Genova è una sirena sdraiata sulla riva, è un Faro che illumina dove il sole non arriva. Genova è l’ardesia dei suoi tetti, è il volo di un gabbiano quando meno te lo aspetti. Genova, protetta dal monte, è il mare sempre all’orizzonte.
Genova Porta Soprana, macaia, Genova di tramontana,
Genova senza lavoro, ritegno, Genova senza decoro,
Genova austera, ribelle, Genova battagliera,
“Il Porto Antico, le gru dei moli, i Magazzini del Cotone, la Lanterna che illumina la sera”. Foto di Leti Gagge.
Genova coraggiosa, burbera, Genova generosa,
Genova diffidente, sospettosa, Genova poco accogliente,
Genova fiera, mai doma, Genova libera,
“Pennellate argentate di una Genova vista dalle alture”. Foto di Leti Gagge.
Genova altera, misteriosa, Genova Superba,
Genova materna, matrigna, Genova sotto la Lanterna.
Genova di ardesia, di marmo, Genova vanesia,
Genova da cercare, da scoprire, Genova da trovare,
Genova da conoscere, rispettare, Genova da amare.
“La notte si riflette nello specchio del Mandraccio”. Foto di Leti Gagge.
Genova vista dal mare che ti abbraccia
come solo una madre sa fare.
Le creuze, il porto, un cielo in salita,
Genova con il fiato corto.
Sposa di Nettuno, sirena, figlia di nessuno.
“Una vista di Genova dal mare. La Bolla di Renzo Piano, l’Acquario, imbarcazioni da diporto e case aggrappate alla roccia”. Foto di Leti Gagge.
Genova il mio sorriso del tuo orgoglio
è pregno e intriso.
Genova io t’ammiro, ti vivo,
Genova, tu mi togli il respiro.
“Ancora tetti d’ardesia, la Torre Grimaldina, il Campanile delle Vigne e, sullo sfondo, le gru del porto con il padrone di casa, il mare”. Foto di Leti Gagge.
Versione in lingua genovese.
A MÆ ZENA
Zena umiliâ, trascurâ, Zena ascordâ,
Zena oféiza, tradia, Zena vilipeiza,
Zena riservâ, feria, Zena abandonâ,
Zena sospeiza, aluvionâ, Zena ch’a no s’é areiza,
Zena l’Acquario, Castelétto, Zena scenaio sensa paragón,
È la Liguria terra leggiadra.
Il sasso ardente, l’argilla polita,
s’avvivano di pampini al sole.
È gigante l’ulivo. A primavera
appar dovunque la mimosa effimera.
Ombra e sole s’alternano
per quelle fondi valli
che si celano al mare,
per le vie lastricate
che vanno in su, fra campi di rose,
pozzi e terre spaccate,
costeggiando poderi e vigne chiuse.
In quell’arida terra il sole striscia
sulle pietre come un serpe.
Il mare in certi giorni
è un giardino fiorito.
Reca messaggi il vento.
Venere torna a nascere
ai soffi del maestrale.
O chiese di Liguria, come navi
disposte a esser varate!
O aperti ai venti e all’onde
liguri cimiteri!
Una rosea tristezza vi colora
quando di sera, simile ad un fiore
che marcisce, la grande luce
si va sfacendo e muore.
“La stessa immagine pochi minuti prima. Il tramonto prepara il suo spettacolo”.
“O chiese di Liguria, come navi disposte a esser varate!”. La chiesa di S. Giorgio di Tellaro.
In questa poesia Vincenzo Cardarelli dipinge un quadro con le parole. Le singole scene sono pennellate dal poeta, ora con tenui sfumature crepuscolari, ora con tratti decisi ed assolati. Perché la Liguria è tutto ed il contrario di tutto, la terra dove gli opposti si fondono in un “unicum” irripetibile. Si percepisce come fosse cosa viva il calore dei sassi, il profumo della mimosa, l’ombra dell’ulivo, il sibilo del vento, l’incessante moto delle onde… l’amore per questa terra incantata.
