Spuntando da questa parte, quella orientale, il sole di Albaro investe poi della sua luce tutta la città; così, “la luce dell’alba”, la definivano gli antichi.

Albaro non solo è il luogo dove sorge l’alba terrena ma anche quella religiosa poiché su questo dolce declivio i SS. Nazario e Celso approdarono nel I sec. e, per primi, introdussero il Cristianesimo. Nella scomparsa parrocchia di S. Nazaro celebrarono probabilmente la prima messa sul suolo italico.
Fin dall’epoca romana la collina su cui si erge è stata la principale fonte, insieme alla Valle del Bisagno, di ortaggi per la città e, come testimoniato dal toponimo della chiesa di S. Maria del Prato, anche un vasto campo adibito al pascolo comune. Nei secoli successivi si è trasformato nel sito prediletto delle nobili famiglie genovesi che vi hanno qui fatto costruire le loro principesche ville di campagna.
In una di queste, sita nell’attuale Via Albaro al civ. 1, Villa Saluzzo Mongiardino prese alloggio nel 1822, appena sbarcato con il suo stravagante seguito, Lord Byron. Il celebre poeta romantico durante il suo soggiorno genovese elaborava i suoi scritti sorvegliato dalle tele di Van Dyck e del Veronese che arricchivano la già sfarzosa settecentesca dimora patrizia del Marchese Saluzzo. In quel periodo compose il suo “Don Juan”. Fra i suoi appunti annotava: “C’è qui un sospiro per quelli che mi amano, un sorriso per quelli che mi odiano, E, sotto qualunque cielo io vada, c’è qui un cuore pronto ad ogni destino”.


Poco distante a Villa Negrotto nell’odierna Via S. Nazaro dimorava anche Mary Shelley compagna del suo fraterno amico Percy morto annegato al largo di Viareggio qualche tempo prima di intraprendere il viaggio dalla Toscana verso Genova. Mentre Byron componeva il suo “Don Giovanni” l’autrice di “Frankenstein” qui si dedicò alla biografia del marito scomparso e scrisse un breve racconto in cui decantava le luci e i colori di “una splendida Genova” vista “dalla collina di Albaro, solitaria e battuta dal vento”.

Come ricordato dalla targa affissa sulla sua dimora genovese Lord Byron partì da Genova alla volta di Missolungi in Grecia, con l’intento di prestare soccorso al popolo greco insorto per la libertà contro l’impero ottomano. Il poeta romantico anglosassone, causa una febbre malarica, trovò la morte nella terra degli eroi classici, che tanto avevano influenzato il suo “umano sentire”, dell’antica Ellade.

Circa 20 anni dopo nel 1844 anche Dickens volle ripercorrere le orme dell’illustre predecessore decidendo di visitare i luoghi di Byron e di dimorare nella zona di Albaro. L’autore di “Oliver Twist” nel quartiere scelse Villa Bagnarello, definendola “la prigione rosa “. Dickens venne diverse volte a Genova e cambiò spesso domicilio al punto di farsi un quadro ben preciso della Superba: “Genova è tutta un contrasto; è la città più sporca e più pittoresca, più volgare e magnifica, repulsiva e più deliziosa che esista.”
Oltre un secolo dopo, in un’altra villa sempre dei Saluzzo, questa volta però quella cinquecentesca detta “Il Paradiso”, saranno gli affreschi di Lazzaro Tavarone, Bernardo Castello e Giovanni Ansaldo a ergersi testimoni e fonte d’ispirazione per Fabrizio De André. Dalle creuze agresti e bucoliche della Vecchia Albaro a quelle “cariche di sale gonfie di odori” della città vecchia.
“Bacan d’a corda marsa d’aegua e de sa che a ne liga e a ne porta nte ‘na creuza de ma”… cantava l’inarrivabile Fabrizio!
In foto di copertina il quadro di Alessandro Magnasco “Giardino di Albaro”.