Il Papasso intanto, oltre che paventare nuove lettere di protesta, pretendeva di avere un trattamento diverso, privilegiato, rispetto agli altri schiavi “passando in minacce contro molti e, in particolare, contro il Padre dei Cappuccini, incaricato, per conto del Magistrato delle Galee, di tenere “cordiali” i rapporti.
L’Imam, nel frattempo, si era proclamato “direttore” (colui che detiene il banco) in Darsena del Gioco del Biribis (gioco d’azzardo simile alla lotteria) scontrandosi anche con personaggi della nobiltà che non disdegnavano le scommesse.
Fu allora che le Autorità cittadine misero fine alla “querelle” costringendolo in catene, al pari degli altri schiavi, per lunghi e duri sedici mesi sulle galee.
Il Senato scrisse ai consoli di Francia, Inghilterra, Spagna e Olanda che a Tunisi, Tripoli e Algeri smentissero le insinuazioni del Papasso…
Forse l’Imam, non aveva tutti i torti, ma aveva “tirato troppo la corda” e i Genovesi di quel tempo non erano certo usi “a farsi menar per il naso”…
Nel 1914, in occasione dell’Expo genovese, l’architetto fiorentino Coppedè, per meglio descrivere lo spirito della manifestazione, concepì all’interno dei padiglioni una Moschea e la Torre Galata, simboli della tolleranza, della potenza e dell’intraprendenza dei Genovesi nei secoli.