“… Questa è la città dei re”…

storia di un poeta innamorato…
“A quel tempo eravate il popolo più felice della terra.
Il vostro paese pareva un soggiorno celeste così son dipinti gli Elisi.
Quale spettacolo dalla parte del mare!
Torri che sembrano minacciare il firmamento, poggi coperti di ulivi e melaranci, case marmoree in su le rupi, e deliziosi recessi in tra gli scogli, ove l’arte vincea la natura, e alla cui vista... i naviganti sospendeano il movimento dei remi, tutti intenti a riguardare.
Ma chi veniva da terra, meravigliando, vedeva uomini e donne regalmente vestiti, e fino tra boschi e montagne delizie incognite nelle corti reali.
All’ingresso della città vostra, pareva mettere piede nel tempio della Felicità e di lei si preferiva ciò che fu detto anticamente di Roma:
questa è la città dei Re.”
Dichiarazione d’amore datata 1352 scritta da Francesco Petrarca ai genovesi per esortarli a riappacificarsi con i veneziani con i quali, ormai da tempo, erano ai ferri corti.
Epistola anteriore di sei anni rispetto alla celebre definizione di Superba (“Vedrai una città regale… Superba…) ma non meno pregna di rispetto e ammirazione.
Panorama di Genova. Foto di Agnese Barbara Cittadini.

“Oh my God”…

storia di un amore a prima vista e di “Racconti” genovesi…
Charles arrivò a Genova con famiglia e servitù via mare nel luglio del 1844 e qui rimase per quasi un anno.
Le sue prime parole osservando la città dal mare furono di stupore “Oh my God!”
Il primo alloggio fu Villa Bagnarello, nota come “la prigione rosa” posta “in una delle località più splendide che si possano immaginare.
Lo stupendo golfo di Genova e del Mediterraneo turchino cupo si stendono vicinissimi…”.
Dopo tre mesi, trasferitosi nella centrale Villa delle Peschiere così ann
otava l’evento:
“Non c’è in Italia, dicono, e io confermo, un’abitazione più piacevole del Palazzo delle Peschiere… tutta Genova giace laggiù in bella confusione con le numerose chiese, monasteri, conventi che sembrano additare il cielo, glorioso di sole, con gli svelti campanili…
E potrò mai dimenticare le vie dei Palazzi, la Strada Nuova e la Strada Balbi!
O l’aspetto dell’una quando la vidi per la prima volta, sotto il più fulgido e il più intensamente turchino dei cieli estivi, che le sue due file raccostate di dimore immense, riducevano ad una striscia preziosissima di luce, restringendosi gradatamente, e contrastante con l’ombra grave di sotto…
Bottegucce d’ogni specie, come vermi parassiti di una grande carcassa, si stringono addosso al Palazzo del Governo, all’antico Palazzo del Senato e ad ogni altro grande edifizio…
In alcune delle vie più strette le botteghe sono tutte di negozianti dello stesso genere: c’è una Via di Orefici e un Borgo di Librai, ma anche là dove nessuno è mai potuto penetrare in carrozza, ci sono antichi palazzi imponenti, celati da mura tetre e quasi nascosti ai raggi del sole.”
A Genova Dickens completò “La vita di Martin Chuzzlewit”, scrisse i celebri Racconti di Natale e iniziò “Picture from Italy”.
Il racconto “The Chimes” sugli spiritelli delle campane è ispirato dal suono disarmonico e snervante dei campananili genovesi.
Terminato il soggiorno lo scrittore inglese partì a malincuore e promise che sarebbe, prima o poi, ritornato.
Dickens mantenne la parola e tornò altre volte, l’ultima delle quali, nel 1853, ospite a Palazzo Rosso, dove rimase per quasi un altro anno.
Innamorato perso della Superba così annotava:”… e io cominciavo di già a pensare che quando fosse giunto il momento di lì, ad un anno, di chiudere il lungo periodo di vacanze e ritornare in Inghilterra, mi sarei staccato da Genova tutt’altro che allegramente.
Sembra che vi sia sempre qualcosa da scoprirvi.”

“… E mi chiedo perché non ci vivo…”

storia di uno scrittore ammaliato anch’egli contagiato da una strana malattia “Le mal de Genes”.

