“In Sottoripa”

“La via di Camilla per piazza Stella caracollava ora spedita sotto le volte scure di Sottoripa. Non c’era da aver paura, ora, di niente, ma da fare tanto di occhi così.

Chi avrebbe potuto raccontarlo l’emporio di Sottoripa, chi ci avrebbe creduto tra l’Ogliastra e le Baronie? Il sole basso del mattino d’inverno sforacchiava con fasci di luce iridata di pulviscolo le tende di ogni colore e sbiaditura che tenevano il vento verso mare, e infarinava di giallino una lunga galleria sorretta da colonne e da pilastri di ogni arte e fantasia.


Non avevano mai voluto mettersi d’accordo tra di loro i mastri muratori che avevano innalzato un secolo via l’altro la palizzata di Sottoripa, la rincorsa di torri e castelli e palazzi pigiati l’uno a fianco all’altro per un chilometro e più che anticamente si faceva sciacquare le lastre dei porticati dalla risacca di scirocco che penetrava nella vecchia Darsena.

Né era sembrato onorevole ai patrizi e ai ricchi della Repubblica avere riguardo per l’opera del vicino e consonare con uno sforzo d’armonia le architetture. Perciò, indissolubilmente inchiavardati tra loro, sfilavano davanti agli occhi attoniti del mondo che si affacciava al porto della Superba i capricci di stile e di ripicca di gusto romanico, moresco, franco e pisanino, gotico prudente e gotico svettante, barocco, avignonese, castrense e chissà cos’altro ancora.

Le colonne dei portici naturalmente erano il vanto dei loro padroni; una doveva invidiare l’altra, e dai capitelli sgorgavano, in perpetuo malcontenti della pietra che frenava i loro furori, tutto il serraglio degli animali esotici e dubbi che dovevano montare la guardia alle magnificenze dei piani superiori”.

Cit. Da “La Regina disadorna” del 1998 di Maurizio Maggiani. Scrittore.

In Copertina: Scorcio di Sottoripa.

Foto di Stefano Eloggi.

Le Sciamadde

Le sciamadde, dal termine genovese sciamadda ovvero “fiammata”, costituiscono caratteristico patrimonio della gastronomia genovese.

Difficile raccontarle perché, un po’ friggitorie, un po’ rivendite di torte, un po’ forni, un po’ rosticcerie, vanno frequentate, vissute e annusate.

Eppure questi spartani locali con le pareti rivestite con le classiche piastrelle bianche, il bancone di marmo e i tavoli di legno tipo osteria, custodiscono i sapori più autentici della tradizione.

Interno dell’Antica Sciamadda di Via San Giorgio. 14r Foto di Maurizio Romeo.

La loro origine risale intorno al tardo ‘600 quando Genova aveva il monopolio del sale. Le sciamadde, fornite di forni dove si potevano anche cuocere torte e focacce, venivano infatti utilizzate come vendita al dettaglio del prezioso minerale.

La principale caratteristica della sciamadda è proprio la proposta delle: torta di bietole, di cipolla, di riso, di carciofi e Pasqualina non possono mancare.

Le torte sul bancone dell’Antica Sciamadda di Via San Giorgio 14r. Foto di Maurizio Romeo.

Così come non possono mancare il polpettone e le verdure ripiene, la farinata, la panissa sia fritta che condita con olio e aceto o limone, i friscioeu e i cuculli.

I friscioeu sono frittelle aromatizzate con salvia tritata e/o rosmarino, maggiorana ed erba cipollina. I cuculli sono identici ma preparati con la farina di ceci al posto di quella zero.

Antica Sciamadda di Via San Giorgio 14r.

Questi luoghi del gusto povero, popolare ma sincero, veri antesignani del moderno street food, vanno purtroppo scomparendo.

