Piazzetta Tavarone

Nelle adiacenze di Piazza San Matteo si trova piazzetta Tavarone.

Qui si può notare il retro di un palazzo accorpato alla proprietà di palazzo Lamba Doria.

Sono ancora visibili brani di affreschi che decoravano i prospetti dell’edificio su tutti i lati (affacciati anche su vico Isola e vico San Matteo).

La graziosa piazzetta deve il suo nome alla famiglia di artisti il cui più celebre esponente fu quel Lazzaro che, discepolo di Luca Cambiaso, decorò l’Escorial di Madrid e diversi nobili palazzi genovesi.

Fra i tanti capolavori del maestro i due più noti e cari ai suoi concittadini sono “L’ultima Cena” collocata nella cattedrale di San Lorenzo e l’inconfondibile San Giorgio che uccide il drago che decora il prospetto a mare dell’omonimo palazzo.

In Copertina: Piazzetta Tavarone. Foto di Antonio Corrado.

San Giorgio e Madonna col Bambino

Sul fianco, lato portale di San Gottardo, della cattedrale di San Lorenzo che si affaccia sull’omonima via pedonale numerose sono le testimonianze artistiche e storiche.

Fra queste due capolavori mirabili con un solo colpo d’occhio: sopra il superbo rilievo di San Giorgio che uccide il drago fra i santi Giovanni Battista e Siro;

sotto invece ecco una graziosa statuetta di marmo del XVII secolo che immortala, appoggiata su una mensola, la Madonna col Bambino e San Giovannino.

La tavella di San Giorgio in particolare è molto significativa perché, ritenuta la più antica rappresentazione cittadina del santo (XII-XIV sec ), non prevede la classica figura della principessa.

In Copertina: San Giorgio e Madonna col Bambino e San Giovannino sul portale di San Gottardo.

Il Pallio di San Lorenzo

Nell’aprile del 1204 durante la quarta crociata Bisanzio era stata conquistata dagli eserciti crociati con conseguente istituzione dell’Impero Latino d’Oriente, regno di fatto sotto l’influenza veneziana.

Tre piccoli stati bizantini Epiro, Trebisonda e Nicea non si rassegnarono al nuovo ordine costituito e continuarono a proclamarsi legittimi sudditi ed eredi dell’Impero Romano D’Oriente.

Fu così che Michele VIII Paleologo erede del trono di Nicea chiese aiuto ai genovesi per la riconquista di Costantinopoli.

Il 13 marzo del 1261 il futuro imperatore e la delegazione genovese inviata dal Capitano del Popolo Guglielmo Boccanegra, per sancire la nuova alleanza stipularono dunque, dal nome della località vicina a Bisanzio sede dell’incontro, il trattato del Ninfeo.

In cambio della fornitura di 16 navi in assetto da guerra dotate di equipaggi, ammiragli, armamenti e soldati Michele Paleologo s’impegnava a cedere la signoria di Focea (strategica per il commercio di mastice e allume di rocca), il diritto di passaggio negli Stretti del Mar Nero e soprattutto la cacciata dei veneziani dalla Crimea.

Genova privilegiato interlocutore con l’Oriente si apprestava quindi a vivere il periodo del suo – come brillantemente definito dal Lopez -“massimo fiore” che la porterà nel 1284 ad annientare Pisa alla Meloria e a mettere in ginocchio a Curzola nel 1298 Venezia.

Il Pallio ripulito. Foto Museo di Sant’Agostino.

Le teste leonine ancora oggi visibili sulla parte più antica di Palazzo San Giorgio, l’antico palazzo del Capitano del Popolo, provengono dal distrutto palazzo veneziano del Pantocratore di Costantinopoli asportate a mo’di trofeo per celebrare la schiacciante vittoria commerciale e politica sui rivali di San Marco.

Oltre ai benefici sopra citati l’Imperatore, in segno di riconoscenza, fece recapitare a Genova il giorno di Natale del 1261 due preziosissimi palli esposti sopra l’altare maggiore della cattedrale di San Lorenzo.

Dettaglio scena n. 14 che raffigura San Lorenzo sulla graticola.

Purtroppo dei due drappi uno, del quale non si ha più traccia, è andato perduto.

Dalla cattedrale di San Lorenzo dove è rimasto fino al 1633, il regale tessuto è stato trasferito fino al 1842 presso il demolito Palazzo dei Padri del Comune a Caricamento.

Da qui in poi le peregrinazioni nei due secoli successivi a Palazzo Tursi prima e Palazzo Bianco poi.

Il drappo rimasto invece misura 377 cm di lunghezza e 132 di altezza ed è realizzato in sciàmito di seta rossa.

Lo sciàmito è un tessuto più unico che raro utilizzato per gli abiti imperiali e papali caratterizzato da ricami e filati ricoperti di lamina d’argento e d’argento dorata.