“Tutte le volte che vengo a Genova, mi dico che è la più bella città del mondo.
E mi chiedo perché non ci vivo, sebbene, dal primo momento, ormai lontanissimo, in cui l’ho vista, abbia mai desiderato altro. Un’altra domanda, rivolta non più a me stesso, ma ai miei amici.
Se un viaggiatore, mettiamo un giapponese, che fa il giro del mondo in pochi giorni, avesse a disposizione un solo giorno per vedere la Francia, e uno per l’Inghilterra e uno per l’Italia: se, quindi, non potesse visitare che una sola città per nazione, è chiaro che, per la Francia e l’Inghilterra, gli si mostrerebbe Parigi e Londra: certo non sono tutta la Francia e tutta l’Inghilterra, ma le rappresentano, o meglio, le presentano, rispettivamente, con assoluta fedeltà.
Ma, e per l’Italia? Né Roma, né Firenze, tantomeno Milano, Torino o Venezia, darebbero l’idea.
Forse Napoli? Non ci può essere dubbio.
La risposta non può che essere una: GENOVA.
Perché Genova, pur avendo una fisionomia così particolare, assomiglia un poco, pezzo per pezzo, a tutte le città italiane.
Ha vie colorate come Palermo, lungomare come Napoli e Bari, calli come Venezia, colline come Ancona, monumenti come Roma e Firenze, animazione come Bologna, industriale come Milano, quartieri ottocenteschi come Torino.
Tutta l’Italia, ormai, e tutte le epoche della storia italiana si sono riversate intorno al vecchio centro medievale di Genova.
L’antico e il nuovo, il sud e il nord: il mare e il monte: il clima, che è mediterraneo, e il gruppo etnico dominante, che è ligure.
Ed è Ligure, è genovese, perfino il senso più moderno e più vivo del nostro Risorgimento: l’idea Repubblicana.
“… Mi è di guida l’amico Remo Borzini, che della sua vecchia Genova sa tutto.
Guida del resto, indispensabile.
Chi, se no, potrebbe mettere piede in questa città fatta di macerie, di abbandono, di spavento, di sporcizia ma anche di meravigliosa bellezza, di sublime incanto scenografico e romantico?”
Brani tratti da “Liguria Regione Regina” del 1969.
di Mario Soldati, giornalista, scrittore e regista cinematografico.

“Durante il mio viaggio…

… ciò che ho visto di più bello è Genova.
Ti consiglio di andarci un giorno o l’altro.
Dopo aver visitato i suoi palazzi si ha un tale disprezzo per il lusso moderno che vien voglia di abitare in una scuderia e di vestirsi da operai.”
Lettera ad un amico di Gustave Flaubert immalinconito nella sua nuova residenza milanese.

“È qualcosa di indescrivilmente bello…”

storia di un musicista tedesco… travolto, inebriato e sconvolto dalla Superba… qui trova “l’Oro”..
“Io non ho visto nulla come questa Genova! È qualcosa di indescrivilmente bello, grandioso, caratteristico: Parigi e Londra al confronto con questa divina città scompaiono come semplici agglomerati di case e di strade senza alcuna forma.
Davvero non saprei cominciare per darti l’impressione che mi ha fatto e continua a farmi tutto ciò: io ho riso come un fanciullo e non potevo nascondere la mia gioia”.
Con queste euforiche parole Richard Wagner, celebre compositore tedesco, descriveva nel 1853 alla moglie le sue impressioni su Genova.
A tal punto inebriato da quello che aveva visto da scrivere ancora alla consorte:”Per offrirti nel tuo compleanno il dono secondo me più grande, ti prometto oggi di farti fare nella prossima primavera una gita a Genova…”
Terminato il soggiorno genovese il musicista prosegue verso il Sud Italia ma, a La Spezia, lo prese un angosciante malessere e il desiderio di non continuare il viaggio.
Dopo una lunga passeggiata nei boschi Wagner cadde spossato a letto e, nel delirio del dormiveglia creativo, si svegliò impaurito con la sensazione e il suono dello sciabordio delle onde, quello stesso ritmico flusso che, a lungo, aveva ascoltato sulla rena genovese.
Subito il compositore si rese conto di aver avuto la rivelazione del suo capolavoro, opera che sentiva già dentro di se, ma che non riusciva a definire chiaramente, il celeberrimo “Oro del Reno”.
L’artista, padrone ormai della sua creatura, decise di rientrare a Zurigo e completare la partitura.
L’Ode musicale romantica per eccellenza quindi, più che dalle correnti del Reno, è stata ispirata dalle onde della Superba.

