Quando il futuro premio Nobel per la letteratura Eugenio Montale scendeva dalle scale della sua casa natale al civ. n. 5 non aveva ancora otto anni.
La sottostante fascia di circa un ettaro che ospita il prestigioso orto botanico dell’Università Genova esisteva invece già da circa un secolo (1803).
Cartolina di Corso Dogali nel 1904.
Quando in via Strada Grande del Guastato, voluta dalla famiglia Balbi, in mezzo alla carreggiata convivevano tram a rotaie, carrozze e carretti di merci varie. Sul marciapiede invece passaggiavano eleganti signori in tuba.
Quando in Piazza San Leonardo non esistevano ancora le antiche trattorie da Genio (fuori campo) e da Domenico (oggi scomparsa).
Davanti alle garritte di guardia della caserma D’Oria, un tempo convento di San Leonardo, a soddisfare le esigenze dei militari, bastavano una birreria ed una bottiglieria.
Nell’omonima salita che conduceva al convento, fondato nel 1317 per volere del vescovo Leonardo Fieschi, nel ‘600 ebbe bottega il celebre pittore barocco Domenico Piola. Nel ‘900 la creuza ospitò anche la principale sede cittadina del Partito Comunista Italiano.
Uno scorcio di inizio ‘900 con due batosi e una bimba che posano incuriositi, come il signore che poggia la mano sul muretto della scalinata, per lo scatto.
Rapito invece dal superbo panorama di pietra e ardesia, oggi solo uno sbiadito ricordo in bianco e nero, è il papà che tiene per mano la figlioletta.
L’oratorio di Sant’Antonio Abate della Marina e le trecentesche mura della Marina sono ancora lì al loro posto.
Risulta invece beffarda la secentesca epigrafe “Posuerunt me custodem” che, posta sulla parete della chiesa, è riferita alla Madonna Regina di Genova.
La Vergine, a cui tante volte in precedenza era stata attribuita la salvezza della Superba, questa volta non è riuscita a proteggerla dai suoi stessi spietati cittadini.
Le millenarie palazzate dei quartieri della Marina, della Madre di Dio, dei Lanaiuoli e dei Servi sono andate infatti distrutte dalla scelleratezza umana in nome del progresso.
Purtroppo a dominare il colle di Carignano oggi è rimasta sola la Basilica di Santa Maria dell’Assunta.
L’ignobile opera demolitrice si svolse incessantemente a partire dal 1972 fino al 1980.
Sia imperitura vergogna della Commissione Astengo istituita dal Sindaco Pertusio che l’ha decisa, del Cardinale Siri che l’ha approvata e benedetta e degli architetti Dasso, Bruzzone e Aulenti che l’hanno progettata e attuata.
A parziale soddisfazione di tale imperdonabile offesa ci ha pensato il tempo rendendo il moderno quartiere della Regione, che ha sostituito quello più antico, un vuoto e triste contenitore senz’anima e vita.
Quando in Via Corsica dove oggi c’è la banca Carige a partire dal 1901 vi era Capurro la pasticceria gelateria regina del futuro catering cittadino.
Nei fondi del palazzo aveva anche sede il laboratorio che riforniva le altre 7 filiali sparse per la città.
Alcuni passanti osservano, all’altezza di Villa Croce in Corso Saffi, la potente quanto spettacolare mareggiata.
Al centro si riconosce il bastione della batteria della Strega e in lontananza s’intuisce il profilo della chiesa di San Pietro della Foce,
A monte, al posto della salita occupata oggi da Via Atto Vannucci, tratti delle antiche mura secentesche di Santa Chiara e sullo sfondo, ancora più in là, la collina di Albaro.
Da Via Cairoli s’imbocca vico alla Casa di Mazzini che introduce in Via Lomellini al quattrocentesco Palazzo Adorno.
L’edificio nella versione odierna è frutto della ristrutturazione di metà ‘800.
Nel 1925 è stato dichiarato monumento nazionale e dal 1934 ospita la sede del museo del Risorgimento italiano perché fu – appunto – a partire dal 1794 la dimora natale dell’apostolo della Libertà.
La Grande Bellezza…
In copertina: Vico alla Casa di Mazzini. Foto di Stefano Eloggi.
La chiesa di Santo Stefano (fuori campo a destra osservando la cartolina) è rimasta sola. Da poco tempo la Porta degli Archi, per far spazio al Ponte Monumentale, è stata traslocata altrove.
Sulla strada intitolata al barone, sindaco e promotore del progetto, convivono vecchie carrozze e moderni, per l’epoca, tram a rotaie.
Mentre un signore passeggia assorto nella lettura del proprio giornale il 123 è diretto a Manin.
Una signora di bianco vestita, nell’attraversare, sfida fiduciosa gli schizzi di fango e sterco che ricoprono il selciato.
Cartolina del 1906 autore J. Neer.
Con la costruzione di Via Casaregis iniziata in principio 900 e completata nei due decenni successivi le case e i magazzini dei pescatori vennero espropriate.
Fu così che nel 1935 sulla sponda destra del Bisagno per accogliere le loro attività, vennero appositamente costruite le nuove case dei pescatori.
Quando il barone Andrea Podestà sindaco di Genova non aveva ancora nemmeno immaginato la futura Via XX settembre da lui nel 1892, contro tutto e tutti, fortemente voluta.
Quando la strada che partiva da Porta Pila si chiamava Via della Consolazione dal nome dell’attigua omonima chiesa.
Quando il tratto successivo che iniziava dal ponte monumentale e terminava a piazza San Domenico (odierna De Ferrari) si chiamava ancora Via Giulia.