Il misterioso e dimenticato meali!

A Genova ancora per quelli della mia generazione nati inizio anni ’70 la parola meali aveva un significato ben preciso.

Non c’era infatti campetto, oratorio, sagrato, giardinetto o piazzetta dove durante la partita con questo termine venisse identificata la rimessa dal fondo.

Erano gli anni in cui al portiere non era richiesto il saper giocare coi piedi. Per fare bene il suo mestiere, ovvero quello di parare, bastava che sapesse usare con bravura le mani.

A quel tempo dunque la ripresa del gioco dal fondo avveniva con un lancio lungo del pallone che, prima di essere toccato da un compagno, doveva in ogni caso uscire dall’area di rigore.

Così molto spesso ad effettuare tale rinvio non era il portiere, bensì il libero o comunque il giocatore di movimento dotato del calcio più lungo.

Oggi invece è in voga -uso il termine tecnico- la “costruzione dal basso” che prevede l’avvio dell’azione proprio da parte del portiere che passa la palla (che non deve più necessariamente prima di essere toccata da un compagno uscire dall’area grande) ad uno dei due terzini posti ai vertici di quella piccola.

Eppure al di fuori dei confini provinciali la parola meali è sconosciuta. Semplicemente non esiste se non tramandata dalla tradizione orale delle cronache delle partite degli albori. Persino l’Accademia della Crusca interpellata a suo tempo sulla questione della sua genesi non ha saputo fornire una spiegazione definitiva.

Secondo alcuni infatti l’etimo della parola meali deriverebbe da una maccheronica onomatopeica traduzione dall’inglese della domanda rivolta all’arbitro “May I?” (posso battere?) oppure dalla storpiatura di “My line” (batto dalla mia linea) et “similia”.

Secondo altri l’origine sarebbe invece riconducibile all’espressione dialettale “Mèa li! (Guarda lì) per indicare dove mettere la palla per battere il rinvio dal fondo.

Facendo ricerche in rete sull’argomento mi sono imbattuto anche nelle suggestive quanto fantasiose ipotesi formulate dal sito Pagina2Cento secondo il quale la parola meali vanterebbe addirittura origini greche. In proposito riporti pari pari:

“… Un amico tifoso dell’Aris Salonicco ha suggerito che “me allì” in greco significa “con l’altra” (femminile). Starebbe per “gioca dal fondo con l’altra palla”: un cambio di attrezzo, insomma, come oggi i portieri fanno spesso. Ma all’epoca dei pionieri? Difficile.

Un altro amico, stavolta tifoso del Paok Salonicco, l’ha presa più sul filosofico: “se ci pensi, calcio d’angolo o rimessa dal fondo dipendono sempre da una decisione dell’arbitro, nonostante i giocatori pretendano sempre di aver ragione. Tutti sostengono di dire la verità al direttore di gara. E quando il fischietto decide, eccoci in presenza di un giudizio preso “me alithia”, che in greco vuol dire con verità. Per il corner era già popolare la parola inglese, ma goal kick no. Meali vuol dire che l’arbitro ha deciso per la rimessa dal fondo e che il suo giudizio è la verità di cui prendere atto”.

Meali deriverebbe da “Me alithia” in forma contratta? Mah… forse. Nessuno degli altri al tavolo aveva una spiegazione migliore. Tutti concordavano però su una cosa: meali aveva sicuramente un’origine ellenica, come (secondo i greci) il 99,99% delle parole nel mondo occidentale.

Avevo solo un ultimo quesito per loro: d’accordo l’origine greca, ma come si spiegherebbe l’uso di meali solo a Genova e nelle sue immediate vicinanze? Con questa domanda, ero sicuro di averli messi nel sacco. Mi hanno risposto in coro: “Semplice. Siete una città di mare e chi domina il mare, dai tempi dell’Iliade, sono i marinai greci. Saremo venuti a giocare da voi e vi avremo insegnato la parola meali”.
Parola che poi, in Grecia, non hanno mai utilizzato”.

Greci o non greci sicuramente il football in Italia, proprio per via degli scambi marittimi con gli inglesi, è nato proprio a Genova nel 1893 con la fondazione del Genoa CFC e quindi è plausibile che la parola meali sia frutto di questa contaminazione inizialmente onomatopeica poi assorbita nella lingua genovese.

