… Quando suonavano i Beatles…

Giunsero a Genova il 25 giugno e alloggiarono al Columbia Excelsior in Via Balbi, vicino alla stazione ferroviaria di Piazza Principe.

Quando, come molti illustri viaggiatori del passato, si fecero scorrazzare sulle alture per poter ammirare il panorama della Superba e del porto illuminato di notte.

Non contento George Harrison giunse sino a Sori per fare un bagno in mare.

Quando il 26 giugno 1965 al Palasport si esibirono, nella loro unica tournée italiana, i Beatles.

Salirono sul palco due volte per poco più di mezz’ora nello stesso giorno: davanti a 5000 spettatori nel pomeriggio, 15000 alla sera.

Oltre a Genova, scelta da Mc Cartney perché città di mare come Liverpool i Beatles, dopo essersi esibiti a Milano, suonarono infatti solo a Roma.

Il bassorilievo di San Siro

Sul pilastro centrale del palazzo Castellino Pinelli sito in Via San Siro 2, si trova una piccola targa del 1580 che racconta il miracolo di San Siro che sconfigge il Basilisco.

Il bassorilievo è collocato nella posizione dove si presume fosse collocato il pozzo infestato dal mostro.

Narra la leggenda che il gallinaccio con la coda di serpe ammorbasse l’aria con il suo alito nefasto.

S. Siro, metafora della potenza della preghiera sulla falsità dell’eresia ariana, lo fece uscire dal pozzo impartendogli un deciso comando e lo condusse in mare dove annegò.

L’epigrafe scolpita sulla tavella recita:

Hic Est Puteus Ille / Ex Quo Beatissimus Sy / Rus Eps Ondam Ianven / Exthrasit Durum Ser / pentem Noie Ba / Xiliscum / In CCCCC/ LXXX.

Piazza Giustiniani

Dal colle del Brolio si dipanava, per sfociare in mare, la chiavica lunga, il rio da cui il toponimo della zona medievale.

A fianco del fossato si ergevano le mura della seconda cinta muraria cittadina (di cui si ha notizia) demolite, per riutilizzare i conci nella costruzione di nuove case, intorno all’anno 1000.

Nel XIV secolo, con la definitiva copertura della chiavica e con l’abbattimento delle ultime abitazioni in legno, la contrada cambiò completamente assetto.

Fu allora che la nobile famiglia dei Giustiniani iniziò qui la costruzione dei propri sontuosi palazzi.

Allargò, sul tracciato del vecchio rivo, il caruggio che divenne così ampio da costituire la più importante e frequentata arteria della città.

Fra questi il principale edificio è senz’altro quello di Marcantonio Giustiniani realizzato per volere del cardinale Vincenzo, generale dell’ordine dei domenicani, successivamente intitolato in onore dell’illustre doge veneziano.

L’imponente struttura in realtà è il risultato dell’accorpamento di due edifici medievali avvenuto a partire dal XVII sec.

Sulla sinistra della piazzetta è conservato ancora un brano dell’originale pavimentazione in laterizio.

All’esterno il palazzo presenta un semplice portale con cornice marmorea con arco a tutto sesto sormontato dallo stemma di famiglia.

L’elegante facciata è invece un tripudio di decorazioni architettoniche a fresco con disegnate le insegne del casato e busti sulle finestre.

Sul lato destro è incastonato il celebre leone di San Marco preso a Trieste nel 1380 dopo la battaglia di Chioggia.

“L’atrio con scaloni e ninfeo”.

Varcato il portone si apre un atrio colonnato con maestosa volta a padiglione:

quattro porte in pietra nera sovrastate da busti marmorei, realizzati da Bartolomeo Spazio e Daniele Solaro, rappresentano personaggi illustri della famiglia (il cardinale Benedetto,il doge Francesco Vincenzo, il poeta Giuseppe e il generale domenicano Vincenzo).

Immancabile sulla sinistra, a testimonianza dell’indiscusso prestigio del ramo genovese dei Giustiniani, un bassorilievo in pietra di San Giorgio e il drago, fra due stemmi.

Sulla destra si trova, allegoria dell’Abbondanza, un altro bassorilievo in marmo con cornucopie, genietti e festoni.

Sotto, a cementare il legame del sovranazionale casato con la città, è posta una piccola e recente edicola in ceramica della Madonna della Guardia.

Sul fondo dell’atrio si aprono due scenografici scaloni con al centro uno spettacolare ninfeo con la statua in groppa di un delfino e vasca decorata con stemma di famiglia e teste di leone.

