Le Sciamadde

Le sciamadde, dal termine genovese sciamadda ovvero “fiammata”, costituiscono caratteristico patrimonio della gastronomia genovese.

Difficile raccontarle perché, un po’ friggitorie, un po’ rivendite di torte, un po’ forni, un po’ rosticcerie, vanno frequentate, vissute e annusate.

Eppure questi spartani locali con le pareti rivestite con le classiche piastrelle bianche, il bancone di marmo e i tavoli di legno tipo osteria, custodiscono i sapori più autentici della tradizione.

Interno dell’Antica Sciamadda di Via San Giorgio. 14r Foto di Maurizio Romeo.

La loro origine risale intorno al tardo ‘600 quando Genova aveva il monopolio del sale. Le sciamadde, fornite di forni dove si potevano anche cuocere torte e focacce, venivano infatti utilizzate come vendita al dettaglio del prezioso minerale.

La principale caratteristica della sciamadda è proprio la proposta delle: torta di bietole, di cipolla, di riso, di carciofi e Pasqualina non possono mancare.

Le torte sul bancone dell’Antica Sciamadda di Via San Giorgio 14r. Foto di Maurizio Romeo.

Così come non possono mancare il polpettone e le verdure ripiene, la farinata, la panissa sia fritta che condita con olio e aceto o limone, i friscioeu e i cuculli.

I friscioeu sono frittelle aromatizzate con salvia tritata e/o rosmarino, maggiorana ed erba cipollina. I cuculli sono identici ma preparati con la farina di ceci al posto di quella zero.

Antica Sciamadda di Via San Giorgio 14r.

Questi luoghi del gusto povero, popolare ma sincero, veri antesignani del moderno street food, vanno purtroppo scomparendo.

Le sciamadde raggiunsero infatti la massima diffusione a cavallo tra ‘800 e ‘900 quando nei caruggi si potevano trovare un po’ ovunque. Oggi, a presidiare il territorio e a preservare la tradizione -spero di non averne dimenticato qualcuna- ne rimangono circa una decina: Trattoria Sciamadda di Ravecca 19r, Antica Friggitoria Carega in Sottoripa 113r, Le Delizie dell’amico in Canneto il Lungo 31r, Antica Sciamadda in Via San Giorgio 14r, Sa Pesta in Via dei Giustiniani 16r, Farinata dei Teatri in Piazza Marsala 5r, Ostaja San Vincenzo nell’omonima via al 64r, da Domenico in Piazza Giusti 56r, Franz & Co in Via Struppa 81r e Ristorante Vexima a Voltri in Via Cerusa 1r.

Buon appetito!

In copertina: La Sciamadda di Ravecca. Foto di Stefano Eloggi.

Palazzo Cicala

Al civ. n. 6 di Piazza dell’Agnello si trova il Palazzo di Vincenzo e Carlo Pallavicino, l’edificio più importante della piazzetta, noto anche come Pallavicino Richeri o Palazzo Cicala.

Fu progettato da Bernardino Cantone nel 1542 su precedenti proprietà e, nella parte esterna, era decorato con sfarzosi affreschi di Lazzaro Calvi, lo stesso magnifico artista che ha realizzato le pitture del Palazzo Antonio D’Oria (Prefettura). Oggi di queste splendide opere rimane solo una traccia sbiadita che meriterebbe un adeguato restauro.

Il portone a colonne doriche che poggiano su basi decorate con fregi di teste di leone, meduse, trofei di guerra è attribuito ai grandi maestri antelami rinascimentali (provenienti dal comasco e dall’alta Lombardia) Giacomo della Porta e Nicolò da Corte.

Non mancano purtroppo le insensate scritte, firma indelebile dell’ignoranza di chi le ha prodotte, ad imbrattare i muri.

Sull’architrave risaltano due sinuose figure femminili adagiate su un letto di cornucopie ricche di fiori e frutti, che rappresentano le virtù. In origine le due statue reggevano lo stemma del Casato che è andato perduto.

Al primo piano le finestre con gli archi a tutto tondo sono nobilitate da tre sculture di Tritoni che sorreggono panoplie. Non si conosce con certezza l’autore di tali opere tuttavia secondo alcuni studiosi sarebbero addirittura riconducibili nientepopodimeno che al Montorsoli (chiesa di S. Matteo e relativa Criptagiardini Villa del Principe).

La Grande Bellezza…

In copertina: Palazzo Cicala. Foto di Stefano Eloggi.

Scorci di Canneto

L’origine del toponimo rimanda alla presenza dei cannicci che costeggiavano il tragitto che degradava dal Piano di S. Andrea al mare.

Fino al X secolo il Canneto segnava il confine dell’antico castrum ed era fiancheggiato dalle prime mura cittadine che proprio in quel periodo vennero ampliate per inglobare il palazzo Fieschi (futuro Ducale) e la Cattedrale.

Il budello che si immette nel ventre cittadino è tradizionale meta degli acquisti alimentari natalizi.

Numerosi sono gli spunti storici artistici che si possono cogliere in questo caruggio.

