Il Presepe de A Compagna

Nel cuore dei caruggi, in Piazza della Posta Vecchia 3/5, è possibile visitare il presepe de A Compagna, l’associazione culturale che dal 1923 si occupa di custodire e promuovere le nostre tradizioni.

La scena è ambientata sulle alture di Genova nel primo ottocento: sullo sfondo si vede infatti la città di notte, scarsamente illuminata come era senz’altro allora, con la collina di Carignano, il porto, la Lanterna e la stella cometa.

Cominciando il nostro percorso da sinistra in alto si nota un gruppetto di case contadine con i loro abitanti; tra le case c’è un pino marittimo, quella più a destra ha l’uscio ombreggiato da un pergolato e davanti due ulivi; nella fascia sottostante c’è un cavallo bardigiano che bruca l’erba: due galline di razza “gigante nera”; un albero di cachi al quale è legato un asino del monte Amiata; una bezagnina che indossa il mezzero siede vicino al suo banchetto mentre prepara il pesto nel mortaio.

Taraffo e Paganini. Foto di Giovanni Caciagli.
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Nicolò Paganini. Foto di Stefania De Maria
Paciugo e Paciuga. Foto di Giovanni Caciagli.
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Maria Drago. Foto di Stefania De Maria.

Dietro l’albero spoglio ci sono Paciugo e Paciuga; un pò più a destra c’è Pasquale Taraffo che è stato definito il “Paganini della Chitarra”.

Il pescatore. Foto di Giovanni Caciagli.
Il camallo. Foto di Giovanni Caciagli.

Più avanti ecco Niccolò Paganini che si appresta a suonare il suo violino; ancora più a destra c’è la signora Maria Drago, madre di Mazzini che ha posato gli occhiali sullo scrittoio e tiene in mano una lettera del figlio; in primo piano un falegname con gli attrezzi da lavoro e il grembiule di jeans che parla con un mendicante; più a destra ecco un camallo col tradizionale scosalin (il grembiulino) e il gancio appeso alla cintura.

Il falegname. Foto di Giovanni Caciagli.

Nella parte centrale del presepio in alto si nota un seccatoio per le castagne, davanti un contadino sta tirando la corda per legare una fascina; a destra c’è un fienile con le mucche di razza cabannina; dietro per scendere nelle fasce sottostanti, sostenute dai muri a secco, c’è una tipica creuza presidiata da un piccolo cinghiale.

In primo piano c’è un pastore con la coperta sulle spalle seguito da due pecore di razza “marrana”, appena dietro un cacciatore col suo cane e a destra due pescatori. Uno dei due porta le reti in spalla e il carretto col pescato sotto lo sguardo attento e speranzoso di un gattone bianco; il secondo, un pescatore di acqua dolce, con il saio in spalla; ancora più a destra una contadina davanti al suo pollaio; per terra una cesta di olive appena colte da portare al frantoio.

I cavalli dei re Magi. Foto di Giovanni Caciagli.

I cavalli dei re Magi in primo piano, trattenuti dal palafreniere, rimandano agli antichi presepi secenteschi dove sostituivano i cammelli.

Nella parte destra ecco il protagonista ovvero il carro del Confeugo trainato dai buoi che trasporta il ceppo di alloro da bruciare davanti a Palazzo Ducale; a fianco procede l’Abate del Popolo vestito di nero, che va ad incontrare il Doge; davanti a questo gruppo c’è Caterina Campodonico (la celebre venditrice di noccioline del cimitero di (Staglieno) con il suo cesto di mercanzie.

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Il carro dei buoi con L’Abate del Popolo. Foto di Stefania De Maria.

Dietro c’è una casetta con l’insegna de a Compagna e lo stendardo con la croce di San Giorgio.

La casetta con la bandiera di san Giorgio. Foto di Giovanni Caciagli.

L’edificio sulla destra invece rappresenta l’Orfanotrofio Sant’Antonio di Voltri, opera pia istituita dalla Duchessa Maria Brignole Sale De Ferrari che è seduta davanti con in braccio un neonato e attorno delle orfanelle già grandine. Sul muro è riprodotta la lapide commemorativa ivi esistente. Vicino, un po’ in disparte, Carlo Giuseppe Vespasiano Berio, il fondatore dell’omonima biblioteca comunale.

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La natività. con Gelindo e Gelinda. Foto di Stefania De Maria

Finalmente siamo giunti alla Natività ambientata, all’angolo di destra, in un fienile con il tetto di ciappe di ardesia; sulla sinistra si sono posati due piccioni.

Inginocchiato di fronte al Bambino c’è Gelindo, secondo la tradizione il primo ad accorrere in soccorso di Gesù portando in dono delle uova. La moglie Gelinda invece in piedi, avvolta nel suo mezzero, gli porge un telo per fasciare i neonati.

