Vico Colalanza è un antico caruggio che si trova nel cuore della città vecchia.
Il suggestivo vico deve l’origine del suo toponimo al nome dell’omonima famiglia legata agli Spinola che qui nel Medioevo aveva i propri possedimenti.
Situato tra le Vigne e San Luca a pochi metri della Galleria Nazionale, frequentata dai turisti, di Palazzo Spinola in Pellicceria, il vicolo versa nel totale degrado: spaccio, prostituzione e liti sono purtroppo all’ordine del giorno.
Recentemente infatti è balzato ai nefasti onori della cronaca proprio per via di un barbaro omicidio avvenuto la notte tra l’uno e il due novembre nei pressi dell’archivolto De Franchi all’incrocio con Vico Mele e Vico del Pomino.
Qui un cittadino di origine peruviana reo di aver alzato il tono alto della voce durante una discussione, è stato trafitto – come in pieno Medioevo – da una micidiale freccia di balestra scagliata dal suo assassino.
“Non te l’hanno insegnato che le frecce dei vigliacchi son sempre spuntate?” (Omero, Iliade)
Purtroppo l’eccezione conferma la regola si ma il grande cantore greco ha avuto torto.
Mala tempora currunt!
In Copertina: Vico Colalanza. Foto di Stefano Eloggi.
Fin dal al V sec. d. C. si ha notizia di una minuscola cappella intitolata, in zona, alla Madonna. Ma fu solo poco prima dell’anno mille che il visconte di Carmandino concesse l’edificazione nella sua proprietà “in Vineis” (presso le vigne, la zona era adibita infatti a vigneto) fuori le mura, di una vera e propria chiesa intitolata a Maria. Nacque così la parrocchia di S. Maria delle Vigne la più antica sede del culto mariano in città, originariamente costruita in forme gotiche con pietra di taglio, restaurata ed ingrandita nel ‘500 su progetto del Vannone. La facciata attuale invece risale al 1841 ad opera del Cremona.
“Le Vigne” come familiarmente chiamata dai genovesi presenta già all’esterno numerose sorprese: in primis lo splendido campanile romanico del XII sec. perfettamente conservato poi, sul fianco destro, un portale quattrocentesco con le statue coeve di S. Lorenzo (oggi al Museo Diocesano) del Gaggini e di S. Giorgio del Rodari (rubata e mai recuperata) sovrastate da un Padre eterno benedicente con nella lunetta sottostante, l’affresco della Madonna con bambino e San Giovannino di Domenico Piola.
Sempre all’esterno, percorrendo il Vico del Campanile delle Vigne si incontrano degli archetti che farebbero pensare a qualche antica cantina o magazzino, trattasi invece più probabilmente di antichi resti di tombe di un cimitero paleocristiano. Poco più avanti, sotto l’arco del campanile, ci si imbatte poi in uno strepitoso sarcofago del II sec. d.C. raffigurante la morte di Fedra. Nel 1304 venne utilizzato per conservare le spoglie mortali di Anselmo d’Incisa, astronomo, alchimista e medico personale di Papa Bonifacio VIII e di Filippo il Bello, re di Francia.
Proprio di fronte, concepito su due piani con doppio ordine di colonne, ecco il chiostro protetto dall’immancabile S. Giorgio ricco di antiche lapidi che ne raccontano la lunga storia (costruito nel 1025). Una di queste racconta la visita nel 1815 di Papa Pio VII, un’altra più curiosa, ricorda come in questo luogo sia stata fondata la prima comunità scoutistica cattolica italiana nel 1913 ad opera di Mario Mazza e del dottor James Spensley (fondatore anche del CFC Genoa).
All’interno numerose sono le opere d’arte che meriterebbero menzione; artisti come il Piola, Il Maragliano, Domenico Parodi, Gregorio De Ferrari, il Mazone, Filippo Parodi, Giovanni Andrea e Taddeo Carlone, Lazzaro Tavarone
“Tomba in arcosolio di Anselmo d’Incisa”. Quella esposta all’esterno è un fedele calco, l’originale è conservato nel Museo Diocesano.
e molti altri ancora, impossibile citarli tutti ma, fra tutte, quella che più rimane nel cuore è la meravigliosa Madonna trecentesca di Taddeo di Bartolo. Qui è sepolto anche il musicista Stradella assassinato nel 1682 per affari di cuore davanti a S. Pietro in Banchi.
Papa Pio VII vi celebrò messa per tre mesi, Giacomo della Chiesa, futuro Papa Benedetto XV, vi venne battezzato nel 1854. Forse anche per questi motivi S. Maria delle Vigne beneficia di alcuni singolari privilegi: ancora oggi al suo prevosto è riconosciuto il titolo di “prelato d’onore di Sua Santità” e Papa Giovanni Paolo II l’ha elevata nel 1983 al rango di Basilica minore inoltre, a differenza di quasi tutti gli altri luoghi di culto cittadini, come attestato da apposita iscrizione, non gode di immunità.
In Copertina: La Madonna delle Vigne. Sull’altare maggiore, ultimo lavoro di Giacomo Antonio Ponsonelli (1730) su disegno di Pierre Puget, è posta una statua della Madonna, sorretta da figure d’angeli.