La chiesa dove splende sempre il sole…

Fuori dalle Mura del Barbarossa, costruite fra il 1155 e il 1163, si trovava la zona militare dove si esercitavano i balestrieri. Tale spazio era detto del “Vastato o Guastato” perché stava ad indicare i luoghi dei “guasti”, ovvero dei lavori di demolizioni e spianate attorno alle mura. Il Vastato e l’attiguo “burgus de praedis” (borgo di Prè) divennero così i siti prescelti per allestire campi di simulazione e allenamento funzionali alle attività belliche. Qui nel tratto compreso fra i due rivi, oggi sotterranei, di Carbonara e Vallechiara, esisteva dal 1228 una piccola chiesa denominata S. Marta del Prato, sulle cui fondamenta verrà successivamente eretta la maestosa Basilica dell’Annunziata. Nel 1508 i frati conventuali di S. Francesco, gli stessi del Castelletto e di Albaro vi si insediarono ed iniziarono i lavori di costruzione ed ampliamento del nuovo edificio intitolandolo al loro patrono, Francesco d’Assisi. Nel 1537 i francescani traslocarono e si ritirarono nella casa madre in S. Francesco del Castelletto. Furono sostituiti dagli Osservanti del convento della Santissima Annunziata di Portoria che ne mutarono il nome in Santissima Annunziata del Vastato. Sul finire del ‘500 i Frati, per ottemperare alle nuove disposizioni emanate dal Concilio di Trento, furono costretti a rinnovare la struttura. Le spese previste erano però di gran lunga superiori alle loro possibilità economiche così cedettero il giuspatronato della cappella maggiore alla potentissima e munifica famiglia dei Lomellini. La nobile e antica casata, padrona della colonia tunisina di Tabarca in cui esercitava la pesca del corallo, aveva accumulato immense ricchezze e non ebbe difficoltà a finanziare i lavori. Costoro ingaggiarono i maggiori artisti del ‘600 genovese; a Taddeo Carlone, Giacomo Porta e Domenico Casella (il cui soprannome “Scorticone” descrive bene il carattere rissaiolo dell’artista) furono affidate le principali opere strutturali e la direzione dei lavori. A questi si aggiunse il fior fiore, il gotha, delle maestranze genovesi del ‘6oo, la cui rinomata scuola aveva da tempo varcato i confini repubblicani: Giovanni e Giovanni Battista Carlone, Gioacchino Assereto, Domenico Piola, Luca Cambiaso, Giovanni Battista Paggi, Gregorio De Ferrari, Andrea Semino, Aurelio Lomi, Giovanni Andrea De Ferrari, Il Guercino, Luciano Borzone, i marmisti il marsigliese Pellè e il già citato Giacomo Porta, Procaccini, Bernardo Strozzi, lo scultore Tommaso Orsolino.

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“La principale delle tre navate della Basilica”. Foto di Leti Gagge.

La decorazione della cupola venne affidata ad Andrea Ansaldo che vi si dedicò nei tre anni antecedenti la morte, avvenuta a soli 54 anni, dipingendola con la magnifica scena dell’Assunzione. Per tutto il ‘700  le vicende della chiesa ruotarono attorno alle fortune della schiatta dei Lomellini che, estinguendosi nel 1794, non assistettero all’umiliazione della confisca della struttura, infelice conseguenza dell’effimera e neonata Repubblica Ligure del 1797.

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“Nella cupola sopra l’altare l’Annunciazione di Andrea Ansaldo”. Foto di Leti Gagge.

I frati, in base alle disposizioni napoleoniche, abbandonarono il convento nel 1810 e vi fecero ritorno  solo nel 1815 quando ospitarono Papa Pio VII, di passaggio in città e in viaggio verso Roma, dopo la prigionia francese. Il Pontefice vi celebrò con solenni e memorabili funzioni l’Ascensione il 4 e la Pentecoste il 14 maggio.

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“Il Pronao della facciata neoclassica disegnato dal Barabino e completato dal Resasco”. Foto di Leti Gagge.

