Le Mura Nuove… seconda parte…

 

Nel 1637  in seguito all’elezione della Madonna a Regina della città, il Senato deliberò che la Vergine apparisse  affiancata dal motto “et rege eos” sugli stemmi e monete della Repubblica, sullo stendardo di palazzo Ducale e sulla galea Capitana della flotta.

“La Madonna  Regina conservata nell’atrio di Palazzo San Giorgio. La statua in origine posta sulla Porta della Lanterna fu scolpita da Bernardo Carlone”.

Con l’ampliamento secentesco le mura che proteggevano la costa vennero rinforzate con nuovi bastioni e, oltre la porta di san Tommaso, prolungate. Racchiudendo all’interno della cinta la Villa del Principe a quell’epoca ancora all’esterno del recinto fortificato, le Mura Nuove ripercorrevano tutto il litorale fino a Capo di Faro, ove si saldavano.

Dal vertice del Peralto, ove venne eretto il Forte Sperone le mura scendevano a ponente in direzione sud-ovest in linea retta fino al l Forte Begato, di qui con una lieve deviazione continuano a degradare lungo la strada che ne porta il nome “mura al forte di Begato”.

“Porta di Granarolo”.

Sopra a via Bartolomeo Bianco, furono invece le mura di Granarolo a dare il nome alla strada che le che le costeggiava e sulle quali si apriva l’omonima porta, disegnando un piccolo tratto arcuato verso l’esterno della cinta sino a raggiungere, ai limiti del colle di Promontorio, il baluardo di Forte Tenaglia.

 

Di qui la cinta prendeva direzione sud, proseguendo lungo via di Porta Murata, fino alla porta degli Angeli e le contigue mura omonime che correvano sopra una strada non a caso chiamata via sotto le mura degli Angeli. Il tratto terminava in via Giovanni B. Carlone che correva lungo lo scavo del colle di San Benigno.

All’epoca delle mura Nuove, sopra la zona che porta lo stesso nome e dove oggi trovano posto attività portuali e di transito, come piazzale San Benigno e la Camionale di epoca fascista, esisteva infatti un possente costone roccioso che ospitava la chiesa ed il convento di San Benigno, demoliti nell’Ottocento per costruirvi due grandi caserme, anch’esse poi scomparse negli anni trenta del Novecento per lo sbancamento dell’intera collina.

“La vecchia Porta della Lanterna”.

Il colle precipitava bruscamente in quel tratto ancora esistente sul quale sorge la torre del faro, e sul suo crinale proseguivano le mura di Genova che ne seguivano l’intero profilo fino a congiungervisi con la porta detta, appunto, della Lanterna, il cui prospetto di ordine dorico fregiato, opera del carrarese Ponsanelli, fu sostituita, a seguito di nuove esigenze di circolazione nel 1831 dalla cosiddetta Porta Nuova. Il nuovo accesso era caratterizzato da una struttura a doppio fornice scavata direttamente nella roccia e dotata di un ponte levatoio per ciascuna entrata.

“La nuova Porta della Lanterna”.

La vecchia porta venne definitivamente demolita nel 1877 per ragioni di viabilità ma anche la nuova, superata dai tempi e dagli sbancamenti del 1935, fu dismessa.
La sua facciata esterna venne conservata e ricollocata a ridosso della Lanterna.

Scendendo lungo i crinali di levante, la situazione delle mura nuove presentava all’incirca, con un andamento speculare, lo stesso schema.

“Porta delle Chiappe”.

Dopo un breve tratto di mura in direzione sud ma leggermente inclinato verso levante, s’incontrava il forte Castellaccio posto nel punto in cui le Mura prendevano una lieve deviazione verso l’esterno del tracciato, dando in successione nome alle vie che le costeggiavano, Mura del Peralto, delle Chiappe (o di San Simone) sulle quali si apre un varco che porta il medesimo nome, di Sant’Erasmo e, dopo la porta di San Bernardino, un rettilineo interrotto da un breve tratto convesso in direzione nord est in corrispondenza dell’omonimo tratto di Mura.

