Partimmo in Mille

…”cari fratelli dell’altra sponda
cantammo in coro giù sulla terra
amammo in cento l’identica donna
partimmo in mille per la stessa guerra
questo ricordo non vi consoli
quando si muore si muore soli
questo ricordo non vi consoli
quando si muore si muore soli..”.

Cit. da Il Testamento di Fabrizio De Andre’.

La Grande Bellezza…

Madonna della Misericordia in Via T. Reggio

All’angolo fra Via Tommaso Reggio e Scurreria la Vecchia si trova l’edicola barocca della Madonna della Misericordia del sec. XVII – XVIII. La statua di fattura posteriore è stata apposta per sostituire quella originale sparita.

La profonda nicchia è decorata con fiori, riccioli e tralci. Sotto la copertura in ardesia spiccano due teste di cherubini ed una piccola teca tonda, oggi vuota, che probabilmente proteggeva un rilievo marmoreo.

“Primo piano dell’Edicola”. Foto di Francesco Auteri.

Alla base campeggia un’epigrafe che si riferisce, per ignoto motivo, non alla Madonna bensì al Padre Santo (Francesco da Camporosso).

 

Sbirciando i Truogoli

Sopra l’archivolto di Via Balbi 126 a/r la statua marmorea con aureola in ferro di San Giovanni Battista del XVIII sec.  veglia sulla suggestiva Piazza di Santa Brigida. Sbirciando s’intravvede la copertura degli omonimi Truogoli.

I Truogoli originali costruiti a metà seicento non ci sono più. Nella versione in cui li possiamo ammirare noi oggi si presentano in conformazione ridotta e sono stati ricostruiti nel 2006 utilizzando solo porzioni delle vasche originali in pietra. Riedificate anche le strutture di copertura e ripristinata la pavimentazione.

“I Truogoli di Santa Brigida”

La Grande Bellezza…

In copertina: Foto di Stefano Eloggi.

Il Sarcofago in Vico del Campanile delle Vigne

Percorrendo il Vico del Campanile delle Vigne, ci si imbatte in uno strepitoso sarcofago del II sec. d.C. raffigurante la morte di Fedra. Nel 1304 venne utilizzato per conservare le spoglie mortali di Anselmo d’Incisa, astronomo, alchimista e medico personale di Papa Bonifacio VIII e di Filippo il Bello, re di Francia.

Trattasi di una fedele  copia poiché il prezioso originale è custodito presso il Museo Diocesano.

La Grande Bellezza…

Città di marmo bianco e nero

Al civ. 17 Palazzo Andrea Doria donato dalla Repubblica all’ammiraglio riconosciuto come “Padre della Patria” per averla liberata dall’occupazione francese. Il prestigioso portale di scuola toscana è per taluni opera di Niccolò da Corte e Gian Giacomo della Porta per altri, di Michele D’Aria e Giovanni da Campione. Ricco di animali esotici e fantastici quali pavoni, lucertole, teste di montoni e leoni, sirene danzanti, uccelli che beccano fiori, grifoni, pesci mostruosi e altri animaletti.

Sopra l’architrave è scolpita l’epigrafe relativa alla donazione: “Senat. Cons Andreae De Oria Patriae  Liberatori Munus Publicum”.

“Il Portale con relativa iscrizione della donazione all’ammiraglio Andrea Doria da parte della Repubblica in segno di riconoscenza per averle restituito la libertà”

“Era difficile descrivere il sentimento che lo colse alla vista della prima città italiana, la magnifica Genova. Si innalzarono su di lui i suoi campanili policromi, le chiese rigate di marmo bianco e nero e tutto il suo anfiteatro turrito che all’improvviso lo circondò da ogni parte, nella sua raddoppiata bellezza… Non aveva mai visto Genova prima di allora…”.

Nikolaj Gogol.