La scenografica facciata neoclassica con l’ormai familiare pronao caratterizzata da sei colonne in stile ionico, costituisce l’intervento strutturale più recente, essendo stato portato a termine nel 1867 sulla base dei progetti dell’architetto Carlo Barabino e del suo successore Giovanni Battista Resasco (i due colleghi e amici avevano anche realizzato il Cimitero Monumentale di Staglieno).

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“Particolari dei cicli pittorici della volta”. Foto di Leti Gagge.

La Basilica dell’Annunziata rappresenta la summa, il capolavoro del Barocco genovese; l’effetto d’insieme è abbagliante, un tripudio di marmi, stucchi, affreschi, ornamenti in oro zecchino, ogni singolo centimetro è decorato come si conviene. Sembra sempre che vi splenda il sole, un’irruzione dirompente e artificiale dai riflessi abbacinanti. Il celebre filosofo francese Montesquieu visitandola, ne rimase talmente affascinato, da definirla “la più bella chiesa di Genova”.  Molti furono le personalità attratte dalla bellezza della Basilica ma la descrizione, a mio parere più appropriata, rimane quella  che ne tracciò il letterato parigino Adolphe Karr.

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“La volta dorata e affrescata”. Foto di Leti Gagge.

«…l’ Annunziata ha l’interno tutto dorato, tutto letteralmente, e i giorni di festa le colonne di marmo sono rivestite di damasco o velluto crimisi a frangie d’oro». Lo scrittore osserva la sostanziale differenza che contraddistingue le chiese genovesi da quelle francesi. In Francia la luce penetra misteriosamente e crea una «…dolce musica di colori che si armonizza con la musica dell’organo…», grazie alla forma ogivale delle finestre ed alla presenza di grandi vetrate. In Italia, invece, le volte basse e quadrate e la presenza di grandi finestre permettono al sole di entrare bruscamente, senza creare quella dolce armonia tanto cara al transalpino che, a proposito dello stile di vita genovese, prosegue «…non si mangia e non si dà da mangiare, non ci si veste e si va a una chiesa o un palazzo. La chiesa d’oro e il palazzo di marmo».

Non la pensava diversamente lo scrittore americano Mark Twain che nei suoi appunti annotava:

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“Gli interni”. Foto di Leti Gagge.

 potrei dire che la chiesa dell’ Annunziata è una foresta di bellissime colonne, di statue, di dorature, di dipinti quasi senza numero, ma non darei un’idea esatta della cosa, e a che servirebbe? Fu costruita interamente da un’antica famiglia, che vi esaurì il suo denaro. Ecco dov’è il mistero. Avevamo idea che solo una zecca sarebbe sopravvissuta alla spesa…».

Durante la Seconda Guerra Mondiale l’Annunziata subì diversi bombardamenti, il più grave dei quali, quello del 29 ottobre 1943, causò danni irreparabili e la perdita degli importanti cicli pittorici di Domenico Fiasella.

I lavori di ripristino condotti nel dopoguerra hanno riconsegnato la Basilica al suo antico splendore  e restituito, ai suoi ammiratori, legittimo orgoglio e giustificato stupore.

Se, come disse Carlo V a proposito del suo impero, a sottolinearne la vastità, “nel mio regno non tramonta mai il sole”, lo stesso si può dire della Nunziata di Genova, la chiesa “dove risplende sempre il sole”.

6 pensieri riguardo “La chiesa dove splende sempre il sole…”

  1. Una delle due Chiesa di Genova a cui sono profondamente legata. L’ANNUNZIATA RISVEGLIA IN ME RICORDI LONTANI DELLA MIA VITA E SEMPRE, SEMPRE UNA GRANDE E PROFONDA PACE INTERIORE DAVANTI AL MERAVIGLIOSO CROCIFISSO DELL ‘ALTARE MAGGIORE.

  2. E’ strano ma non sono mai entrata nella chiesa della Nunziata e mi rendo conto che ho perso molto. La descrizione e il parere dei vari illustri visitatori sono veramente un invito a visitarla.

