Panni stesi

“C’è qualcosa di diverso qui da altri luoghi, cosa sarà mai? Forse “lo spiro salino che straripa dai moli”? Ti viene in mente questo verso perché lo “spiro salino” è sicuramente il maestrale o un vento simile: libeccio, mistral, scirocco, comunque un vento del Mediterraneo, e dunque siamo in un paese del Sud, e nei paesi del Sud, con questi venti, ci sono anche i panni alla finestra, lenzuola che schioccano al vento come bandiere. Venti nostri, panni nostri. […]

Sono partito da Sottoripa, punto cardinale di una città che serba intatto il suo mistero. Che forse la farebbe pensare avara, perché è guardinga, non si concede, non si fida. Ma chi la pensa avara non ha capito la sua generosità: è città medaglia d’oro della Resistenza.

Genova si concede quando è necessario”.

Cit. Antonio Tabucchi.

La Grande Bellezza…

“Sostiene Pereira…”

Antonio Tabucchi è stato uno dei pochi pisani apprezzati dai genovesi. Un rapporto che lo scrittore amante del Portogallo, di Pessoa e della sua cultura, ha avuto modo di consolidare quando nel 1978 venne chiamato ad insegnare nell’ateneo genovese. Genova e Lisbona due città molto simili, con parecchie cose in comune: entrambe affacciate sul mare, inebriate da aromi e profumi portuali, dove il vento regna sovrano; caruggi stretti dove luce ed ombra giocano a nascondino, strade arrampicate in salita alla ricerca di uno scorcio di cielo, di un raggio di sole, sempre appese ad un filo dell’orizzonte. Proprio in quel punto dove cielo e mare si fondono nell’infinito. Genova e Tabucchi, come Lisbona e Pessoa; l’autore di “Sostiene Pereira” ne “Il filo dell’orizzonte”, edito da Feltrinelli nel 1986, aveva così descritto la nostra città:

«Ci sono giorni in cui la bellezza gelosa di questa città sembra svelarsi: nelle giornate terse, per esempio, di vento, quando una brezza che precede il libeccio spazza le strade schioccando come una vela tesa. Allora le case e i campanili acquistano un nitore troppo reale, dai contorni troppo netti, come una fotografia contrastata, la luce e l’ombra si scontrano con prepotenza, senza coniugarsi, disegnando scacchiere nere e bianche di chiazze d’ombra e di barbagli, di vicoli e di piazzette».

“La copertina del filo dell’orizzonte”.