“E tanti sun …

li zenoexi, e per lo mondo si destexi, che und’eli van o stan, un’atra Zenoa ge fan”.
Trad: “I Genovesi sono così numerosi e sparsi per il mondo che ovunque vadano o risiedano, creano un’altra Genova.”
Cit poeta anonimo genovese del tredicesimo secolo…
Ovunque ci sia terra o uno scoglio in mezzo al mare la Croce di San Giorgio vedrai sventolare…

“Nietzsche che dice”…

“Rendo grazie alla sorte… che mi ha fatto capitare in quella dura, austera città durante gli anni della decadence … Quando uno va a Genova è come se ogni volta fosse riuscito ad evadere da sé: la volontà si dilata non si ha più coraggio di essere vili.
Mai ho sentito l’animo traboccante di gratitudine, come durante questo mio pellegrinaggio attraverso Genova”…

… “Genova. Io mi sono guardato questa città, con le sue ville, i suoi parchi e l’ampio circondario delle sue colline e dei suoi declivi, tutti abitati, per un bel po’; debbo infine dire che vedo volti di stirpi passate, ché questa regione è disseminata di immagini di uomini arditi e sicuri di sé. Hanno vissuto e voluto continuare a vivere: me lo dicono con le loro case, costruite e abbellite per i secoli, e non per l’ora fugace; amavano la vita, per quanto spesso potessero essere malvagi con sè stessi”…

… “Là voglio essere io: e confido in me, d’or innanzi, e nel mio timone. Aperto è il mare: nel suo cupo azzurro si spinge la mia prora genovese. Tutto sempre più nuovo mi diventa. Alle mie spalle è Genova. Coraggio! Se la mia nave guidi,  Carissima Victoria!

Così Nietzsche scriveva nel 1888 ai suoi familiari a proposito del suo soggiorno genovese.
Il filosofo tedesco capitò e abitò spesso in città dimorando sempre in luoghi diversi; pensioni nel centro storico o umili stanze in Via Palestro prima e, in Salita delle Battistine, poi.

“Ritratto di Nietszche”.

“Nel Nord  -prosegue- a chi osservi l’architettura delle città si impongono la legge e un desiderio generalizzato di legalità e di obbedienza: vi si indovina quella interiore tendenza a conformarsi e a equipararsi che doveva prevalere nell’anima di tutti i costruttori. Qui invece [a Genova], dietro ogni angolo, trovi una persona a sé, che conosce il mare, l’avventura e l’Oriente, un uomo poco incline alla legge e al vicino, che gli giungono noiosi, e misura con sguardo invidioso tutto ciò che è antico e già fondato: egli vorrebbe, con uno scaltro prodigio della sua fantasia, rifondare tutto ciò almeno nel pensiero, mettervi la sua mano e la sua sensibilità – fosse anche per un istante di un soleggiato pomeriggio in cui la sua anima malinconica e insaziabile avverte, per una volta, sazietà, e al suo occhio possono presentarsi soltanto cose proprie e non più estranee”.


Ma Friedrich non disdegnava nemmeno il bel clima della Riviera crogiolandosi al sole della Ruta, di Santa Margherita e di Rapallo, tutte località da questi frequentate e vissute.
Durante il soggiorno nella nostra regione compose, oltre a numerose poesie ispirate da Genova, anche alcune delle sue principali opere che avrebbero influenzato il pensiero occidentale quali: “La Gaia Scienza”, “Gli idilli messinesi”, “Così parlò Zarathustra” e “Aurora”.
“Felice e superbo” sono gli aggettivi che più sovente il Tedesco associa al suo nuovo “sentire”, percepisce Colombo, Paganini e Mazzini come tre superuomini da cui trarre esempio ed energia…
E poi il clima, il sole, il mare… le caratteristiche peculiari del Sud espresse in una città del Nord, sconvolgente per un tedesco!
… anche nel pensiero del più influente filosofo… Genova.