Intanto la Croce rossa in campo bianco sventola orgogliosa e unisce le due tradizioni che hanno fatto la storia della Superba.
La Grande Bellezza…
Foto di Leti Gagge.
Intanto la Croce rossa in campo bianco sventola orgogliosa e unisce le due tradizioni che hanno fatto la storia della Superba.
La Grande Bellezza…
Foto di Leti Gagge.
Alzando lo sguardo fra i cornicioni a Genova capita anche di assistere a zuffe fra giganti e divinità. Ma state tranquilli se non vi intromettete non vi succederà nulla.
Si tratta del ciclo di affreschi delle “Storie epiche ed allegoriche”, iniziato nel 1560 da Ottavio Semino, e portato a termine da Gio. Andrea Ansaldo nel 1610, che decora esternamente i piani alti del cinquecentesco Palazzo Nicola e Gio Batta Spinola in Via San Luca civ. 14.
La Grande Bellezza…
Protagonisti certo sembrano i colorati ombrellini che hanno allietato i primaverili percorsi cittadini.
Ma sullo sfondo, all’angolo fra Vico Superiore del Ferro e Vico Speranza, spicca lo sfarzoso baldacchino della settecentesca edicola della Madonna del Carmine.
Assai scenografici i drappi colorati di blu con i profili in giallo ocra che sembrano fare pendant con i sovrastanti azzurri parëgua.
Ai lati della nicchia due teste di cherubini sorreggono il timpano alla cui base campeggia l’iscrizione:
“Ave Maria / Aera Habintantium / in Hoc Viculo / 1789.
La statua originale, andata persa, è stata sostituita con un’anonima immagine di fine ‘900.
Mattina presto: mentre il bar prepara i tavolini per i suoi avventori, il caruggio non si è ancora svegliato.
La Grande Bellezza…
Sventola la Croce di S. Giorgio mentre la Torre del Popolo e il Campanile di San Lorenzo osservano sospettosi l’impertinente ascensore del Bigo. Tutti e tre hanno la medesima ambizione: l’insaziabile tensione verso l’infinita bellezza. La Grande Bellezza…
“Cercate di conservare sempre un lembo di cielo sopra la vostra vita”.
(Marcel Proust).
Foto di Leti Gagge.
“Se si vuol vedere la più bella strada che esista nel mondo intero, bisogna vedere a Genova Strada Nuova. Su due linee molto prolungate e su un pavimento di porfido, numerosi palazzi fanno a gara per ricchezza, altezza, massa, ostentano i loro porticati, le loro facciate, i loro peristili brillano di stucco bianco, nero, di mille colori. Questi palazzi, dall’esterno, sono dei quadri”.
Cit. da “Lettere sull’Italia” 1785 del romanziere francese Charles Dupaty.
Foto di Leti Gagge.
La Grande Bellezza…
Se avrete la pazienza di leggerlo fino in fondo comprenderete perché Genova era davvero Superba e ineguagliabile.
Possono essere utili queste note soprattutto a chi la giudica senza conoscerla.
Nel 2006 i Palazzi dei Rolli sono stati riconosciuti Patrimonio UNESCO dell’Umanità e ad ogni edizione la pubblica amministrazione in collaborazione con le Belle Arti ne apre, proprio per farne conoscere al pubblico il maggior numero possibile, sempre di nuovi. Sparsi un po’ ovunque nel centro storico, non per questo sono meno sfarzosi e affascinanti.
Al loro interno custodiscono giardini pensili, statue di marmo di pregio dei più grandi scultori, pinacoteche da museo, soffitti, volte e gallerie affrescate, arredi e ambienti sontuosi.
Scrisse in proposito il francese Jean Janin, raffinato scrittore e grande viaggiatore nel suo “En Italie” (1852) per spiegare l’orgoglio ostentato dal Doge genovese Lercari, convocato a Versailles nel 1685 da Re Sole per contrattare la pace…
“bisogna aver conosciuto Genova ed aver visitato da cima a fondo i suoi palazzi.
Infatti se i cortigiani di Luigi XIV avevano creduto di stupire il Doge di Genova con lo splendore e la magnificenza di Versailles è perchè ignoravano da quale città provenisse. Se avessero saputo che quel mercante, rappresentante di una città di mercanti, aveva anche lui il suo palazzo di Versailles e che il suo si trovava in una strada che ne era piena, non si sarebbero precipitati a chiedergli “Cosa vi stupisce di più, Monseigneur?”
E di cosa volevate che si stupisse
quell’uomo? Dei vostri palazzi di pietra?
Egli ne aveva uno in marmo! Delle vostre colonne di marmo?
Egli aveva le colonne in porfido! Delle vostre colonne in porfido?
Egli aveva le colonne tempestate in lapislazzuli.
Del vostro architetto Mansart?
Egli aveva come architetti Francesco Falcone, Andrea, suo fratello e Carlo Fontana, che aveva innalzato l’obelisco di Roma e aveva costruito scalinate più belle di quelle di Versailles.