Genova di mio fratello. Cattedrale. Bordello. Genova di violino, di topo, di casino.
Genova di mia sorella. Sospiro. Maris Stella. Genova portuale, cinese, gutturale.
Genova di Sottoripa. Emporio. Sesso. Stipa. Genova di Porta Soprana, d’angelo e di puttana.
Genova di coltello. Di pesce. Di mantello. Genova di lampione a gas, costernazione.
Genova di Raibetta. Di Gatta Mora. Infetta. Genova della Strega, strapiombo che i denti allega.
Genova che non si dice. Di barche. Di vernice. Genova balneare, d’urti da non scordare.
Genova di “Paolo & Lele”. Di scogli. Furibondo. Vele. Genova di Villa Quartara, dove l’amore s’impara.
Genova di caserma. Di latteria. Di sperma. Genova mia di Sturla, che ancora nel sangue mi urla.
Genova d’argento e stagno. Di zanzara. Di scagno. Genova di magro fieno, canile, Marassi, Staglieno.
Genova di grige mura. Distretto. La paura. Genova dell’entroterra, sassi rossi, la guerra.
Genova di cose trite. La morte. La nefrite. Genova bianca e a vela, speranza, tenda, tela.
Genova che si riscatta. Tettoia. Azzurro. Latta. Genova sempre umana, presente, partigiana.
Genova della mia Rina. Valtrebbia. Aria fina. Genova paese di foglie fresche, dove ho preso moglie.
Genova sempre nuova. Vita che si ritrova. Genova lunga e lontana, patria della mia Silvana.
Genova palpitante. Mio cuore. Mio brillante. Genova mio domicilio, dove m’è nato Attilio.
Genova dell’Acquaverde. Mio padre che vi si perde. Genova di singhiozzi, mia madre, Via Bernardo Strozzi.
Genova di lamenti. Enea. Bombardamenti. Genova disperata, invano da me implorata.
Genova della Spezia. Infanzia che si screzia. Genova di Livorno, Partenza senza ritorno.
Genova di tutta la vita. Mia litania infinita. Genova di stocafisso e di garofano, fisso bersaglio dove inclina la rondine: la rima.
“I miei versi sono nati in simbiosi con il vento” diceva il poeta Giorgio Caproni a proposito del suo componimento “Litania”, “sono cresciuti cadenzati e cullati dall’onda del mare”, aggiungo io.
Lo scrittore livornese di nascita, ma genovese d’adozione, nutriva infatti un amore sconfinato ed incondizionato per Genova, per i suoi caruggi, il suo cielo in salita, il suo mare, i suoi colori e profumi.
“Il poeta Giorgio Caproni”.
“Fronte mare e pescherecci riflessi nell’acqua”. Foto di Leti Gagge.
Non a caso Litania di Giorgio Caproni è una nenia per una città che di mare odora e che di mare assapora, un mantra ossessivo, una formula magica e sacra che si ripete all’infinito.
Litania pulsa d’amore; è una melodia jazz senza musica, quasi una cantilena blues per Genova madre, sorella, fidanzata, moglie, figlia, bagascia… Genova ch’è tutto dire, sempre e comunque, imprescindibile paesaggio interiore dell’anima.
In copertina panorama di Genova. Foto di Stefano Eloggi.
le vibranti rime di “Liguria” composte da un ispirato Camillo Sbarbaro.
Scarsa lingua di terra che orla il mare,
chiude la schiena arida dei monti;
scavata da improvvisi fiumi, morsa
dal sale come anello d’ancoraggio;
percossa dalla fersa; combattuta dai venti che ti recano dal largo
l’alghe e le procellarie;…
“Il mare tra Framura e Bonassola”.
ara di pietra, tra cielo e mare,
levata dove brucia la canicola
aromi di selvagge erbe.
Liguria,
l’immagine di te sempre nel cuore,
mia Terra, porterò.