Le sciamadde raggiunsero infatti la massima diffusione a cavallo tra ‘800 e ‘900 quando nei caruggi si potevano trovare un po’ ovunque. Oggi, a presidiare il territorio e a preservare la tradizione -spero di non averne dimenticato qualcuna- ne rimangono circa una decina: Trattoria Sciamadda di Ravecca 19r, Antica Friggitoria Carega in Sottoripa 113r, Le Delizie dell’amico in Canneto il Lungo 31r, Antica Sciamadda in Via San Giorgio 14r, Sa Pesta in Via dei Giustiniani 16r, Farinata dei Teatri in Piazza Marsala 5r, Ostaja San Vincenzo nell’omonima via al 64r, da Domenico in Piazza Giusti 56r, Franz & Co in Via Struppa 81r e Ristorante Vexima a Voltri in Via Cerusa 1r.

Buon appetito!

In copertina: La Sciamadda di Ravecca. Foto di Stefano Eloggi.

Piazza Cavour

In Piazza Cavour gli arredi in legno stile vecchia osteria della trattoria Cavour 21 sono collocati su un tratto di strada notevolmente rialzato rispetto al livello della piazza stessa.

Si tratta di quel che rimane dell’antico tracciato della ripa coltelleria, ovvero la naturale continuazione di Sottoripa, demolito nel 1865 per la costruzione di Via Turati.

Ripa coltelleria – si chiama così – perchè qui fin dal 1262 avevano sede le botteghe della corporazione dei coltellieri. Le attività e i commerci di tali artigiani raggiunsero tra sei e settecento il periodo di maggior splendore.

Proprio come in Sottoripa infatti gli edifici, caratterizzati da logge e coperti dai portici, presentano ancora brani originali dell’acquedotto medievale.

La Grande Bellezza…

In copertina: Piazza Cavour. Foto di Leti Gagge.

Sottoripa imbandierata a festa

Il centro commerciale coperto più antico del mondo addobbato a festa in occasione del compleanno della Costa Crociere.
Ne sono testimoni secolari gli archi dell’acquedotto medievale il cui tracciato era già presente dall’epoca romana.
Sulla sinistra uno scorcio della parte più antica del Palazzo San Giorgio nelle cui prigioni Marco Polo scrisse il Milione e dalla quale transitarono milioni e milioni di palanche.
La Grande Bellezza..

… Quando in Sottoripa…

Una ragazza cammina pensierosa mentre dietro due uomini discutono tra di loro. Sullo sfondo passeggiano altri passanti. In quel tratto la copertura di Sottoripa non c’è più, rimangono solo desolazione e macerie ma per lo meno il calpestio dei loro passi e il suono delle loro parole non è più cadenzato dal rumore delle sirene degli allarmi antiaerei.

Quando, a partire dal 1893, si procedette a rivoluzionare tutto l’antico assetto del fronte mare con i riempimenti per l’edificazione della Circonvallazione a mare (Corsi Quadrio e Saffi).

Sparirono all’altezza di Via Ponte Calvi fino a Vico Morchi, le costruzioni sopra il porticato e con esse le tracce dell’antico acquedotto medievale lungo il percorso dell’originale romano. Nel tratto compreso tra Vico del Serriglio e Via al Ponte Reale se ne possono ancora oggi ammirare brani superstiti.

Quando parte del millenario porticato venne cancellato dalle bombe e, soprattutto, dal colpo di grazia, ancora oggi un’offesa inaccettabile al nostro panorama, inflitto dal Ministero della Pubblica Istruzione quando nel 1950 innalzò, incastonato fra le torri medioevali, quell’indescrivibile mostro architettonico di cemento che si affaccia molesto ed estraneo in Piazza Caricamento.

Sottoripa…

Con i suoi 900 metri di copertura è stato il più lungo centro commerciale del medioevo.

Il suo porticato venne costruito per volere dei Padri del Comune a partire dal 1125 fino al 1133, addirittura 30 anni prima dell’erezione delle Mura del Barbarossa e, per questo, costituisce la più antica opera pubblica di rilievo. Il suo percorso si snodava da Porta di S. Fede fino al molo vecchio senza però soluzione di continuità. Ne sono testimonianza il  breve tratto fra Vico San Marcellino e Vico del Campo, detto “Sottoripa La Scura” per via della sua sopraelevazione e per i porticati più bassi e arretrati rispetto alla ripa. Sarà questa la zona destinata nel ‘600 al ghetto ebraico.

