Gli arazzi della battaglia di Lepanto

A palazzo del Principe sono collocati tre straordinari cicli di arazzi quattro e cinquecenteschi: il primo dedicato alle storie di Alessandro Magno, il secondo ai mesi dell’anno, o meglio, alle divinità ad essi associate, il terzo alla battaglia di Lepanto.

Quest’ultimo ciclo è costituito da sei panni e due tramezzi conservati nella sala del Naufragio del palazzo.

Gli arazzi furono commissionati da Giovanni I Andrea D’Oria, nipote di Andrea, che fu tra i protagonisti del celebre scontro navale.

Ad elaborare i bozzetti preparatori venneri incaricati addirittura Lazzaro Calvi che disegnò le scene centrali e Luca Cambiaso che si occupò delle incorniciature e delle figure allegoriche.

La stesura degli arazzi avvenne a Bruxelles e furono consegnati a Genova nel 1591.

La sequenza degli episodi rappresentati ha inizio con La partenza da Messina della flotta cristiana, nel quale si descrive la partenza delle navi cristiane dal porto siciliano, sotto il comando supremo di Don Giovanni d’Austria, figlio naturale di Carlo V.

In basso a sinistra è rappresentata la “Capitana Nova” di Giovanni Andrea I, riconoscibile grazie alla presenza a poppa del fanale a forma di globo celeste, dono della moglie Zenobia.

A sinistra della scena centrale compare l’allegoria della Concordia, caratterizzata dagli attributi iconografici del caduceo e della lira, a destra si scorge invece la Nemesi, identificata dalla presenza di un metro e del freno che le viene offerto da un fanciullo.

Il secondo arazzo illustra la Navigazione lungo le coste calabre, mostrando l’avanzamento della flotta cristiana alla ricerca dello scontro con le navi turche. Il panno immortala il momento in cui la flotta della Sacra Lega costeggiò le coste della Calabria in direzione di Corfù, isola al largo dell’Epiro, caposaldo veneziano.  Da lì giunsero poi a Lepanto, nei pressi delle isole Curzolari, anticamente conosciute come Echinadi, dove ebbe luogo lo scontro con l’armata turca. Le figure allegoriche che accompagnano l’episodio sono la Vigilanza, a sinistra, con gli attributi del gallo, della testa di leone e della gru e, sul lato opposto, il Dominio sul mare, caratterizzata da una folta chioma agitata dal vento e dal tridente di Nettuno.

Il terzo panno raffigura lo Schieramento delle flotte. A destra si vede l’armata turca, organizzata in una formazione continua, pensata con l’intento di aggirare le navi nemiche. I cristiani, a sinistra, si divisero invece in quattro corni: al centro si posizionarono le galee di Don Giovanni d’Austria, a sinistra quelle veneziane di Agostino Barbarigo e a destra quelle di Giovanni Andrea I Doria. In seconda fila si scorgono le navi della retroguardia, al comando di Alvaro Bazan. Tra i due schieramenti si vedono le galeazze veneziane, navi dotate di una ragguardevole potenza di fuoco, che si rivelarono decisive per le sorti della battaglia. Le allegorie della Speranza e della Prudenza affiancano la scena centrale, la prima caratterizzata da un giglio e la seconda da tre teste di animali (lupo, leone e cane).

“La seconda e la terza scena”.

L’arazzo dedicato alla Battaglia vera e propria reca la rappresentazione dello scontro, che si rivelò estremamente sanguinoso. La vittoria della Lega Santa, in una battaglia le cui sorti rimasero a lungo in bilico, fu conquistata grazie alla superiore potenza di fuoco della flotta cristiana. Il panno mostra ai lati della scena centrale la figura della Fortuna, rappresentata in equilibrio su una sfera e accompagnata dall’emblema della cornucopia, e della Fortezza, caratterizzata dalla presenza di uno scheletro, di una corona e di un ramo di quercia.

Il penultimo panno è dedicato alla Vittoria cristiana e la fuga delle sette galee turche. Favorite dal sopraggiungere della notte, sette navi turche, comandate dal corsaro Uluç Alì, riuscirono a sfuggire alla cattura. Giovanni Andrea I, la cui nave si scorge impegnata nel vano sforzo dell’inseguimento, fu aspramente criticato per la sua scelta di interrompere lo schieramento cristiano nel tentativo di realizzare una manovra di aggiramento dei turchi. L’arazzo presenta diversi elementi di trionfo sul nemico, rappresentato in catene nella porzione inferiore del panno.

L’ultimo arazzo della serie raffigura il Ritorno a Corfù. La flotta cristiana, vittoriosa, trainò nel porto veneziano circa centotrenta navi turche prese prigioniere durante la battaglia. In primo piano è rappresentata la Capitana Nova di Giovanni Andrea con una preziosa preda di guerra: la nave ammiraglia turca. A corredo della scena vi sono la Gloria, caratterizzata dalla presenza di un cigno, e la Fama, con i suoi attributi della tromba, della lancia e le ali tempestate di occhi, orecchie e lingue.

Dopo questa dettagliata ed erudita descrizione tratta pari pari (sarebbe stato presuntuoso togliere o aggiungere altro) dal sito doriapamphilj.it, riporto questa divertente storiella citata sulla relativa monografia del Prof. Barbero che la dice lunga sull’essenziale pragmatismo dei genovesi:

“… l’ammiraglio veneziano scrisse alla Serenissima “La Madrepatria è salva”; l’ammiraglio pontificio scrisse al papa “La vera fede ha trionfato”; l’ammiraglio spagnolo scrisse al re Felipe “Vostra maestà ora domina anche il Mediterraneo”; Gio Andrea Doria scrisse al suo amministratore “Smetti di pagare l’assicurazione per i carichi perché sul mare non c’è più pericolo”.

In copertina il primo arazzo che immortala la partenza della flotta da Messina.