Ad esempio in questo scatto sul lato sinistro s’intravede il cinquecentesco sovrapporta del civ. 67a/r con San Giorgio che uccide il drago.

Di fronte invece si scorge il profilo del contemporaneo portale del palazzo De Franceschi al civ. 72r.

In copertina: Canneto il Lungo. Foto di Leti Gagge.

Vico dei Garibaldi

All’imbrunire le luci serotine illuminano le attività commerciali e le botteghe artigiane di vico dei Garibaldi.

L’origine del toponimo rimanda all’omonima famiglia proveniente da Neirone sopra Chiavari.

Costoro furono tra i membri della maona dei Giustiniani. Nel 1393 Francesco di Domenico fu eletto Doge.

Con la riforma doriana del 1528 il cognome fu ascritto agli Alberghi dei Lomellini ed Interiano.

Simone di Lorenzo nel 1547 fu uno dei cospiratori a fianco di Gian Luigi Fieschi nella famosa congiura filo francese.

I Garibaldi nei secoli successivi fornirono numerosi senatori della Repubblica.

Giuseppe l’eroe dei due mondi discende da un ramo, emigrato a Nizza, di questa schiatta.

La Grande Bellezza…

In copertina: Vico dei Garibaldi. Foto di Alessandro Ale.

Edicola in Via al Ponte Calvi

Al civ. n 1r di Via al Ponte Calvi, quasi all’angolo con Sottoripa, si incontra l’edicola della Madonna della Misericordia.

La statuetta originale scomparsa è stata sostituita con una copia di discreta fattura.

La Vergine tiene in braccio un Gesù ormai grandicello.

Il tempio è realizzato con marmi policromi e alla base reca L’iscrizione:

Nostra Signora / del / Carmine / Anno 1816.

In copertina: L’edicola di Via al Ponte Calvi. Foto di Stefano Eloggi.

Curiosando per il Fossatello

La piazza e la via del Fossatello occupano la zona che in epoca romana era nota come il Campo di Marte, ovvero quello spazio destinato ad accampamento dove si svolgevano le esercitazioni militari.

Prima dell’erezione nel 1155 delle mura del Barbarossa il Fossatello era una zona di campagna extra moenia attraversata da un ruscello, il rio Fossatello appunto, caratterizzata da sparute casupole in legno.

Piazza Fossatello. Foto di Leti Gagge.

A partire dal 1158, quando la contrada era ormai dentro le mura i Piccamiglio, proprietari della maggior parte delle abitazioni in zona, vi costruirono la piazza.

La torre di Piccamiglio spunta fra i tetti. Foto di Stefano Eloggi.

Nel 1308 si ha curiosa notizia della presenza in loco di bagni pubblici adibiti ai soli uomini.

Dal 1540 al 1870, quando fu trasferito in Piazza Bandiera, la piazza ospitò il mercato di frutta e verdure.

La fontana di Piazza Bandiera. Foto di Leti Gagge.

Per soddisfare la conseguente necessità di acqua la piazza nel 1844 fu dotata di una fontana fatta pervenire appositamente da Soziglia.

Al civ. n. 2 della piazza si incontra il cinquecentesco Palazzo Babilano e Cipriano Pallavicini.

Il portale originario dell’edificio, attribuito ai fratelli Michele e Antonio Carlone, venne venduto al Victoria Albert Museum di Londra.

Prospetto del Palazzo Pallavicino. Foto di Leti Gagge.

Nel 1840 lo stabile fu svuotato e rialzato. Il prospetto completamente ripensato adornato in stile neoclassico con statue, putti sui timpani delle finestre e un cornicione con medaglioni imperiali e fiori.

Al civ. n. 9r si nota invece una nicchia che accoglie la statua di San Giovanni Battista benedicente.

Edicola di San Giovanni Battista.

Al civ. 3r ecco un’altra edicola di Madonna col Bambino con struttura originale settecentesca e dipinto moderno dell’artista Ugo Lombardo.

Edicola di Madonna col Bambino. Dipinto di Ugo Lombardo.

All’angolo fra la via e la piazza ecco un palazzo medievale con sulla facciata brani in pietra bianca e nera.

Qui nei quattro grandi archi ogivali tamponati a piano strada ha sede l’antica e rinomata Pasticceria Liquoreria Marescotti.

Liquoreria Marescotti. Foto di Leti Gagge.

Al civ. n. 2 purtroppo in pessime condizioni l’elaborato cinquecentesco portale attribuito ai maestri toscani Donato Benti e Benedetto da Rovezzano.

Portale di Via Fossatello n. 2

All’incrocio con Vico San Pancrazio è possibile poi ammirare la secentesca Madonna del Cardellino. La peculiarità di questa edicola sta nel fatto che è costituita da due elementi distinti: un dipinto della Vergine ad olio su ardesia il primo, un baldacchino sempre di ardesia sopra che accoglie il Padre Eterno Benedicente in stucco, il secondo.

La Madonna del Cardellino.

In copertina: Piazza del Fossatello. Foto di Leti Gagge.

