Così comincia la prima scena del primo atto di “Re Lear” di Shakespeare. Un incipit che, preso in prestito dalla mitologia britannica, si può ben adattare ad avvenimenti che, circa trecento anni prima della composizione della tragedia, interessarono la nostra città.

Sul finire del Duecento Genova, nonostante il trionfo contro i Pisani nella battaglia della Meloria del 1284, era dilaniata dalle lotte intestine, divisa come gli altri comuni italiani in guelfi e ghibellini, le fazioni che sostenevano il papa o l’imperatore.
A Genova costoro erano identificati con il nome di Rampini e Mascherati e più spesso seguivano dinamiche interne di potere, adottando la canonica distinzione solo come pretesto per darsele di santa ragione e dirimere con la forza altre questioni.
Una rivolta particolarmente sanguinosa si ebbe il 30 dicembre 1296, immortalata nei versi di un anonimo poeta volgare:
Un re vento con arsura
a menao gram remorim
enter Guerfi e Gibellin,
chi faito a greve pontura:
che per mantener aotura
e per inpir lo cofin,
de comun faito an morin
per strepar l’aotru motura,
ensachando ogni mestura
per sobranzar soi vexin.
per zo crian li meschin
e de tuti se ranguram.
Ma de tanta desmesura
pensser o a la per fin,
de chi ve li cor volpin
no ne fera con spaa dura.
Per intere giornate si combatté per le strade, finché i Rampini non ebbero la peggio e si rifugiarono dentro San Lorenzo. I Mascherati infatti li assediarono in cattedrale e, per stanarli, appiccarono il fuoco.

Ci volle l’intervento del vescovo di Genova, Jacopo da Varagine (l’autore della “Legenda Aurea”) per porre fine allo spargimento di sangue fra concittadini e per salvaguardare la cattredale . A causa dei violenti scontri infatti la chiesa subì gravi danni, a tal punto da sostituire i colonnati interni e gran parte dei capitelli.





Traccia ancora visibile e silente testimone dei fatti si trova sulle colonne del portale laterale destro, quello di San Gottardo che si affaccia su Via San Lorenzo. I buchi sulle colonne non sono segni dell’incuria o dell’inesorabile trascorrere del tempo ma gli sfregi dei dardi di balestra scagliati durante gli scontri. Sulle basi delle colonne si notano anche le fenditure dei colpi di spada.