Nel Pallio di San Lorenzo sono raffigurati, distribuiti su due livelli orizzontali, venti episodi di vita di Sisto, Lorenzo e Ippolito.

Le scene sono accompagnate da una scritta in latino a caratteri gotici e vanno lette partendo dalla figura centrale di destra verso sinistra. Queste scene descrivono i momenti salienti della vita dei protagonisti fino alla morte. La parte centrale del drappo invece raffigura Michele VIII Paleologo che entra nella cattedrale di Genova.

Dettaglio della scena n. 1 che raffigura bl’ingresso dell’imperatore Michele VIII Paleologo in San Lorenzo.

Nel 2009 il prezioso manufatto, probabilmente il più importante reperto medievale nel suo genere, è stato oggetto di un complesso restauro durato fino al 2018 presso l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, che lo ha così restituito alla città nel suo primitivo splendore.

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Schema di lettura del pallio. Foto tratta da Wikipedia.

  1. San Sisto vescovo di Roma ordina a San Lorenzo arcidiacono di vendere i vasi della chiesa
  2. San Lorenzo vende i vasi della chiesa
  3. San Lorenzo distribuisce ai poveri il ricavato della vendita dei vasi
  4. San Sisto disputa con l’imperatore Decio
  5. San Sisto viene decapitato
  6. La sepoltura di San Sisto
  7. San Lorenzo disputa con l’imperatore Decio circa i vasi dorati
  8. San Lorenzo presenta all’imperatore gli zoppi e i ciechi a cui diede il ricavato della vendita dei vasi
  9. San Lorenzo viene bastonato
  10. San Lorenzo in carcere
  11. In carcere San Lorenzo visita gli infermi che si presentano a lui
  12. San Lorenzo converte il custode del carcere Tiburzio Callinico
  13. San Lorenzo battezza Tiburzio Callinico
  14. San Lorenzo è martirizzato sulla graticola
  15. San Ippolito seppellisce San Lorenzo
  16. San Ippolito disputa con l’imperatore Decio
  17. San Ippolito è torturato con artigli di bronzo
  18. San Ippolito smembrato con i cavalli
  19. La sepoltura di San Ippolito
  20. San Lorenzo che introduce l’altissimo imperatore dei greci Michele Paleologo nella chiesa genovese (scena centrale del drappo).

Oggi il Pallio di San Lorenzo è custodito presso il Museo di Sant’Agostino di cui costituisce ineguagliabile fiore all’occhiello.

In Copertina: Il Pallio di San Lorenzo

L’Ultima Cena e il cardinale

Nella navata destra della Cattedrale di San Lorenzo si trovano, a pochi centimetri l’uno dall’altro, due splendidi capolavori.

Il primo è il monumento funebre del cardinal Pietro Boetto, realizzato nel 1949 dallo scultore Guido Galletti.

L’alto prelato genovese si era distinto nella trattativa della resa nazista avvenuta nella sua residenza di Villa Migone nell’aprile del 1945.

Inoltre il cardinale si era attivato, aderando alll’associazione clandestina Delasem, per aiutare gli ebrei a sfuggire dal regime nazista. Per questa sua attività meritoria l’arcivescovo di Genova è stato nominato”Giusto fra le Nazioni” ed è uno dei soli quattro membri del clero che in Italia hanno ricevuto questo autorevole riconoscimento.

Boetto morì il 31 gennaio 1946 in seguito ad una crisi cardiaca ed ebbe giusta sepoltura con il massimo degli onori nel principale tempio cittadino.

L’epigrafe commemorativa alla base del sarcofago recita:

PETRUS CARD. BOETTO S.J. ARCHIEP. GENUEN. CIVITATIS DEFENSOR 1871-1946.

Con la sua scomparsa ebbe inizio l’epoca del suo successore Giuseppe Siri il cui mandato fu il più lungo, durato ben 41 anni fino al 1987, della storia della diocesi genovese.

A realizzare la scultura fu l’artista celebre, fra le sue tante opere, per il monumento subacqueo del Cristo degli Abissi collocato nei fondali davanti a San Fruttuoso.

Ma lo stupore non finisce qui perché alzando lo sguardo dietro al monumento si rimane estasiati dalla bellezza dell’Ultima Cena di Lazzaro Tavarone.

L’affresco dipinto nel 1626 in origine si trovava nel refettorio dell’ospedale Pammatone e venne trasferito in cattedrale quando il nosocomio, nel dopoguerra, venne demolito e smantellato.

Fra le innumerevoli opere d’arte di questo straordinario pittore basti ricordare il – a tutti familiare – prospetto di Palazzo San Giorgio decorato con le effige dell’omonimo santo.