Salita all’Arcivescovato

Nei pressi di Piazza Matteotti vicino a via Tommaso Reggio si interseca Salita all’Arcivescovato.

Sono questi luoghi, come testimoniato dalle numerose lapidi affisse sulla parete del palazzo Ducale, ricchi di storia.

In Via Tommaso Reggio incontriamo infatti la torre del Popolo o Grimaldina, la Loggia degli Abati, il Museo Diocesano e il Palazzetto, ex Archivio di Stato, Criminale.

Proprio qui in corrispondenza della Salita all’Arcivescovato basta alzare lo sguardo per scoprire i due ponticelli coperti che collegano fra di loro il Palazzetto, l’Arcivescovato e il Palazzo Ducale.

Questi passaggi erano utilizzati in passato dal Doge e dal Vescovo sia per muoversi indisturbati e lontani da occhi indiscreti all’interno dei palazzi del potere, sia per assicurarsi, in caso di necessità, una rapida via di fuga.

Un racconto a me molto caro che si perde nella notte dei tempi narra di una singolare coppia di frequentatori dei caruggi: il Diavolo e il Vento.
Una sera il Diavolo, passando sotto l’Arcivescovato, disse all’amico che sarebbe salito a parlare con il Vescovo e di attenderlo lì sotto.
Nel palazzo della Curia il Diavolo, evidentemente, si trovò proprio a suo agio visto che più non scese.
Ecco perché in Salita all’Arcivescovato soffia sempre forte il Vento; perché questi è ancora lì sotto ad aspettare il Diavolo.

In Copertina: Salita dell’Arcivescovato. Foto di Alessandra Illiberi Anna Stella.

Storia del Blue Jeans…

L’origine del tessuto più commercializzato sul pianeta è qui a Genova.
Infatti già in pieno medioevo la saia di color indaco proteggeva, sotto l’armatura, i nostri Balestrieri.
Il commercio su larga scala iniziò a cavallo tra medioevo ed età moderna quando Genova era snodo di importazione di cotone e esportazione di fustagni e tele.
Il colore utilizzato era l’indaco proveniente dal Bengala e da Giava, meglio noto come Blu de Genes in francese e, tradotto in inglese, appunto Blue Jeans.
La Repubblica affidò la lavorazione di questo tessuto che, inizialmente aveva utilizzi prettamente navali, ai piemontesi di Chieri e ai provenzali di Nîmes.
Per questo motivo il Jeans è anche noto come Denim (De Nîmes… per contrazione “Denim”).
Nel nuovo mondo il Jeans divenne l’indumento principe di cercatori d’oro, di minatori e di vaccari, insomma dei cow boys.
Nell’800 continuò ad essere indossato dai portuali e persino da Garibaldi ed i suoi Mille.

"I pantaloni in jeans di Garibaldi con la famosa toppa sulla gamba sinistra".
“I pantaloni in jeans di Garibaldi con la famosa toppa sulla gamba sinistra”.

 


A metà del secolo scorso raggiunse l’apice della popolarità grazie a James Dean, Kerouac e alla Beat Generation.
A testimonianza del legame popolare con la nostra città, un collezionista privato ha raccolto un presepe settecentesco le cui statuine sono vestite con abiti di jeans.
Esistono poi quattordici paramenti sacri cinquecenteschi
dipinti su tela blu, provenienti dall’antica Abbazia di San Nicolò del Boschetto ora conservati presso il Museo Diocesano.

"Particolare della Deposizione di Cristo".
“Particolare della Deposizione di Cristo”.

 

"Seconda sala blu del Museo Diocesano".
“Seconda sala blu del Museo Diocesano”.