Nei pressi dei tornanti di via Cesare Cabella, le Mura di San Bernardino, divise dalle precedenti dal Forte di Multedo, disegnano un arco che porta le mura in direzione sud-sud ovest a metà del quale si apre la Porta di San Bernardino.

 

“Porta di San Bernardino”.

L’ultimo tratto oggi esistente ed intuibile in mezzo alla disordinata urbanizzazione della parte terminale delle mura nuove è quello delle mura dello Zerbino che terminano nei pressi di via Imperia, sopra la massicciata della Stazione di Genova Brignole.

Lo sbancamento della collina di Montesano per la realizzazione della stazione ferroviaria necessitò della distruzione dell’ultimo tratto collinare di mura e la realizzazione di piazza della Vittoria determinò l’eliminazione di uno dei tratti più imponenti e suggestivi delle mura nuove. Erano le fronti Basse, un unico immenso terrapieno che correva, coi suoi bastioni, per un rettifilo che, dal luogo occupato oggi dalla stazione, si portava fino ai bastioni del Prato, presso l’attuale via Brigata Liguria, nei pressi del Liceo D’Oria.

Su questo magnifico esempio di architettura bellica, di cui vennero rinvenute tracce durante la realizzazione nel 1991 del parcheggio sotterraneo di piazza della Vittoria (solo parzialmente conservate, altre fondamenta restano sotto i giardini di piazza Verdi), si aprivano due porte, quella della Pila, in fondo a via Giulia (cancellata per la realizzazione di XX Settembre) ed oggi conservata sopra al muraglione realizzato dopo il taglio della collina di Montesano, e Porta Romana in fondo a via San Vincenzo.

I numerosi e ripetuti, nel tempo, riempimenti a mare necessari allo sviluppo delle attività portuali hanno cancellato quello che per secoli ha rappresentato l’imprescindibile quinta di Genova, ancora oggi intuibile, dell’abbraccio fra i  monti e il  mare.

 

 

 

Le Mura Nuove… prima parte…

… storia di un’impresa faraonica…

A seguito delle ripetute minacce di invasione perpetuate da Carlo Emanuele I di Savoia e da Luigi XIII di Francia i serenissimi decisero di dotare la città di una nuova cerchia di mura, rafforzando, dove opportuno quella esistente. Ad appena un anno dal fallito attacco del 10 maggio 1625 delle forze franco-piemontesi (durante il quale l’esercito sabaudo non riuscì a tener testa alla strenua resistenza dei valligiani polceveraschi al passo del Pertuso, (dove a ricordo dell’avvenimento fu in seguito eretto il santuario della Vittoria), il governo della repubblica diede il via libera all’opera, inaugurata con la posa della prima pietra, il 7 dicembre 1626.

A tutti fu chiaro quanto il vecchio sistema di difesa murario fosse ormai inadeguato ed insicuro. I Padri del Comune deliberarono così il nuovo, ambizioso e faraonico progetto delle Mura Nuove per la cui gestione venne creato l’apposito e omonimo magistrato.

Nonostante Il Doge Andrea Spinola avesse incaricato il nobile Giacomo Lomellini che, per tre anni, assolse con zelo il suo compito, inizialmente i lavori stentarono a prendere il via.

“Porta Pila si trovava nella posizione che oggi corrisponde all’incrocio fra Via Fiume e Via XX settembre”.

Rinnovato impulso e slancio scaturì dalla fallita congiura ordita dal Vacchero nel 1628. La nuova e quasi definitiva mappa sarà però approvata solo nel marzo del 1630 presentando ancora varie soluzioni aperte per il fronte del Promontorio presso l’attuale forte Tenaglia. L’incarico di dirigere i lavori della fabbrica venne affidato ad  Ansaldo De Mari e, Architetto Capo, investito il comasco Bartolomeo Bianco.

Venne messa in piedi, con la collaborazione di tutta la cittadinanza, una macchina organizzativa molto efficiente: furono istituiti i ruoli di “Soprastanti”, “Sindaco” e “Commissari”.

