I Segreti di Via Fontane

In una mattina tersa, di quelle che tingono Genova di una luce dorata, Via delle Fontane si svelava in tutto il suo antico fascino. Strada poco frequentata dai turisti, eppure intrisa di storia, collega Via Gramsci con Piazza dell’Annunziata, dove la chiesa omonima si erge con il suo sfarzo barocco. All’esterno, modesta e severa, ma varcando la soglia, esplode in un trionfo di marmi, ori e affreschi, a celebrazione della sua florida esistenza.

Il nome della via trae origine dalle fontane pubbliche che un tempo qui gorgogliavano, alimentate dalle acque fresche del rio Carbonara. Acqua pura, limpida, che scorreva giù dalle alture per dare ristoro ai viandanti, ai mercanti e agli abitanti del quartiere. E come quella stessa acqua fluiva incessante, così la storia di questa strada ha attraversato i secoli, trasformandosi insieme alla città.

L’Annunciazione.

Sotto il porticato dell’edificio che oggi ospita l’Aula Magna dell’università, vi è un’antica lapide dell’Annunciazione, la cui datazione rimane incerta. Quell’edificio, oggi rifatto e modernizzato, racconta di un passato che si intreccia con la spiritualità e il potere. Era la millenaria chiesa di Santa Fede, le cui radici affondano nel lontano periodo del cristianesimo primitivo. Al suo posto, un tempo, sorgeva un tempio pagano, dove si veneravano antichi dei, ma dal 1142 venne affidato ai Cavalieri del Santo Sepolcro. Quei cavalieri, uomini di fede e di spada, qui pregarono e partirono per terre lontane, verso Gerusalemme, in nome della croce.

Il campanile di S. Fede.

Nel 1614, Santa Fede fu ricostruita in splendide forme barocche, ma il suo destino sarebbe cambiato radicalmente negli anni a venire. Napoleone, con la sua lunga ombra, la trasformò in una stalla, come se volesse cancellare in un sol colpo la sacralità di quei marmi, quegli affreschi e quel silenzio. Abbandonata, dimenticata, la chiesa cadde in rovina, finché nel 1926 venne sconsacrata e adibita a deposito di vini.

I suoi tesori, le opere d’arte, i marmi, vennero trasferiti nella nuova chiesa di Santa Fede, che oggi si trova in Corso Sardegna, nel quartiere di Marassi. Oggi, quella che un tempo fu una gloriosa chiesa, ospita uffici comunali, con le sue tre navate e un piccolo chiostro sul retro, testimoniando una storia di trasformazione e rinascita.

Ma Via Fontane non ha smesso di custodire i suoi segreti. Al civico 36a/r, proprio lì dove oggi sorge una palestra comunale, si ergeva un tempo la piccola chiesa di San Tommaso e l’oratorio delle Cinque Piaghe. Ancora oggi, per chi sa guardare, si possono riconoscere tracce di decorazioni esterne e un’antica edicola che un tempo ospitava un grande affresco, ormai scomparso. Ma nel cortiletto, sopra la porta, si scorge ancora una lunetta raffigurante la Madonna Assunta, segno di una devozione mai del tutto sopita.

L’oratorio delle Cinque Piaghe.

Sul fronte dell’oratorio, custodita in un tabernacolo, si trova la statua di San Tommaso. La sua tunica reca una grossa “T”, simbolo inequivocabile, e la statua, sebbene mutila del braccio destro, continua a vegliare su quel luogo come un antico guardiano. Chi passa di lì raramente si ferma a osservarla, ma per chi conosce la storia, quella statua è il segno di una presenza silenziosa, che attraversa i secoli, immune al tempo.

Via Fontane, con il suo intreccio di chiese, oratori, antichi templi e storie di cavalieri, rimane una testimonianza vivente di come Genova sappia fondere il sacro e il profano, il passato e il presente, in un eterno abbraccio.

In Copertina: Via delle Fontane. Foto di Stefano Eloggi.

Oratorio delle Cinque Piaghe

L’Oratorio di San Tommaso era in origine attiguo all’omonima chiesa di Principe e vicino all’ospedale di San Lazzaro.

Nel 1536 venne spostato in Piazza della Nunziata accanto alla chiesa dell’Annunziata.

Nel 1618, con la ristrutturazione e l’ampliamento dell’Annunziata si rese necessario abbatterlo. L’oratorio venne così definitivamente trasferito in Via delle Fontane 36a/r dove si trova tuttora.

Stretto fra i palazzi adiacenti resiste infatti quel che resta della versione secentesca finanziata dalla nobile e ricca famiglia dei Lomellini.

L’edificio dal 1829 venne identificato anche, dal nome della Confraternita che vi aveva sede, come Oratorio delle Cinque Piaghe.

Tale congregazione si occupava di assistere gli infermi.

Dietro un anonimo e trascurato prospetto si nasconde un sito di ragguardevoli dimensioni, seppur depredato della quadreria in epoca napoleonica, ricco di stucchi e statue.

Primo piano dei resti del dipinto.

Sulla facciata una grande edicola vuota che, s’intuisce, conteneva un tempo un dipinto a fresco oggi scomparso.

Sbirciando nel cortiletto protetto da un cancello si incontrano il dipinto a fresco sulla lunetta della porta, della Madonna Assunta e una statua mutila del braccio destro, di San Tommaso.