“Genova una delle città più belle”…

“Genova, una delle città più belle che abbia mai veduto. Alcuni suoi edifici erano in marmo bellissimo e avevano un che di assai nobile, molti poi avevano davanti delle fontane di foggia oltremodo bizzarra. Le chiese erano ricche e sontuose, con stravaganti decori sia all’interno che all’esterno. Ma ai miei occhi tutta quell’imponenza era rovinata dagli schiavi ai remi delle galee, le cui condizioni lì e in altre parti dell’Italia sono davvero pietose e miserabili”.

“Gustavus Vassa”

cit. da “L’incredibile storia” di Olaudah Equiano, o Gustavus Vassa (1745 – 1797), mercante e scrittore nigeriano detto l’Africano, del 1789.

La Gru del Mandraccio

Dove oggi sorge l’area recuperata del Porto Antico un tempo pulsava il cuore laborioso della città:

“Del mare avevo un’idea approssimativa, non però della vita in un porto. Vagoni ferroviari, minacciose gru a vapore, carichi di merce e uomini lungo argini di solida muratura, funi da scavalcare. Sfuggire ai barcaioli: «Giro del porto, panorama della città!», «Le navi da guerra americane!», «I fari!», «Il mare!». Sedersi sui grossi cavi di ferro. Clima insolito. Piroscafi da Liverpool, Marsiglia, Brema, la Spagna, la Grecia, l’America. Rispetto per la grandezza del globo terrestre. Centinaia di vapori accanto a innumerevoli vaporetti, velieri, rimorchiatori. E gli uomini, poi? le figure più strane, col fez. Qui, sugli argini, emigranti, italiani del Sud, accoccolati al sole (come lumache), gesticolare da scimmie, madri con lattanti al petto, i bambini più grandicelli che giocano e si bisticciano. Un vivandiere si fa largo con un recipiente fumante di «frutti di mare». Colpisce l’odore d’olio e di fumo. Donde proviene? Poi gli scaricatori di carbone, belle figure robuste, il torso nudo, agili e veloci, col carico in groppa (in testa un fazzoletto, a riparo dei capelli), sulla lunga passerella su al magazzino, per la pesatura. Poi, liberi, per un’altra passerella giù al piroscafo, dov’è pronta un’altra cesta piena. Così in incessante giro, uomini abbronzati dal sole, neri di carbone, rudi, sprezzanti. Lì un pescatore. L’acqua schifosa non può contenere nulla di buono. Non pesca nulla, e neppure gli altri. Gli arnesi: una corda, con un sasso attaccato, una zampa di gallina, un mollusco.
Sugli argini case e magazzini. Un mondo a sé. Noi semplici oziosi. Eppure fatichiamo, almeno con le gambe”. Cit. Paul Klee.

“Lapide presso Calata Cattaneo sul muro dell’edificio del Millo che omaggia i lavoratori portuali genovesi”

La gru di Calata Mandraccio trasformata a monumento di quel tempo eroico funge da sentinella della memoria quando la Compagnia dei Caravana faticava sulle banchine dei vecchi moli.

“Ammirerai il molo opposto al mare e il porto, opera dell’uomo, di inestimabile valore e di molto lavoro, che invano colpiscono le quotidiane tempeste“. Francesco Petrarca.

La Grande Bellezza…

“Ma Genova non saprei dimenticarla”…

Quando io venni al mondo Genova era una delle più belle e tipiche città italiane. Aveva un centro storico ben conservato e tale da conferirle un posto di privilegio tra le villes d’art del mondo; una circonvallazione più moderna dalla quale il mare dei tetti grigi d’ardesia lasciava allo scoperto incomparabili giardini pensili; e a partire dalla regale via del centro una ragnatela di caruggi che giungeva fino al porto […]. Ma Genova non saprei dimenticarla. Ne conosco il dialetto, l’ho parlato a casa e fuori […]. Una città che è una striscia di venti chilometri, da Voltri a Nervi, e a mezza via il grosso nodo centrale. Vista da un aereo sembra un serpente che abbia inghiottito un coniglio senza poterlo digerire.

