Piazza Senarega

A pochi passi da via degli Orefici e via Banchi si trova la graziosa .

Il toponimo del sito trae origine dal nome dell'omonima nobile famiglia originaria della Valle Scrivia.

Protagonista assoluto della piazzetta è il lussuoso , edificato attorno al 1590, di Gio. Batta Senarega.

Alle vicende dell'edificio è legata la macabra leggenda secondo la quale si può scorgere, a mezzogiorno in punto, una giovane dama affacciarsi dalla finestra e vederla spiccare il volo tenendo in mano un fagotto.
Superato l'attimo di incredulità si può notare come il presunto fagotto sia in realtà il suo capo mozzato opera del suo geloso amante.

In Copertina: Piazza Senarega. Foto di Giovanni Cogorno.

Via degli Orefici

è un caruggio che, seguendo l'andamento del sottostante rio che scende da Soziglia, si arrampica fino a Campetto.

Tutta la contrada, come testimoniato dai vicini toponimi (Scudai, Indoratori e Campus Fabrorum), era sede già da prima del 1200 delle attività legate alla lavorazione dei metalli.

In questo contesto spicca proprio il Caroggio dei Fraveghi, come era chiamata nel Medioevo, la strada dei fabbri e degli orafi, ovvero degli artigiani specializzati nella lavorazione di oro e argento.

In Via degli Orefici meritano menzione al civ. n.7 il di Gio. con il suo strepitoso portale attribuito a G. Della Porta decorato con le Fatiche di Ercole; al civ. n.8 la Madonna degli Orefici il famoso dipinto della Vergine, commissionato dalla Corporazione degli Orefici al maestro Pellegro , fratello del più celebre Dimenico; al civ. 47r sopra una storica armeria il quattrocentesco sovrapporta con L'Adorazione dei Magi, nota ai genovesi come “Il ”, eseguito da Elia e .

In Copertina: Via degli Orefici. Foto di Giovanni Cogorno.

Storia di due pittori…

di un'edicola… di gelosie… di assassini…
Pellegro , ventiquattro anni non ancora compiuti era già un pittore fatto e finito che godeva in città di alta considerazione.
Membro della dinastia di artisti che, assieme al fratello Domenico, rappresentarono la massima espressione del Barocchetto genovese, la sera del 25 Novembre 1640 mentre rincasava dalla bottega di Salita S. Leonardo sita in , in venne aggredito e ferito a morte durante una rissa dall'amico e collega, il prete artista G. Battista Bianco.
Da quando nel 1637 aveva proclamato la Madonna sua Regina era rifiorita la consuetudine (in vigore già dal ‘200) di adornare i con dei piccoli templi votivi, le Edicole, che le rendessero omaggio.
Le Corporazioni facevano a gara per esibire le Edicole più belle e sfarzose.
Fu così che quella degli Orefici che era fra le più ricche, commissionò poi a Pellegro un'opera che non avesse eguali:
un'edicola di ardesia che rappresentasse La Madonna con il bambino insieme a S. Eligio, loro patrono.
Terminato il lavoro in città non si parlava d'altro fu così che il Bianco, quando vide il capolavoro di Pellegro, rimase sopraffatto da cotanta bellezza e comprese la propria inferiorità artistica.
Reo confesso raccontò ai di aver commesso l'orrendo delitto per errore, accecato dall'invidia voleva infatti solo ferirlo, perché temeva che non avrebbe mai più ricevuto commesse finché Pellegro fosse stato in circolazione.
Copia dell'Edicola in questione è ancora oggi visibile in al n. 18 realizzata dal pittore Raimondo Sirotti.
Per intervento del Maestro stesso, a quel tempo Direttore dell', l'originale è ivi custodito.
Nelle brumose notti invernali leggenda narra che il fantasma di Pellegro vaghi ancora irrequieto in Sarzano