Piazza del Portello

Piazza del Portello così nominata per via della porta delle mura del XII secolo posta a quel tempo più o meno all’imbocco dell’odierna via Caffaro.

Tale Portello fu poi demolito nel 1855 insieme all’attiguo Conservatorio delle monache Interiane.

Al centro spicca sopra la galleria Giuseppe Garibaldi, aperta nel 1897 e ampliata nel 1927 la torre del Mirador che, con la sua singolare forma a minareto, impreziosisce il giardino del Palazzo Lomellino di via Garibaldi n 7

Sopra le statue di San Giorgio e San Giovanni che adornano il tunnel opera dello scultore Antonio Maraini, vi furono invece collocate nel 1930.

La Grande Bellezza…

In copertina: Piazza del Portello. Foto di Stefano Eloggi.

Vico Denegri

Vico Denegri costituisce tipico esempio delle suggestive atmosfere che si possono respirare nei nostri vicoli.

Il caruggio deve il suo nome all’omonima famiglia originaria di Portovenere.

Il capostipite di tale schiatta fu nel XII secolo un tal Manfredo detto, probabilmente per il colore brunito della sua carnagione, il Negro. Da qui quindi l’origine del cognome del casato.

Fra i membri dei Di Negro si segnalano illustri ammiragli: Guglielmo nella missione del 1205 per difendere Siracusa, Giacomo di Ottone nel 1257 contro i Pisani, Luchino di Galeotto nel 1330 al servizio del re di Napoli Roberto D’Angiò.

Salvago Di Negro nel 1334 fu invece straordinario capitano che al comando di 10 galee sconfisse la temibile e più numerosa flotta catalana.

Degna di menzione anche Franceschetta di Sigismondo che nel 1447 dette alla luce la futura Santa Caterina di Genova, ovvero Caterina Fieschi Adorno.

Nel 1528 i Di Negro formarono (a parte un ramo già confluito nei Giustiniani) il quarto albergo della riforma doriana.

Nel 1585 Ambrogio di Benedetto fu Doge e numerosi poi dal ‘500 a fine ‘700 furono i senatori della Repubblica. Nel 1586 Benedetto di Giuseppe Giustiniani Di Negro rivestì la carica di Cardinale.

Ma il personaggio più famoso fu senza dubbio Andalò di Salvago. Figura di ingegno poliedrico. Fu scienziato, astrologo, poeta, ambasciatore, amico di Marco Polo e nel 1342 addirittura maestro del Boccaccio.

L’inquadratura dello scatto ritrae il tratto di caruggio successivo alla loggia del Palazzo Ambrogio Di Negro il cui ingresso principale si trova in Via San Luca n. 2.

Anticamente qui aveva sede la corporazione degli Acquavitai e perciò il vicolo era noto anche come il caruggio dell’Acquavite.

Vico Denegri muri ricchi di fascino e storia.

In copertina: Vico Denegri. Foto di Leti Gagge.

Vico dei Tre Re Magi

Per me che nei primi anni ’80 giocavo nei campetti di calcio di terra vico dei Tre Re Magi è un luogo del cuore.

Quegli spazi ricavati tra le macerie erano noti come i campi di San Donato ed erano frequentati dai ragazzi di Ravecca contro i quali, noi di Carignano, disputavamo interminabili sfide a pallone.

Oggi la zona è stata recuperata, i campi da gioco ristrutturati in erba sintetica, e le macerie per fortuna dal 2012 hanno lasciato spazio ai vivaci Giardini Luzzati sotto i quali resiste persino un anfiteatro romano di quasi duemila anni.

Qui è stata girata una scena del film ‘Figurine” del 1997 del regista genovese Giovanni Robbiano in cui il protagonista Alberto, un pargolo di 10 anni, è a casa di un amichetto la cui madre esercita il mestiere più antico del mondo e tra un cliente e l’altro prepara con disinvoltura la merenda.

La pellicola ambientata nella Genova del 1969 racconta, attraverso gli occhi di un bimbo con la passione delle figurine e del Genoa, le vicende private della propria famiglia nel contesto turbolento di quegli anni.

Figurine rappresenta così un colorito spaccato della doppia anima proletaria e borghese della città. Conflitti, contraddizioni, ipocrisie della società di quel periodo vengono elaborati con la dolorosa sensibilita di un bambino.

Fra gli attori Piero Natoli, Eliana Miglio, Giulio Scarpati e un gustosissimo Enzo Jannacci.

La contrada prende il nome dallo scomparso oratorio dei Re Magi. Il trecentesco edificio religioso, ristrutturato nel ‘600 fu gravemente bombardato durante la seconda guerra mondiale.

Alcuni arredi si sono salvati e sono conservati presso il Museo di S. Agostino mentre sono andati irrimediabilmente perduti gli affreschi di Lazzaro Tavarone, Luca Cambiaso e di Bernardo Castello che ne adornavano la volta.

La Grande Bellezza…

In copertina: Vico dei Tre Re Magi. Foto di Leti Gagge.