I primi avevano il compito di sorvegliare e giudicare i lavori dati in appalto alle varie imprese controllandone qualità e conformità. I secondi si occupavano di gestire le questioni legali ed amministrative inerenti al personale che, a vario titolo, lavorava nella “Fabbrica”,con i fornitori dei materiali e rispondevano per l’operato ai contribuenti dell’erario. I terzi eletti in 21 membri fra i nobili erano destinati ad altrettanti cantieri sparsi qua e là verificandone lo stato dell’arte”. L’opera venne suddivisa in 22 lotti.

“Porta Romana in San Vincenzo”.

I varchi di accesso vennero così stabiliti: Una porta principale sul Bisagno fra due baluardi, Porta Pila, una porta principale presso Capo di Faro, la Lanterna, un portello in Piazza degli Angeli, uno presso la chiesa di San Simone, uno presso la chiesa di San Bernardo superiore, un portello presso San Bartolomeo, un portello presso Porta Romana, un portello a San Lazzaro, un portello davanti ai giardini del Principe. Le vecchie porte di accesso al porto del Molo, Cattanei, Mercanzia, Reale, Spinola e Calvi, furono inglobate.

“Porta di San Bartolomeo sotto il castello Mackenzie”.

Persino il clero partecipò stipulando una polizza decennale per la contribuzione all’opera: 10 soldi per ogni mina di grano e 20 per ogni mezzarola di vino. Il perimetro delle nuove mura venne calcolato per una lunghezza di 49000 (circa 19 km) palmi ad un costo di 410000 scudi d’oro.

Per favorire il reclutamento della manodopera necessaria venne intimato ai consoli dei mestieri minori di individuare il numero di artigiani consono che potesse garantire la sussistenza del relativo mestiere e di dirottare le risorse in esubero ai cantieri.

Pena pesanti multe anche la forza lavoro destinata ad attività private venne ridotta in maniera drastica per non sottrarre utili risorse all’ambizioso progetto comune.

Le lastre che furono utilizzate, chiamate “ciappe” provenienti dalla chiappella della zona di San Benigno, non erano però sufficienti. Si ricorse così alla sabbia delle spiagge, per il cui trasporto vennero requisiti quasi tutti gli animali da soma causando inevitabili disagi alle attività agricole.

“Il tracciato delle Mura Nuove”.

Le calci erano prodotte nelle fornaci di Sestri Ponente e Cogoleto. Venne studiato nei minimi dettagli un ingegnoso sistema di approvvigionamento idrico, costituito di cisterne canali e condotte che potesse fornire acqua in loco. Per sfamare e attrezzare le migliaia di operai vennero istituiti forni pubblici per la distribuzione del pane e incentivare le attività artigianali dei fabbri. Venne istituito un apposito magistrato che si occupasse della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro e, soprattutto, che sapesse gestire la variabile delle frequenti epidemie.

Padre Fiorenzuola, il celebre architetto a cui era stata richiesta consulenza in fase di progettazione nel 1633, ad opera ormai compiuta, espresse tutta la sua soddisfazione e ammirazione.

continua…

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“Vedrai una città regale,

addossata ad una collina alpestre, superba per genti e per mura, il cui solo aspetto la indica signora del mare”… scriveva Petrarca nel 1358.

breve storia delle Mura di Genova…

Le prime tracce, anche se si ha notizia di una cinta all’epoca romana, circa la presenza delle Mura risalgono al X sec. quando furono erette per far fronte alle continue scorrerie musulmane.
La superficie protetta era di circa venti ettari e i principali varchi erano Porta Soprana, Porta di  S. Pietro (visibile ancora oggi sotto forma di archivolto in Piazza cinque Lampadi), quella di Serravalle, addossata a San Lorenzo, quella di San Torpete in zona San Giorgio e quella Castri (nell’odierno Sarzano).
Nel 1155, causa la minaccia del Barbarossa, le Mura sono ampliate fino a

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“Porta degli Archi oggi in Via Banderali”

difendere cinquantacinque ettari.