A destra il Padre Santo porta un cestino di vimini e regge un crocifisso.

Il Padre Santo. Foto di Stefania De Maria.

Ogni dettaglio ha quindi un riferimento e una collocazione puntuale nella città. Non manca infine un bel tappeto di erba cocca che come tradizione si raccoglie nei nostri boschi.

L’idea di realizzare questo presepe nasce nel 2009 su iniziativa di Yvonne Migliori e Angelo “Sergio” Diana due artigiani che con passione si sono occupati di realizzare le statuine in terracotta o cartapesta. I personaggi sono dipinti a mano o rivestiti in stoffa rispettando i costumi dell’epoca. Alcuni sono manichini riccamente abbigliati. Recentemente a questi due appassionati si è unito Mario Gerbi che ha lavorato in legno le miniature degli strumenti di Paganini e di Taraffo e dello scrittoio di Maria Drago con il calamaio, la penna e gli occhiali.

In copertina: Il Presepe della Compagna. Foto e testo di Stefania De Maria.

Natale 2021.

La Protettrice della città…

Questa, per dimensioni ed importanza, poderosa edicola della “Protettrice della città” realizzata dai fratelli Orsolino venne collocata sulla Porta di Ponte Spinola nel 1745 per sorvegliare i traffici marittimi. La Madonna Regina è rappresentata seduta con in braccio il Bambino. In origine le due figure erano ornate dalle corone e la Vergine, con la mano destra, impugnava lo scettro del potere dogale. Nel 1840, per volontà del re sabaudo Carlo Alberto, venne trasferita in una nicchia ricavata, in corrispondenza di Piazza dello Statuto, sotto il muro di confine di Palazzo Reale. Oggi è protetta da una porta in ferro con tanto di vetro antisfondamento, purtroppo già scheggiato e da un cancelletto. Il grande basamento su cui è posta reca, ormai abrasa, la scritta che testimonia il trasferimento della statua.

Un’altra statua della Madonna Regina, sempre opera di Tommaso Orsolino si trovava nei pressi di Porta Reale e venne trasferita, in seguito ai lavori di demolizione del varco resisi necessari per il tracciamento della nuova via Carlo Alberto, nello spiazzo antistante la chiesa dei Cappuccini, meglio nota come “Madonna della SS. Concezione”.

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“Un mazzo di fiori avvizzito davanti al vetro venato e scheggiato che custodisce la statua”.

Un tempo oggetto di preghiera da parte dei camalli del porto oggi è LEI a supplicare assistenza agli Enti Pubblici che l’hanno lasciata esposta agli insulti e alle ingiurie degli Infedeli e all’indifferenza dei passanti.

Un altro piccolo esempio dell’incuria e del degrado dei nostri monumenti e della scarsa attenzione per la nostra storia. Questi sono il rispetto e l’importanza che accordiamo al nostro passato e il disamore per la nostra città che trasmettiamo ai turisti.

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“La statua della Madonna della SS. Concezione esposta nel piazzale della chiesa del Padre Santo e dei Cappuccini”.

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“La statua nella sua originaria collocazione accanto alla Porta di Ponte Reale. Poggia su un basamento di teste di cherubini da cui spunta una mezzaluna. Nella mano destra impugna lo scettro mentre, nella mano sinistra regge il Bambinello con in mano il globo”.

Dicevano gli antichi “più una civiltà si prende cura dei propri monumenti e della propria cultura, tanto più radioso sarà il suo approccio al futuro”.

 

Storia di un santuario antichissimo…

 e di un Frate speciale….
In Piazza delle Grazie, davanti all’omonimo santuario, svetta opera del Galletti, la statua in onore del Padre Santo.
Il frate cappuccino Francesco da Camporosso che si distinse in città per le sue opere misericordiose e caritatevoli.
Si spense nel 1866 mentre pregava per la sua Genova flagellata dal colera.
Il gruppo marmoreo inaugurato nel 1963 celebra, fra i tanti, tre miracoli attribuiti al Santo.

Sono rappresentati un lavoratore portuale, un naufrago ed una madre con la figlioletta agonizzante.
L’attigua chiesa, dall’anonimo moderno aspetto, in realtà secondo la tradizione sorge sul luogo dove nel V sec. d.C. approdarono i SS. Nazario e Celso, i primi predicatori del Cristianesimo in Liguria.
A questi venne intitolata la primitiva cappella che conserva ancor oggi, sita a livello del mare, la più antica cripta esistente.

Nel XI secolo, vista la sua posizione a picco sul mare, venne eletta dai marinai come meta delle loro suppliche e mutò il nome in Nostra Signora delle Grazie.

"Le Mura delle Grazie".
“Le Mura delle Grazie”.

Da qui anche il nome del sottostante tratto di Mura del XIII sec.