Da qui si accede a quella che, all’angolo fra i due palazzi originari, era la loggia. Venne chiusa a metà del ‘800 in concomitanza con la sopraelevazione di due piani del palazzo.

Nella loggia con colonne doriche è collocato un secondo ninfeo senza vasca, con volta a conchiglia e un grande pesce in stucco.

La Grande Bellezza…

Foto di Bruno Evrinetti.

Una città difficile da capire

“Genova digerisce e supera tutte le sue crisi, attaccandosi tenacemente al presente. […] Città che sembra chiusa, incapace di slanci, e poi reagisce sempre nel modo più diretto alle occasioni decisive: supera il declino della Repubblica marinara mettendosi alla testa del movimento risorgimentale per l’unità italiana; supera la crisi della sua industria pesante protezionistica ritrovando l’efficienza con l’industria a partecipazione statale; al termine della guerra disastrosa salva il suo porto con una delle più riuscite insurrezioni partigiane d’Europa, costringendo — fatto unico nella storia — un’armata tedesca di 30 mila uomini ad arrendersi a un comitato di cittadini; questa città che oggi è un campo di lotte sociali in cui le forze opposte si fronteggiano con meno mediazioni e sfumature che altrove; questa città che è difficile da capire, perché parla poco, ma certo non gira a vuoto”.

Cit Italo Calvino( 1923 – 1985) romanziere.

Foto di Bruno Evrinetti.

In via di S. Croce

“Se questi muri sapessero parlare, anche le strade potrebbero arrossire” cantavano De Andre’ e Baccini in “Genova Blues”.

In via di Santa Croce, l’omonima chiesa faceva parte di quella rete litoranea di ostelli ed hospitali destinati all’assistenza dei pellegrini diretti o di ritorno dalla Terra Santa.

In questo edificio oggi scomparso, luogo di culto della comunità lucchese, era custodito un simulacro del crocifisso, da non confondersi con il Cristo Moro, del celebre “Volto Santo” tanto venerato in patria dai toscani.

Il crocifisso del Cristo Moro così caro ai genovesi, oggi ricoverato in S. Maria di Castello, invece un tempo si trovava in una cappelletta sottostante il vicino monastero di San Silvestro.

Foto di Daniela Castagnino.

La Grande Bellezza…

In Piazza inferiore del Roso

In Piazza inferiore del Roso sul muro di contenimento del giardino del palazzo dell’Università di via Balbi n. 4 si trovano i resti di un’edicola votiva ed un’antica lapide.

Di quel che rimane dell’edicola ormai nel più completo abbandono non si hanno significative notizie.

La lapide invece racconta della concessione, riservandosene comunque i diritti, per l’utilizzo pubblico dell’acqua rilasciata dal proprietario Francesco Balbi:

“MDCXLVII. Idibvs Ianvarii. / Hanc. Aqvam Pvblico Commodo / Sponte Permisit. Franciscvs Ma / Balbi. Cvivs.

Qvoque / Beneplacito. Ivseam / Denegandi. Resevatvr.

L’orgoglio della città

“Credo che l’orgoglio della città sia il porto, con la sua grande capacità e che il testamento dell’ultimo duca di Galliera, il quale ha lasciato quattro milioni di dollari per il suo ampliamento e per il miglioramento delle attrezzature, ne farà senza dubbio uno dei più grandi scali commerciali di Europa.”

Cit. Henry James (1843 – 1916) scrittore americano.

La Grande Bellezza…

… Quando c’era il birrificio del Sol Levante…

Quando a Genova nel 1914, fra le innumerevoli attrazioni dell’Expo d’Igiene e delle Colonie della Marina, c’era anche la birreria giapponese.

Nella curiosa struttura a chalet che ospitava la delegazione del sol levante, oltre alla birra vera e propria accompagnata ai fagioli di soia e calamari essiccati o al tradizionale Sakè si potevano degustare bevande a base di soia, riso e mais e altre specialità orientali come l’allora poco noto sushi.

… Quando in vico delle Monachette

Tra Via Prè e Via Balbi “nei quartieri dove il sole del buon Dio non da i suoi raggi..”, si trova Vico delle Monachette, il caruggio più stretto della Superba, appena settantanove centimetri di larghezza!  

In un’anonima abitazione di questo piccolo vicolo nel 1857 trovò rifugio, ricercato dalla polizia sabauda, Giuseppe Mazzini che si trovava in città per organizzare un’insurrezione.

Foto di Alfred Noack 1880 circa.