Meali! Ovvero “Compagni guardate” avvertimento rivolto dal battitore ai giocatori sulle ali che sta per rilanciare in loro direzione.

Qualunque sia l’origine della parola di cui nella lingua italiana non si ha traccia, per me che da ragazzino facevo il portiere, il rinvio dal fondo, che sia io o il libero a calciare, sarà sempre il meali!

In Copertina: Meali battuto dal portiere durante una partita di campionato inglese di inizio secolo. Immagine tratta da Ulimouomo.com.

Che storia il Genoa Cricket and Football Club!

Nel 1893 via Palestro era una signorile strada costruita poco più di una decina di anni prima nel cuore del nuovo centro finanziario cittadino.

La sera di Giovedì 7 settembre il portone del civ. n.10 era aperto per il continuo passaggio di eleganti signori. Una tipica tiepida sera di fine estate, rinfrescata da una leggera brezza marina.

Alla spicciolata arrivarono: Charles De Grave Sells, S. Green, G. Blake, W. Riley, D.G Fawcus, Sandys, E. De Thierry, Johnathan Summerhill, senior e junior, e soprattutto Charles Alfred Payton, console generale di Sua Maestà la Regina a Genova e futuro baronetto dell’impero britannico.

Si accomodarono sfilati mantelli, soprabiti e tube all’interno n. 4, sede del consolato britannico a Genova.

Dall’ora insolita si capiva che non si trattava di una riunione di lavoro, bensì dell’ufficializzazione – nero su bianco – del circolo sportivo che da quasi 2 anni operava nella Superba al fine di svagare i sudditi britannici.

Nasceva così in un ambiente pregno di tabacco avvolto in un’atmosfera satura del fumo delle pipe, tra un bicchiere di scotch e un sorso di Gin, il Genoa Cricket and Athletic Club.

Sopra un semplice quaderno contabile rilegato in tela e cartone una chiara e lineare calligrafia certificava l’accaduto:

The club was formed 7th September 1893. Patron il console di Sua Maestà Britannica Charles Alfred Payton; President: Charles De Grave Sells. Vice president: Johnathan Summerhill senior”.

Seguono lo honorary secretary and treasurer Sandys, e il Committee and Management; poi la list of Members che comprende 30 iscritti tutti anglosassoni. Versano una quota associativa di 10 lire ciascuno.

Pochi giorni dopo spedirono un assegno da 28 sterline a Londra con il quale acquistarono gli attrezzi per il cricket (cricket things).

Tutto ciò è giunto a noi grazie a Gianni Brera, appassionato giornalista di football e tifoso del Genoa. Il prezioso documento, il più antico attestato di una fondazione di una squadra di calcio in Italia, dopo essere stato rinvenuto nella biblioteca dello scrittore, è custodito oggi dalla Fondazione Genoa presso l’omonimo museo nel Porto Antico.

Il campo da gioco del cricket era situato a Bolzaneto e George Dorner Fawcus era il capitano sia del Cricket che dei footballers.

Tutti i membri ricevettero dalla società il rules, (copia del regolamento) e l’autorizzazione a contattare i comandanti delle navi britanniche in porto onde organizzare partite con gli equipaggi.

I primi incontri annotati avvenero proprio nel settembre 1893 contro i marinai del Hydaspes e del Cathay. Vennero fatte cucire delle reti dietro alle porte di cricket (purchase string to make cricket net with) per recuperare la palla cosa che nel football in Italia avverrà solo nel 1904.

Testimonianze tuttora visibili della numerosa comunità britannica e di quegli anni pioneristici in città sono la palazzina del marinaio, il Sailor’s Rest fondato per togliere dalle osterie e dai luoghi di perdizione i marinai inglesi e la neogotica chiesa anglicana nella vicina Piazza Marsala n. 3.

La svolta sarà 3 anni dopo quando al club si iscriverà un medico assunto per curare i marinai inglesi sulle carboniere. Il suo nome è Spensley, James Richardson Spensley.