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“Porta Siberia dell’Alessi”

Si aggiungono Porta dei Vacca o di S. Fede davanti alla Darsena , Porta di S. Egidio e Porta Aurea in Piccapietra e Porta Murtedi all’Acquasola.
A queste si sommano tre accessi turriti: S. Agnese, Portello e Pastorezza.
Sono mura imponenti la cui altezza media era di circa dieci metri.
Papa Alessandro III, invitato all’inaugurazione, proclama : “Siano le vostre Mura inespugnabili come lo sono i vostri cuori”. Tra il 1276 e il 1287, in piena guerra con Pisa e Venezia le Mura vengono rinnovate e modificate.
Nel XIV sec. la cinta viene ulteriormente allargata a centocinquantacinque ettari con i nuovi accessi di Porta degli Archi (a metà di Via XX, presso il Ponte Monumentale) oggi sita in Via Banderali, Porta dell’Olivella zona Pammatone e la Porta dell’Acquasola.

Tra il 1517 e il 1522 l’Olgiati e il Sangallo, ingegneri di rinomata fama, aggiunsero bastioni, ristrutturarono, potenziarono e inserirono, su progetto dell’Alessi, la Porta Siberia.
Nuove mura, tra il 1629 e il 1633, Galliani, scienziato amico di Galileo Galilei, diresse i lavori di ampliamento, progettati dal Maculani, dal Bianco e dal Fiorenzuola.
Due le Porte della secentesca grandiosa cerchia: Porta della Lanterna e Porta Pila (all’inizio di Via XX), oggi collocata in Via Montesano sopra la stazione di Brignole.
Su di esse le statue della Madonna Regina con sotto scritto il monito “Posuerunt me custodem”.

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“Porta Pila, oggi in Via Montesano”.

Nel ‘700 vennero edificati, a corona della Superba, i forti (ma questa è un’altra storia…) che, inseriti nell’800 dai Savoia nel nuovo sistema difensivo piemontese, costituirono l’ottava ed ultima cinta.

“Porta della Lanterna”.

Storia di una Porta…


montata, smontata e rimontata proprio come i templi egizi di Abu Simbel…

Porta Pila, eretta fra il 1626 e il 1639, rappresentava, insieme alla scomparsa Porta Romana di Via San Vincenzo, l’accesso a levante delle Mura Nuove (quello a occidente era costituito dalla Porta della Lanterna).

Porta Pila
“La massiccia Porta Pila, dal nome greco, per suggellare i rapporti con Costantinopoli. I genovesi ebbero Pera e Galata i greci, in cambio il sobborgo di San Vincenzo a Genova. Non a caso nel commerciale quartiere di San Vincenzo una delle Vie principali è intitolata al quartiere genovese di Istanbul.”

Si trovava all’incrocio fra le attuali Via XX e Via Fiume.
Per accedere alla città provenendo dalle campagne si varcava l’omonimo ponte posto sulle Fronti basse e poi, dinnanzi, si parava l’imponente spettacolo dei bastioni, della Porta e delle sue severe mura. In origine la costruzione era destinata a difendere le dimore di Porto S. Maurizio ma i Padri del Comune ne ottennero lo spostamento a Genova.

Sorretta con colonne in pietra di Finale, disegnata dall’arch. Bartolomeo Bianco (lo stesso della fontana di Giano) è adornata con un’edicola disegnata da Domenico Fiasella e realizzata da Domenico Casella (detto lo Scorticone) raffigurante la Madonna Regina alla quale è consacrata.
Sopra reca il laconico motto “Posuerunt me custodem”.
Sul finire dell’800 in seguito ai lavori di soppressione delle Fronti Basse la Porta fu demolita e ricostruita presso il bastione di Montesano.
Il selvaggio inurbamento fece si che anche da lì, nel 1950, dovette essere nuovamente smantellata e riassemblata in Via Imperia, zona Brignole, dove ancora oggi riposa dimenticata.
Un progetto del 2011, rimasto per ora inascoltato, ne prevede il recupero, ponendola nella zona antistante la Stazione Brignole, valorizzandone l’aspetto scenografico.