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“Particolari dei decori sulle volte del porticato”.

Sotto ripa letteralmente significa “sotto la riva” perché il porticato infatti era a diretto contatto con i moli del porto antico e lì sotto vi si ricoveravano le imbarcazioni. Con l’allargamento e la sostituzione dei moli di legno con quelli in pietra il porticato andò progressivamente allontanandosi dal mare dal quale distava in origine circa 5 metri. Si impose poi ai commercianti di costruire a proprie spese una copertura che proteggesse le botteghe e le attività commerciali dalle intemperie. In cambio essi ottennero di potervi erigere sopra le proprie abitazioni e la concessione dei relativi spazi commerciali.

Ancora fino al secolo scorso Sottoripa era il luogo dove si concentravano scagni, uffici, taverne e trattorie, dove si ingaggiavano marinai e camalli, dove si contrattavano i prezzi delle merci, un colorato e variegato bazar degno delle casbah orientali. Da qui si diramavano dedali di caruggi diretti verso il cuore della città vecchia oggi, per via della risistemazione ottocentesca del fronte mare, scomparsi.

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“Le Terrazze di Marmo costruite fra il 1835 e il 1839 su progetto dell’architetto Ignazio Gardella senior”.

Nel 1836 in pieno regno sabaudo la zona venne rivoluzionata con sbancamenti e demolizioni resesi necessarie per l’apertura della “Carrettera Carlo Alberto”, oggi Via Gramsci, voluta dai piemontesi per snellire il congestionato traffico del porto.

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“Brani dell’antico acquedotto medievale”.

Per lo stesso motivo vennero edificate nel medesimo periodo anche le “Terrazze di marmo” abbandonate poi nel 1885 con l’avvento del trasporto ferroviario. Si concepì allora l’apertura di Via S. Lorenzo cosa che comportò la faraonica opera di arretramento degli attuali palazzi della strada e di Via Vittorio Emanuele II, oggi Via Turati verso levante. I portici da palazzo S. Giorgio a Piazza Cavour vennero abbattuti ed ampliata la piazza stessa. Era questa la parte identificata come “Ripa cultellinorum” dal nome dello stretto vicolo a fianco del porticato dove avevano bottega  coltellieri, fonditori, fabbri, lanternai, bilanciai e i laboratori di metallo utili per gli usi di bordo.

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“Dettaglio delle secolari colonne del porticato con il sovrastante acquedotto”. Foto di Leti Gagge

 

Si procedette, a partire dal 1893, a rivoluzionare tutto l’antico assetto del fronte mare con i riempimenti per la costruzione della Circonvallazione a mare (Corsi Quadrio e Saffi), sparirono all’altezza di Via Ponte Calvi fino a Vico Morchi, le costruzioni sopra il porticato e con esse le tracce dell’antico acquedotto medioevale lungo l’originario percorso romano. Nel tratto compreso tra Vico del Serriglio e Via al Ponte Reale se ne possono ancora oggi ammirare brani superstiti.

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“Il fronte mare di Piazza Caricamento com’era un tempo prima dello scempio”.

I bombardamenti della seconda guerra mondiale completarono lo stravolgimento, avendo provocato danni incalcolabili, causarono l’abbattimento di numerosi palazzi circostanti e la cancellazione di contrade intere come il caso dello scomparso Vico Lanterna.

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“L’orrida e blasfema palazzata di cemento con a fianco un’esterrefatta e imbarazzata Torre Morchi”.

Il colpo di grazia, ancora oggi un’offesa inaccettabile al nostro panorama, ce lo ha inflitto il Ministero della Pubblica Istruzione quando nel 1950 innalzò, incastonato fra le torri medioevali, quell’indescrivibile mostro architettonico di cemento che si affaccia molesto ed estraneo in Piazza Caricamento.

Nonostante ciò Sottoripa, con i suoi odori, colori, suoni e profumi mantiene tuttora inalterato il suo fascino “in saecula saeculorum”.

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“Sottoripa all’imbrunire”. Foto di Leti Gagge