Quando c’era il Monastero di Santa Margherita della Rocchetta

Quando sotto al Ponte di Carignano esisteva ancora il vivace e popoloso quartiere della Madre di Dio.

In primo piano sulla destra si notano ancora i resti della chiesa di Santa Margherita da cui il nome dell’omonimo tratto cinquecentesco mura.

Quando l’antico monastero, noto anche per via della sua posizione rialzata sul colle di Carignano con il toponimo della Rocchetta, venne riadattato ad edificio ad uso uffici e poi irrimediabilmente danneggiato dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.

Vico Semino

Nei pressi di Via Giustiniani tra Vico della Virtù e Via di Santa Croce si trova vico Semino.

Probabilmente il toponimo Semino rimanda alla famiglia proveniente da Bolzaneto attorno al 1365.

Nel ‘500 fra i Semino si segnalarono i pittori Antonio e i suoi due figli Andrea e Ottavio esponenti di spicco del Manierismo genovese.

In Copertina: Vico Semino. Foto di Stefano Eloggi.

Vico Largo

Vico Largo è uno dei numerosi caruggi che fungono da collegamento tra via Prè e via Gramsci.

Curiosamente per tutto il Medioevo e fino al 1868 i vico Largo in città erano due.

Per non confonderli l’altro che si trovava nella zona delle Grazie fu ribattezzato nell’odierno Vico delle Camelie.

Probabilmente l’origine del toponimo rimanda al fatto che, rispetto agli altri caruggi della contrada, vico Largo è appunto un pò più grande e a quel tempo carrabile.

Qui, oltre ai muri scrostati, sono visibili resti di archetti, una bifora del XV sec e due piccole settecentesche edicole marmoree: di Madonna con il bambino la prima e di Madonna della Misericordia la seconda.

In Copertina: Vico Largo.

Vico di Santa Fede

Nel quartiere di Prè vico di Santa Fede prende il nome dall’omonima chiesa che un tempo, punto di assistenza dei pellegrini in partenza per la Terrasanta, era orientata verso il lato della vicina Piazzetta di Metelino.

Alzando gli occhi si nota ancora il campanile della ex chiesa inglobato nel corpo degli circostanti edifici adibiti ad aule universitarie.

Particolarmente suggestivo è l’angusto passaggio di un varco laterale da non confondersi con la vicina omonima porta di Santa Fede.

In Copertina: Vico di S. Fede. Foto di Stefano Eloggi

Piazza Inferiore del Roso

Da via Prè addentrandosi in quel reticolo di caruggi che collegano con via Balbi si incontrano luoghi sconosciuti ai più.

Causa la nomea non proprio edificante della zona sono pochi infatti quelli che vi si addentrano non privi di un qualche timore.

Sopra la nicchia vuota dell’edicola votiva vuota una lapide certifica la proprietà e l’utilizzo del pozzo.

Eppure si tratta di un dedalo antichissimo ricco di tracce del passato, purtroppo mal conservato, in cui le edicole votive sono scomparse o rovinate.

Pietre di sbrecciati muri tardo medievali con arcate in laterizio spuntano dai prospetto dei palazzi del ‘600.

Il restauro della piazza avvenuto circa una decina di anni fa, se da un lato ha reso più vivibile il luogo, dall’altro non ha saputo tramandarne l’anima.

Al centro della piazza, al posto dello scomparso pozzo, una bella pianta verde infonde tuttavia speranza creando un legame con il passato.

Sia la via che la piazza del Roso infatti devono il nome alla forma latino arcaica per indicare il giunco.

Non tutti gli esperti però concordano con questa spiegazione: secondo alcuni storici invece il toponimo deriverebbe dalla macerazione delle corteccia di quercia ad utilizzo della concia delle pelli, secondo altri dalla denominazione di una località detta del Roso nei pressi di Fontanegli.

In Copertina: Piazza Inferiore del Roso. Foto di Stefano Eloggi.

Vico dell’Argento

Tra Via lomellini a via cairoli si trovavano gli antichi laboratori di oreficeria. Ne sono inequivocabile testimonianza ancora oggi i toponimi di vico dell’Argento e della vicina Salita dell’Oro.

Qui, presso la trattoria Gaia, è possibile gustare i piatti della cucina genovese sotto le volte e i mattoni a vista di un palazzo storico o, se preferite, a cielo aperto nel caruggio stesso.

Orgogliosa sventola la Croce di San Giorgio a ricordarci il nostro glorioso passato.

In Copertina: Vico dell’Argento. Foto di Maurizio Romeo.

Vico Mallone

Nella zona della Maddalena si trova vico Mallone oggi chiuso, come per altro diversi caruggi per motivi di sicurezza, da un imponente cancello.

Il vico trae origine del casato dei Maloni o Mallone provenienti da Quarto nel 1100. Fra questi nel 1263 un tal Pescetto capitano di galee si distinse nelle guerre contro Pisa.

Costoro nel 1305 confluirono nei Cattaneo Della Volta che diedero alla Repubblica ben cinque dogi: Uberto (1528), Leonardo (1541), Giambattista (1691), Nicolò (1736) e Cesare (1748).

In Copertina: Vico Mallone. Foto dell’autore.

Vico dei Lavatoi

Nel quartiere del Molo Vecchio sulla destra del Palazzo della Dogana oggi Caserma della Finanza si imbocca vico dei Lavatoi.

L’origine del nome trae origine dal fatto che, tra la fine del ‘600 e gli inizi del ‘700, si rese necessario, per motivi di igiene, l’utilizzo dei trogoli.

“Trogli” che vengono citati per la prima volta alla Marina, nel 1656 per poi diffondersi, vista l’importanza dell’approvigionamento idrico, ovunque ben protetti in prossimità delle Mura.

Così non mancano in città, ad esempio,la piazza delle Lavandaie, vico e piazza dei Lavatoi, ed i famosi trogoli di s.Brigida.

In Copertina: Foto di Lucia Gibaldo.

Vico Damiata

Nel quartiere del Molo Vecchio si trova vico Damiata.

Damiata, odierna Dumyãt in Egitto, è Damietta l’antica città portuale sul Nilo delle Crociate dove le forze militari occidentali, nel 1248 durante la settima crociata, costituirono un loro avamposto. Avamposto di effimera durata poiché già nel 1250 il territorio fu riconquistato dai Musulmani.

Fu la crociata fallimentare del re di Francia Luigi IX detto il Santo con il quale i Genovesi avevano siglato un cospicuo contratto per l’allestimento e l’armamento delle navi.

In Copertina: Vico dei Lavatoi incrocia Vico Damiata. Foto di Stefano Eloggi.

Vico del Santo Sepolcro.

Percorrendo via San Luca all’incrocio con Vico del Santo Sepolcro si incontra un’edicola di Madonna col Bambino affissa su un cinquecentesco palazzo dai bicromi conci bianco e neri.

Il caruggio conduce all’omonima piazzetta dove sorgeva un tempo appunto l’oratorio del Santo Sepolcro da cui il nome del luogo.

Al posto dell’edificio religioso un’orripilante costruzione del dopoguerra.

In Copertina: Vico del Santo Sepolcro. Foto dell’autore.