La Grande Bellezza…

San Giorgio in San Matteo

Al civ. 14 Palazzo Giorgio Doria, meglio noto come Doria Quartara, celebre per uno dei sovrapporta di S. Giorgio e il Drago più belli della città, frutto della maestria di Giovanni Gagini nel 1457.

La scena è quella classica ma arricchita in questo caso da personaggi secondari che rimandano alla coeva “Adorazione dei Magi” di Via degli Orefici. Il pastore che suona la cornamusa e il gregge al pascolo si trovano infatti anche nel celeberrimo “Presepe” e costituiscono una sorta di tratto distintivo.

Seppure complessivamente in buono stato di conservazione il Portale presenta gli scudi dei due armigeri abrasi e il volto del Santo mancante.

La Grande Bellezza…

Genova… vera ebbrezza

“L’antica cattedrale di San Lorenzo è una delle cose più notevoli che abbiamo visto a Genova: vasta, con colonnati, maestosi pilastri e un grande organo, e la consueta pompa di dorature, dipinti, volte affrescate e così via. Io naturalmente non potrei descriverla: per farlo ci vorrebbe un bel numero di pagine”

(Cit. Mark Twain).

“… Genova. Qui mi parve veramente che l’agognato miracolo stesse per compiersi. Ancora oggi la splendida impressione di questa città combatte in me la nostalgia della rimanente Italia. Passai alcuni giorni di vera ebbrezza; ma fu certamente la mia grande solitudine in mezzo a queste impressioni che ben presto mi fece sentire l’estraneità di questo mondo, in cui mai mi sarei potuto sentire come in casa mia. Incapace di visitare secondo un piano regolare i tesori artistici della città, mi abbandonai senza guida ad una specie di sentimento musicale del nuovo ambiente in cui mi trovavo, e cercai prima di tutto il punto in cui avrei potuto fissarmi e godere tranquillamente delle mie impressioni.

(Cit. Richard Wagner).

La Grande Bellezza…

Il Mare di Settembre

Il mare di Settembre non si può spiegare, si può solo respirare.

“Ed ecco ce ne andiamo come siamo venuti

arrivederci fratello mare
mi porto un po’ della tua ghiaia
un po’ del tuo sale azzurro
un po’ della tua infinità
e un pochino della tua luce
e della tua infelicità.
Ci hai saputo dir molte cose
sul tuo destino di mare
eccoci con un po’ più di speranza
eccoci con un po’ più di saggezza
e ce ne andiamo come siamo venuti
arrivederci fratello mare”.
(Nazim Hikmet)

Di che incommensurabile fortuna godiamo noi che invece abbiamo il privilegio di viverlo e ammirarlo ogni giorno!

Nel blu cupo, azzurro turchese, verde smeraldo o grigio perla che sia, io e te uniti per sempre… e anche i pensieri, per un momento, cessano ammutoliti il loro moto perpetuo.

La Grande Bellezza…

In foto il mare e la spiaggia di Deiva Marina.

“Affreschi e fresco di Cantine”…

La Piazza deve il nome alla famiglia di calzolai degli Invrea probabilmente originari di Ivrea. In principio la piazzetta era conosciuta come Squarciafichi dal nome della nobile e poliedrica omonima famiglia. Costoro infatti fornirono alla Repubblica pirati, condottieri e dogi ma anche letterati e notabili.

Curioso è il toponimo che invece il popolo aveva attribuito al luogo chiamandolo piazza delle “animette” per via di una bottega specializzata nella vendita di bottoni d’osso e di madreperla.

All’angolo con l’omonimo vico una trascurata edicola del XVIII sec. che ospitava un tempo una Madonna col Bambino oggi scomparsa. Il tempietto è in stucco bianco con base a corolla e grande fastigi riccioli.

“Palazzo Lercari in Piazza Invrea”.

Al Civ. n. 8 in un edificio del XIII – XIV sec  Palazzo Lercari seriamente danneggiato durante i bombardamenti dell’autunno 1942: guardando il secondo piano si notano fregi di archetti e loggiato con due archi in conci bicromi, ovviamente brutalmente tamponati e violentati dalla presenza di imponenti finestre posticce. Al terzo piano si stagliano due quadrifore con archetti scolpiti, muratura in laterizio con archi in conci bicromi. All’ultimo piano dominano due trifore con resti di decorazioni sugli archetti.