Eugenio Montale

Città di marmo bianco e nero

Al civ. 17 Palazzo Andrea Doria donato dalla Repubblica all’ammiraglio riconosciuto come “Padre della Patria” per averla liberata dall’occupazione francese. Il prestigioso portale di scuola toscana è per taluni opera di Niccolò da Corte e Gian Giacomo della Porta per altri, di Michele D’Aria e Giovanni da Campione. Ricco di animali esotici e fantastici quali pavoni, lucertole, teste di montoni e leoni, sirene danzanti, uccelli che beccano fiori, grifoni, pesci mostruosi e altri animaletti.

Sopra l’architrave è scolpita l’epigrafe relativa alla donazione: “Senat. Cons Andreae De Oria Patriae  Liberatori Munus Publicum”.

“Il Portale con relativa iscrizione della donazione all’ammiraglio Andrea Doria da parte della Repubblica in segno di riconoscenza per averle restituito la libertà”

“Era difficile descrivere il sentimento che lo colse alla vista della prima città italiana, la magnifica Genova. Si innalzarono su di lui i suoi campanili policromi, le chiese rigate di marmo bianco e nero e tutto il suo anfiteatro turrito che all’improvviso lo circondò da ogni parte, nella sua raddoppiata bellezza… Non aveva mai visto Genova prima di allora…”.

Nikolaj Gogol.

La Grande Bellezza…

Genova… vera ebbrezza

“L’antica cattedrale di San Lorenzo è una delle cose più notevoli che abbiamo visto a Genova: vasta, con colonnati, maestosi pilastri e un grande organo, e la consueta pompa di dorature, dipinti, volte affrescate e così via. Io naturalmente non potrei descriverla: per farlo ci vorrebbe un bel numero di pagine”

(Cit. Mark Twain).

“… Genova. Qui mi parve veramente che l’agognato miracolo stesse per compiersi. Ancora oggi la splendida impressione di questa città combatte in me la nostalgia della rimanente Italia. Passai alcuni giorni di vera ebbrezza; ma fu certamente la mia grande solitudine in mezzo a queste impressioni che ben presto mi fece sentire l’estraneità di questo mondo, in cui mai mi sarei potuto sentire come in casa mia. Incapace di visitare secondo un piano regolare i tesori artistici della città, mi abbandonai senza guida ad una specie di sentimento musicale del nuovo ambiente in cui mi trovavo, e cercai prima di tutto il punto in cui avrei potuto fissarmi e godere tranquillamente delle mie impressioni.

(Cit. Richard Wagner).

La Grande Bellezza…

La Superba

“Vedrai una città regale addossata ad una collina alpestre, superba per genti e per Mura, il cui solo aspetto la indica signora del mare”. Appunti di Francesco Petrarca in viaggio verso Gerusalemme nel 1358.
La Grande Bellezza..

Se Venere

“Se Venere vivesse, non preferirebbe

più Cipro o il monte Citera o il bosco Idalio, ma verrebbe
ad abitar Genova, sì come dimora fatta per lei”
(Enea Silvio Piccolomini, poi Papa Pio II).
La Grande Bellezza…

Genova non si può stupire. Stupisce!

Se avrete la pazienza di leggerlo fino in fondo comprenderete perché Genova era davvero Superba e ineguagliabile.
Possono essere utili queste note soprattutto a chi la giudica senza conoscerla.

Nel 2006 i Palazzi dei Rolli sono stati riconosciuti Patrimonio UNESCO dell’Umanità e ad ogni edizione la pubblica amministrazione in collaborazione con le Belle Arti ne apre, proprio per farne conoscere al pubblico il maggior numero possibile, sempre di nuovi. Sparsi un po’ ovunque nel centro storico, non per questo sono meno sfarzosi e affascinanti.

Al loro interno custodiscono giardini pensili, statue di marmo di pregio dei più grandi scultori, pinacoteche da museo, soffitti, volte e gallerie affrescate, arredi e ambienti sontuosi.

