gallina, un mollusco.
Sugli argini case e magazzini. Un mondo a sé. Noi semplici oziosi. Eppure fatichiamo, almeno con le gambe”. Cit. Paul Klee.

“Lapide presso Calata Cattaneo sul muro dell’edificio del Millo che omaggia i lavoratori portuali genovesi”

La gru di Calata Mandraccio trasformata a monumento di quel tempo eroico funge da sentinella della memoria quando la Compagnia dei Caravana faticava sulle banchine dei vecchi moli.

“Ammirerai il molo opposto al mare e il porto, opera dell’uomo, di inestimabile valore e di molto lavoro, che invano colpiscono le quotidiane tempeste“. Francesco Petrarca.

La Grande Bellezza…

Portale di Piazza della Lepre 9

Il Portale di Piazza della Lepre n. 9 del Palazzo Grimaldi già Di Negro del XVI sec. risulta molto simile a quello di epoca successiva, altrettanto straordinario, di Palazzo Garibaldi.

Sovrapporta scolpito in pietra nera ad arco tondo con medaglioni imperiali fra nastri svolazzanti. La trabeazione è decorata con due angeli alati che recano uno stemma abraso con testa di cavallo. I sovracapitelli sono intarsiati con pissidi con uccelli esotici, forse cicogne.

Proprio sotto il n. 9 si nota, particolare curioso, il n.400 retaggio ormai sbiadito dell’antica numerazione della ripartizione in sestieri.

All’interno del palazzo, lungo le rampe di scale, si trovano brani di azulejos tra i meglio conservati della città.

La Fontana del Genio Marino

La fontana di Piazza Colombo recentemente restaurata un tempo si trovava sul Ponte Reale davanti a Palazzo S. Giorgio.

Nel 1643 fu commissionata dai facoltosi membri dei Protettori delle Compere a Pier Antonio e Ottavio Corradi (i progettisti della vasca) e realizzata da Giambattista Garrè. I quattro delfini capovolti invece sono opera di G.B. Orsolino mentre la statua alata, allegoria della fama, aggiunta nel 1673, è stata scolpita da Jacopo Garvo.

La fontana venne traslocata da Ponte Reale a Piazza Colombo nel 1861 per abbellire la nuova piazza ottocentesca voluta dall’architetto Resasco. Non solo bellezza ma anche utilità visto che il barchile fungeva da abbeveratoio per cavalli e muli provenienti dalla campagna che vi transitavano carichi di verdure verso il Mercato Orientale.

Oggi i suoi marmi sono stati ripuliti dalla fuliggine che la anneriva e riportati all’antico splendore.

Nella piazza infine due lapidi meritano menzione: la prima ricorda i caduti sotto i bombardamenti dell’ultima guerra, la seconda omaggia la casa Natale del poeta dialettale Edoardo Firpo.

La Grande Bellezza…

“La Fontana del Genio Marino”. Foto di Leti Gagge.

Edicola Vico Salvaghi

All’angolo fra Vico Salvaghi e Vico Gattagà si può ammirare la settecentesca edicola della Madonna col Bambino. I due caruggi devono il nome a due antiche famiglie di epoca medievale: gli Streggiaporco la prima, fondatori di San Marco al Molo, che si mutarono il cognome in “Serveghi”e Gattagà, appunto la seconda, dalla schiatta originaria di Voltri.

La Vergine e il Pargolo sono incoronati e sporgono dal basamento in ardesia sorretto da un cartiglio a forma di cuore la cui scritta è andata perduta.

Il panneggio degli stucchi occupa l’angolo dell’edificio degradando ai lati con due angeli alati e teste di cherubini.

In copertina: Edicola tra Vico Salvaghi e Vico Gattagà. Foto di Stefano Eloggi.

La Colonna ottagonale

Vico Denegri prende il nome dalla nobile famiglia Dinegro originaria di Portovenere.

Per via della presenza in loco delle botteghe della corporazione dei distillatori il caruggio era anticamente noto come Vicolo dell’Acquavite o degli Acquavitai.

Qui ha sede, anche se l’ingresso principale dell’edificio è in Via San Luca n. 2, la loggia del Palazzo di Ambrogio Di Negro.

A fianco una lapide recita: “Il Nome di Questo Vicolo Ricorda / Andalò Di Negro / Tra i Sapienti dell’età sua sapientissimo / 1300.

Andalò intraprese numerosi viaggi in qualità di ambasciatore sia nel Mediterraneo che in tutta Europa. Fu maestro e amico di molti suoi illustri contemporanei come Marco Polo e Boccaccio. Come testimoniato da alcuni suoi scritti conservati in diverse biblioteche europee il Di Negro fu anche medico, chimico, scienziato e poeta.

Al civ. n. 4 la loggia con due grandi arcate a sesto acuto, tamponata con un’ampia vetrata, si distingue per la presenza di una strepitosa colonna ottagonale in pietra bianco nera. In cima i resti di un capitello sul quale si possono ancora ammirare tracce di un volatile.

La Grande Bellezza…

In copertina Vico Denègri. Foto di Stefano Eloggi.