Voi avevate delle statue di Coysevox, egli aveva statue di Puget. Lebrun era il pittore del Re, il pittore del Doge si chiamava Paolo Veronese.
Il re faceva dipingere il proprio ritratto da Mignard: il Doge faceva dipingere sua moglie, suo figlio ed il cane da Van Dyck.
Cosa quindi, pur nella magnifica Versailles, poteva stupire lui, il Doge di Genova, la
cui camera era affrescata dall’Aldobrandini, le cui tappezzerie erano disegnate dal Romanelli, che aveva al suo esercizio il Correggio, Tiziano, il Caravaggio?
Di cosa poteva stupirsi quel Re di una Repubblica che non comprava a caso i dipinti dei maestri celebri ma che, di padre in figlio, faceva venire in casa i pittori e diceva loro:
“In questo posto mi ci vuole un capolavoro” e che aveva ai suoi ordini il Tintoretto, così come suo nonno aveva avuto Albrecht Durer?
Un uomo che aveva commissionato “La Maddalena” a Paolo Veronese apposta perché coprisse un pezzo di muro della sua casa, di cosa poteva stupirsi?”
I suoi palazzi continuano invece ancora oggi a stupire migliaia di visitatori perché, come annotava nel 1896 Cechov ne “Il Gabbiano”: Genova è la città più bella del mondo”.
Nella foto una piccola ma grande testimonianza dello sfarzo e dell’opulenza genovese: la settecentesca Galleria Dorata del Palazzo di Tobia Pallavicino, noto anche come Cataldi Carrega. Oggi prestigiosa sede della Camera di Commercio di Genova in Via Garibaldi (un tempo Via Aurea) civ. n. 4″.
Ineguagliabile opera di Lorenzo De Ferrari e Diego Carlone.
Trionfo dello sfarzo e del Barocco genovese.
Grande Orgoglio e… Grande Bellezza…
Si tratta probabilmente del gozzo più famoso di Genova che, da decenni (purtroppo è andato distrutto durante una violenta mareggiata nel gennaio 2023), presidia il millenario Borgo marinaro di Bocca d’asino divenuto, per incapacità dei piemontesi nel tradurne il toponimo dal genovese, Boccadasse.
Fu un lampo infatti per i carabinieri sabaudi, mentre compilavano la nuova toponomastica cittadina sotto il Regno d’Italia, tradurre Bocca d’ase in Boccadasse.“Ho sempre avuto l’idea che navigando ci siano soltanto due veri maestri, uno è il mare, e l’altro è la barca, E il cielo, state dimenticando il cielo, Si, chiaro, il cielo, I venti, Le nuvole, Il cielo, Si, il cielo”
(José Saramago).
Foto di Leti Gagge.
La Grande Bellezza…
Città scavata nella roccia con pavimentazioni in porfido e abbondanza di portali in pietra: queste le principali caratteristiche che, di primo acchito, stupivano il visitatore foresto.
E come non meravigliarsi di fronte a questo minuzioso sovrapporta del Palazzo Spinola di Vico della Posta Vecchia n. 16?
Si tratta del cinquecentesco portale che rappresenta le Virtù degli Spinola opera attribuita a Pace Gaggini: lo stemma a forma di testa di cavallo del casato è retto da putti alati trainato sul carro della gloria, scortato da armigeri.
Tutto il perimetro risulta finemente decorato e intarsiato con fregi e figure d’ogni sorta.
“Raramente la grande bellezza e la grande virtù dimorano assieme”.
(Francesco Petrarca)
A Genova succede…
Furibonda la mareggiata scatenata dopo la lite. La barca titubante ma fiduciosa osservava il mare nella speranza che presto si sarebbe placato.
Non avevano tempo da perdere, entrambi dovevano riprendere il loro viaggio verso l’infinito.
“Conosco delle barche
che restano nel porto per paura
che le correnti le trascinino via con troppa violenza.
Conosco delle barche che arrugginiscono in porto
per non aver mai rischiato una vela fuori.
Conosco delle barche che si dimenticano di partire
hanno paura del mare a furia di invecchiare
e le onde non le hanno mai portate altrove,
il loro viaggio è finito ancora prima di iniziare”.
(Jacques Brel)
Foto di autore a me ignoto fornitami da Sabrina Barani.
La Grande Bellezza…
In Vico dietro al Coro di San Luca scene di vita quotidiana che sembrano tratte da un trompe l’oeil:
nella parte destra dello scatto quel che resta di un’edicola in stucco a tempietto contenente, un tempo, un dipinto protetto da una grata.
Rimane solo l’inferriata perché sia l’immagine sacra con cornice che il relativo cartiglio sono stati asportati e sottratti. A sinistra un singolare telaio di bicicletta di colore verde appeso sopra il caruggio.
Sullo sfondo la Torre di San Luca con i suoi secolari blocchi in bugnato. Al centro, mentre la sagoma di un tizio si confonde nella penombra, una signora armeggia con il suo trolley. In partenza o di ritorno da un viaggio? Se lo domanda anche la procace graziosa che la osserva incuriosita.
Foto di Leti Gagge.
La Grande Bellezza..