“Portale di Palazzo Invrea”. Foto di Leti Gagge.

Al Civ. 3a un sovrapporta in marmo con due stemmi, corona e trigramama di Cristo abraso.

“Particolare del sovrapporta del Civ. 3a”. Foto di Leti Gagge.

Al Civ. 5 l’edificio principale della piazza: Palazzo Invrea, edificato su presistenti proprietà medievali, conosciuto anche come Mascardi o Squarciafico del XVI sec.

Il portale si presenta in marmo con semi colonne doriche scanalate e fregi di clipei e brucani.

Sul portone in ferro borchiato un curioso batacchio con fregi la cui forma richiama la lussuriosa presenza per un certo periodo, data la sofisticata ubicazione, di una casa di piacere per facoltosi clienti. La zona infatti presentava ancora fino alla loro abolizione, avvenuta con la famigerata Legge Merlin del 1958, diversi bordelli: oltre a quello di Palazzo Squarciafico i vecchi ne ricordano uno più popolare nel vicino Vico dei Ragazzi, assai gettonato, perché consentiva, previo adeguata mancia, l’accesso ai minorenni.

“Significativo batacchio del portone di Palazzo Invrea”. Foto di Leti Gagge.
“Prospetto affrescato”. Foto di Leti Gagge.
“Brani degli affreschi di Ottavio Semino”. Foto di Leti Gagge.
“Particolari del Ratto delle Sabine del Semino”. Foto di Leti Gagge.
“Ancora scene del Ratto delle Sabine”. Foto di Leti Gagge.

Ai piani alti rimangono tracce degli affreschi di Ottavio Semino dei quali, quelli sotto il cornicione, descrivono il celebre “Ratto delle Sabine”.

Dal civ. n. 3 si accede al ristorante “Le Cantine Squarciafico” (oggi trasferitosi nella vicina Piazzetta dell’Amico n. 2), locale un tempo utilizzato come cisterne del palazzo e, secondo alcune fonti nel Medioevo, anche come prigione. Le colonne all’interno sono in pietra con capitelli tardo gotici di reimpiego (bottino di guerra?).

“Interni e colonne del Ristorante Le Cantine di Squarciafico”.

Nei pressi dell’archivolto di Vico dei Ragazzi sono visibili, ultima sorpresa, tracce della più antica cinta muraria di cui si abbia prova concreta, quelle del X sec.  Si tratta dei resti di una delle due torri Squarciafico (l’altra é all’interno delle cantine dell’omonimo palazzo) risalenti a quell’epoca.

Altri brani di questa millenaria testimonianza si possono ammirare in Via Tommaso Reggio, vicino all’Arcivescovato.

“Archivolto di Vico dei Ragazzi. In primo piano a destra le antichissime mura del X sec.”.

In Piazza Invrea basta solo uno sguardo per passare dagli affreschi del Semino, attraverso mura millenarie, al fresco delle Cantine degli Squarciafico.

Vetrate colorate

Terza scena secondo atto del Percorso iniziatico del romantico Parco di Villa Pallavicini a Pegli: Castello del Capitano

Giunti alla sommità del colle si deduce che il borgo oggi non più esistente era governato da un valoroso Capitano, che abitava nel castello ora diroccato (il marchese volle farlo costruire da Canzio secondo il tipico immaginario ottocentesco del castello medievale: con un’alta torre, le merlature, le vetrate colorate, il ponte levatoio).

“Le persone sono come quelle finestre di vetro a specchio. Brillano e luccicano quando il sole è alto, ma quando arriva l’oscurità, la loro vera bellezza si rivela solo se vi è una luce all’interno”
(Elizabeth Kubler-Ross).

La Grande Bellezza…