La prima formazione del Genoa campione d’Italia: Baird, De Galleani, Ghigliotti, Pasteur, Spensley, Ghiglione, Le Pelley, Bertollo, Dapples, Bocciardo, Leaver. Genoa-International di Torino 2-1 . Reti Spensley (G), Bosio (I), Leaver dts.

Il Dottore era un poliedrico personaggio dai molteplici interessi: parlava correntemente tre lingue, conosceva sanscrito e greco antico, studiava le religioni orientali, scriveva per il Daily Mail, seguiva il pugilato, spendeva parte del suo tempo e dei suoi introiti per il sostentamento dei trovatelli.

Nel 1910 avrebbe fondato presso la Basilica delle Vigne la prima sezione scoutistica italiana. Oltre a ciò era anche arbitro, portiere e, all’occorrenza, giocatore di movimento.

Lo scatto più celebre di James Spensley che lo ritrae fra i pali.

Così nel 1897 iniziò ad organizzare il Club di football sul modello di quelli della sua madrepatria. Intensificò l’arruolamento di equipaggi e persino di operai delle Ferriere Bruzzo per giocare più partite possibile.

I primi incontri si disputarono a Sampierdarena, sulla piazza d’armi del Campasso (adiacente odierna via Walter Fillak), sui terreni di proprietà di due industriali scozzesi: John Wilson e Alexander McLaren. Si giocava, all’uso inglese, il sabato e il punto di ritrovo era la locale trattoria Gina.

Nell’assemblea del 10 aprile di quell’anno Spensley riuscì a far passare la sua mozione per l’ingresso nel club di soci italiani. Inizialmente l’allargamento fu stabilito in massimo 50 membri ma visto l’inaspettato successo fu presto reso illimitato.

Il campo del Campasso era ormai insufficiente per le esigenze della squadra e il Genoa si trasferì, lungo le rive del torrente Bisagno, nel nuovo campo di Ponte Carrega all’interno degli spazi utilizzati dalla Società Ginnastica Cristoforo Colombo, come pista velocipedistica.

Ricostruzione del campo di Ponte Carrega presso il Museo del Genoa.

Mel 1907 ancora un trasloco, stavolta presso il campo di S. Gottardo nell’omonima frazione sempre lungo il Bisagno, la cui struttura, destinata poi dal Comune all’impianto di un gasometro, si rivelerà presto di capienza inadeguata per ospitare i numerosi tifosi del Grifone.

Poi, finalmente nel 1911, grazie all’intervento del Marchese Emanuele Piantelli socio del Club, il Genoa avrà la sua casa definitiva nel campo “O Campo do Zena” di via del Piano, nel quartiere di Marassi, dal 1933 intitolato al capitano eroe di guerra Luigi Ferraris.

Curiosa anche l’evoluzione dei colori delle maglie: l’abbigliamento originario era derivato dal gioco del cricket e comprendeva, come testimoniato dalla foto del primo campionato vinto nel 1898, una camicia bianca, i pantaloni al ginocchio neri e calze nere. Già a partire dall’anno successivo, la squadra cambierà maglia, indossandone una a righe verticali bianche e blu. Sarà solo tre anni più tardi che il Genoa adotterà la tradizionale maglia a quarti rossoblù, con il rosso granata a sinistra e il blu scuro a destra. La scelta dei colori fu presa in seguito ad una proposta di tre soci del club, i genovesi Paolo Rossi e Giovanni Bocciardo, e lo svizzero Edoardo Pasteur dopo la morte della Regina Vittoria avvenuta nel 1901.

“Quando il Genoa già praticava il football gli altri si accorgevano di avere i piedi quando gli dolevano”.

Cit. Gianni Brera (1919-1992) scrittore giornalista sportivo.

Fonti: Storia insolita di Genova di A. Padovano Roma 2008.

Società Ginnastica Ligure C Colombo. Quarant’anni di Storia sociale. Genova 1905.

Caro Vecchio Balordo di Gianni Brera e Giovanni Calzia. Genova 2005.

Genoa Amore Mio di Gianni Brera e Franco Tomati. Genova 1992.

genoacfc.it sito ufficiale del Genoa CFC 1893.

In Copertina: l’atto di fondazione del Genoa.