  3. Non sono mai stata nella chiesa dell’Annunziata. .
    Penso che sia una perdita. .dai tuoi racconti

  4. É meraviglioso ed unico guardare l imponente crocefisso che si vede attraverso il portale spalancato intanto che sei in macchina nel traffico della piazza antistante

  5. Ci sono stata, purtroppo durante i restauri negli anni 1992-’93, ove regnava il caos, tutto il possibile era coperto da orrendi teli d plastica pieni di sporcizia: tutto un GRIGIUME neanche in un cantiere; peccato nn averla vista DOPO.. ci andrò ! C VOGLIO ANDARE, la Cattedrale del Sole…!
    Una curiosità: mente noi, della scuola di Rest. Affreschi, eravamo in cima, a vedere come i/le ragazzi/e restauravano, gli affreschi delle volte su cui stavano lavorando, ci illuminarono sulla REALE pessima qualità degli acquarelli con cui stavano lavorando, facendoci anche vedere la differenza con una qualità anche d poco, migliore, RISPETTO a quella che, giù d sotto (è bello ALTINO!), la Sovrintendente, stava decantando ai ns. Prof.; i casi sono due: o anche lei, era una lei, SAPEVA, perché ci stava facendo la CRESTA… oppure, in tal caso chiedo venia, ma cmq era una sovrintendente BEN POCO ATTENTA ALLE SPESE, oppure si fidava ciecamente e di comodo dell’economo, che faceva LUI, la cresta, la solita storia: quando ci sono TANTI SOLDI, ns, ovvio, nn rimane MAI un cent, anzi, semmai.. ed i lavori, eseguiti in 6-10 mesi, per il restauro necessitano di anni, come il Carlo Felice, Infelice, lo chiamo io! E.. figuratevi PALAZZO DUCALE: ci hanno messo più di 15anni!!!
    Cmq, nn vedo l’ora d farci un salto, già dalla prima mattinata.
    Mi duole MOLTO, che i bombardamenti abbiano distrutto gli affreschi della volta del Fiasella, essendo il Domenico, mio avo, e d nobile schiatta, già dal 1300, ben più lontano nel tempo, alla Corte di Polonia. Peccato… SIC!
    Cmq, di lui, c’è un altare, con il “martirio di S.Barbara” presso la Maria Assunta d Carignano e, a Palazzo Bianco, nel sottotetto, se vi dicono che è chiuso, imputatevi: sono i custodi comunali, come QUASI tutti i lavoratori della PA, che la chiudono perché non hanno voglia d accompagnare, per una sola persona, poi…(bisognerebbe andarci uno alla volta, proprio x fargli dispetto), bhè, salendo con l’ascensorino, al piano, usciti sulla sx (se non hanno “rimaneggiato” le posizioni delle opere), subito lì, nella prima “parete”= sono tavole di legno compresso, coperto a caldo da teli di un grigio cemento…), bhè il primo, subito lì, c’è un TONDO di una MADONNA con BAMBINO, del Fiasella;
    non perchè sono d parte, o forse… ma non ci trovo nulla di così diverso delle Madonne di Raffaello; solo che questi, morì a 37 anni e forse per questo, lo omaggiano sempre, mettendo in ombra altre opere, altrettanto uniche e … delizia per i sensi. Come questo tondo del D.Fiasella!
    Spero che qualcuno d’importante mi legga, faccia presente e…. prenda provvedimenti drastici: PERCHÉ, oltre a NON fare quello per cui sono pagati, CIOÈ fare attenzione, stando sì, in piedi, come dovevamo fare noi(i soliti ragazzi sfruttati… dalle SOLITE Coop…), PRESSO le tele a CHE NESSUNO le TOCCHI.. , giocare con le radio fin a trovare il canale della polizia…(bambini!) ma soprattutto: alz./abbass. i caloriferi a loro piacimento, SENZA CONSIDERARE la SENSIBILITÀ delle tele: all’umidità, al calore… spegnendo/accendendo, con “nonchalance” , senza NESSUNA REMORA, ANCHE gli apparecchi, uno per ciascuno, POSTI SOTTO le OPERE, per REGOLARE, appunto UMIDITÀ e TEMPERATURA.
    Personalmente, li LASCEREI a CASA DEFINITIVAMENTE, così giocano lì, con la radio e i caloriferi, vi pare?

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