Scrisse in proposito il francese Jean Janin, raffinato scrittore e grande viaggiatore nel suo “En Italie” (1852) per spiegare l’orgoglio ostentato dal Doge genovese Lercari, convocato a Versailles nel 1685 da Re Sole per contrattare la pace…

“bisogna aver conosciuto Genova ed aver visitato da cima a fondo i suoi palazzi.
Infatti se i cortigiani di Luigi XIV avevano creduto di stupire il Doge di Genova con lo splendore e la magnificenza di Versailles è perchè ignoravano da quale città provenisse. Se avessero saputo che quel mercante, rappresentante di una città di mercanti, aveva anche lui il suo palazzo di Versailles e che il suo si trovava in una strada che ne era piena, non si sarebbero precipitati a chiedergli “Cosa vi stupisce di più, Monseigneur?”
E di cosa volevate che si stupisse
quell’uomo? Dei vostri palazzi di pietra?
Egli ne aveva uno in marmo! Delle vostre colonne di marmo?
Egli aveva le colonne in porfido! Delle vostre colonne in porfido?
Egli aveva le colonne tempestate in lapislazzuli.
Del vostro architetto Mansart?
Egli aveva come architetti Francesco Falcone, Andrea, suo fratello e Carlo Fontana, che aveva innalzato l’obelisco di Roma e aveva costruito scalinate più belle di quelle di Versailles.
Voi avevate delle statue di Coysevox, egli aveva statue di Puget. Lebrun era il pittore del Re, il pittore del Doge si chiamava Paolo Veronese.

Il re faceva dipingere il proprio ritratto da Mignard: il Doge faceva dipingere sua moglie, suo figlio ed il cane da Van Dyck.
Cosa quindi, pur nella magnifica Versailles, poteva stupire lui, il Doge di Genova, la
cui camera era affrescata dall’Aldobrandini, le cui tappezzerie erano disegnate dal Romanelli, che aveva al suo esercizio il Correggio, Tiziano, il Caravaggio?
Di cosa poteva stupirsi quel Re di una Repubblica che non comprava a caso i dipinti dei maestri celebri ma che, di padre in figlio, faceva venire in casa i pittori e diceva loro:
“In questo posto mi ci vuole un capolavoro” e che aveva ai suoi ordini il Tintoretto, così come suo nonno aveva avuto Albrecht Durer?
Un uomo che aveva commissionato “La Maddalena” a Paolo Veronese apposta perché coprisse un pezzo di muro della sua casa, di cosa poteva stupirsi?”
I suoi palazzi continuano invece ancora oggi a stupire migliaia di visitatori perché, come annotava nel 1896 Cechov ne “Il Gabbiano”: Genova è la città più bella del mondo”.

Nella foto una piccola ma grande testimonianza dello sfarzo e dell’opulenza genovese: la settecentesca Galleria Dorata del Palazzo di Tobia Pallavicino, noto anche come Cataldi Carrega. Oggi prestigiosa sede della Camera di Commercio di Genova in Via Garibaldi (un tempo Via Aurea) civ. n. 4″.

Ineguagliabile opera di Lorenzo De Ferrari e Diego Carlone.
Trionfo dello sfarzo e del Barocco genovese.
Grande Orgoglio e… Grande Bellezza…

… Quando c’era Corso Giulio Cesare…

Quando Corso Gastaldi non era ancora stata intitolata al primo partigiano d’Italia, nome di battaglia Bisagno come il torrente che attraversa la città, e si chiamava Giulio Cesare in onore del celebre “Dictator” romano.

Quando l’arteria era stata progettata in funzione dell’importante scalo merci della vicina stazione ferroviaria di Terralba.

Quando l’architetto Braccialini non aveva ancora disegnato nè il tracciato con palazzi in stile razionalista né la Casa dello Studente che poi sarebbe diventata “Casa del Fascista Universitario” e teatro di macabre violenze.