Pasolini a Genova

Genova, giugno (1959)

“Il mare cambia colore, dopo essere scomparso per decine di chilometri in una enorme fuligginosa città di magazzini: ricompare dietro due spunzoni di roccia e una torre campanaria tra barbaresco e liberty, con una fila di grattacieli sopra un’altura color polvere, com’è polvere tutto.

Genova fuma, sfuma in un guazzabuglio supremo. L’attraversi, a metà Corso Italia, già verso Levante, ti volti, e alle tue spalle ecco la più bella visione di tutta la Liguria.

Il porto, con catene di navi, banchine battute da un mare color paglia, una frana di palazzi, impastati in un’unica polvere, e più vicino vecchie navi ruggini, moli di massi neri, il mare verde oliva, torbido come un fiume in piena, con un ghirigoro di scoglietti, isolotti, rotonde, tutto di ferro battuto, e orridi, qui sotto, con erbe, fichi d’India e spazzatura.

Nel limite di questi quadro, ai piedi di chi guarda, in fondo a un vertiginoso muraglione da città del futuro, sotto una rete di protezione, c’è una piccola spiaggia di ciottoli. Si intravede, nella luce del temporale, qualcuno che fa il bagno. Una ragazza bionda, nuda, di carne, di carne calda, in mezzo a tutto quel ferro”.

Pier Paolo Pasolini. “La lunga strada di sabbia” (1959).

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Pasolini con la maglia del Genoa. Foto dal web.

Il 29 maggio del 1975, curioso aneddoto, il famoso poeta e regista bolognese e tifoso felsineo fu protagonista, in veste di capitano, in un derby infrasettimanale beneficenza tra vecchie glorie e personaggi dello spettacolo di Genoa e Sampdoria.

In copertina: Pier Paolo Pasolini con sullo sfondo il quartiere della Foce prima della costruzione di Piazzale Jennedy e della zona. Immagine tratta dalla mostra sul regista a Palazzo Ducale di Genova (30/11/21 – 13/3/22).

… Quando a Brignole c’erano le mongolfiere…

quando, agli albori del ‘900, davanti alla stazione Brignole a quel tempo in costruzione, gli appassionati assistevano all’ardimentoso spettacolo dei palloni aerostatici…

… quando si costruivano addirittura tribune per permettere al numeroso pubblico di ammirare curioso con il naso all’insù le ardite manovre degli impavidi piloti delle mongolfiere.

Quando nel 1903 in scio pròu sul campo chiamato”Velodromo” che occupava la zona dell’odierna Piazza Verdi vi fu l’ascensione del Pallone “Centauro”.

La struttura venne smantellata poco dopo appena terminata la costruzione della Stazione nel 1905.

In quello stesso spiazzo ma con il terreno di gioco disposto in maniera diversa nel 1913 verrà costruito, per ospitare l’Expo internazionale dell’Igiene, della Marina e delle Colonie dell’anno successivo, lo Stadium.

Tale impianto fu per un paio di partite, causa squalifica del campo di Via del Piano (il futuro Ferraris), lo spelacchiato terreno di gioco del Genoa per la 7^ volta campione d’Italia.

… Quando a Ponte Carrega c’era il Velodromo…

Quando ancora non c’era Via Lungobisagno Istria e lo storico Ponte Carrega, per fargli spazio, non era stato ancora mutilato…

quando c’era il mitologico  velodromo che Geo Davidson mise a disposizione di Sir James Richardson Spensley per disputare i primi incontri di football di cui furono protagoniste le leggendarie maglie bianco azzurre del Genoa. Gli inossidabili colori rossoblù della United of Kingdom infatti verranno adottati dal sodalizio genovese solo nel 1901 per omaggiare, in occasione della sua dipartita, la Regina Vittoria.

… Quando si andava al Campo…

Quando per andare allo stadio si usava dire “vado al Campo” (il “Tempio” lasciamolo per le funzioni religiose)… operai ed impiegati ci andavano a piedi o in tram, i signori in auto stile gangsters di Chicago… quando in piena epoca fascista non si poteva dire Genoa 1893, bensì Genova 1893… quando i cugini non esistevano ancora se non sotto forma di continue fusioni e trasformazioni… quando non v’erano dubbi su quale fosse l’unica vera squadra cittadina.