Piazza e Chiesa di Banchi…

“L’unica chiesa al mondo costruita con i proventi delle attività commerciali sottostanti. Al centro della piazza una mattonella annerita indica il punto dove venne arsa viva la “Cagna Corsa” la donna ritenuta essere una strega…

In Piazza Banchi si trova e la chiesa di San Pietro, l‘unica al mondo costruita con i proventi delle attività commerciali sottostanti. Al centro della piazza una mattonella annerita indica il punto dove venne arsa viva la “Cagna Corsa” la donna ritenuta essere una strega. Sulle scale dell’edificio religioso venne assassinato, per questioni di vendette d’amore, il celebre musicista Stradella e negli scantinati, oggi occupati da una banca, si ode ancora il lamento di un bimbo della famiglia Lomellini morto durante un incendio. E poi gli angeli dell’altare scolpiti senza veli per far dispetto alla Curia e un misterioso Cristo senza mani. Ma soprattutto qui è nato il termine bancarotta.
Queste sono solo alcune delle curiosità di questo luogo ricco di storia.

La Grande Bellezza…

“Piazza Banchi”. Foto di Luigi Serio.

Storia di un superbo figlio della Superba…

… uomo di profonda cultura… e di grande coraggio…
Nacque a Genova nello stesso giorno di Giuseppe Mazzini (le coincidenze della vita) del quale diverrà amico fraterno.
A soli venti anni si laureò in legge e collaborò in uno studio notarile.
L’ascesa fu rapida e, in breve tempo, divenne vice presidente del tribunale della Prefettura.
Ma Jacopo era un giovane dagli alti ideali e, profondamente insoddisfatto, si iscrisse alla facoltà di medicina, disciplina nella quale, con l’aiuto di Giacomo Mazzini, padre di Giuseppe, conseguì la laurea a 25 anni.
Fu in questo periodo che, insieme al fratello Giovanni, aderì alla Carboneria e iniziò a frequentare l’armatore Raffaele Rubattino e il poeta Gian Carlo Di Negro.
Anima della Giovine Italia si distinse sia nel ruolo di medico al Pammatone che di cospiratore nei salotti cittadini.

Scoperto dalla Polizia Sabauda, grazie a due delatori, il progetto insurrezionale di Genova di cui fu a capo, la notte del 13 maggio 1833, Jacopo venne arrestato e condotto nel carcere della Torre Grimaldina.
  
Qui, interrogato al fine di rivelare il nome dei suoi compagni d’avventura, subì un mese di violenze d’ogni sorta sulle quali, per decenza e rispetto, non mi dilungo.
La mattina del 19 giugno venne trovato morto suicida con la gola recisa con una lama che si era procurato tramite un carceriere.
Sulla parete della sua cella è ancora oggi leggibile, scritta con il sangue del patriota e impressa nell’eternità, la frase: “Ecco la risposta: lascio la vendetta ai miei fratelli!”
Nella Torre Grimaldina, in onore del Grande Genovese, a riconoscimento del suo estremo sacrificio, è stata posta una lapide che recita: “Consacrò queste carceri il sangue di Jacopo Ruffini
mortovi per la fede italiana -1833”