Canzone del “Balaridone”…

Il 1522, come ricordato in apposito racconto, è l’anno del terribile Sacco di Genova.
Ciò non impedisce ai bigotti reggitori del Governo di occuparsi di frivole facezie come quella di proibire la canzone popolare, probabilmente di origine provenzale, detta del “Balaridone”.
Ecco il goliardico testo:
SI TROVASSE UNA DONNA,
CHE MI VOLESSE AMARE,
E POI VOLESSE FARE
CON MI LA PAVANELLA.
ALHOR PER LA MIA PATRONA
IO LA VORREI CHIAMARE
E POI CON LEI CANTARE:
DE TOCA LA CANELLA
O DOLCE PASTORELLA
OYME’, CHE l’E’ PUR BELLA
DA FAR BALARIDON
DOGHE ( don) DOGHE ( don).
Così recita il decreto di messa al bando:
“La maledetta canzone de Balaridone, quale contamina la mente non solum de’ secolar de’ religiosi, cosci homini come done, che la odeno, soto pena di multa o fustigazione.
E se saranno puti, li saranno date tante patte”.

Passeggiando al Carmine…

"L'albero di giuggiola".
“L’albero di giuggiola”.
Con te, mano nella mano, Genova mi conduci a spasso nel tempo e… sempre m’innamori…
Alle spalle del Quartiere del Carmine, a pochi passi dal cuore universitario della città, salendo per S. Bernardino, si entra in un’altra dimensione dove luce e colori sembrano giocare a rincorrersi.
Si incontrano i caruggi dai nomi più dolci, a testimonianza che qui, un tempo, si esercitava l’antica arte pasticcera;

"Scorcio del Carmine"
“Scorcio del Carmine”
Vico della Fragola, dello Zucchero e del Cioccolatte per poi finire nell’ovattata Piazza della Giuggiola.

Luoghi ricchi di suggestioni e atmosfere sospese nel tempo dove anche lo spazio sembra entrare in punta di piedi."Scorci del Carmine ".


In quest’area, dove sorgeva in epoca pagana il Tempio della Prudenza, il cui simbolo era appunto la giuggiola,
ancora oggi un secolare esemplare di questa pianta fa bella mostra di sé e dà il nome alla Piazza.

 

 

Paganini… non ripete…

“Il Violino di Paganini, il celebre Cannone, Guarneri del Gesù del 1743, oggi custodito a Palazzo Tursi”.

A proposito di Paganini, cui la Chiesa negò funerale e sepoltura perché convinta che avesse stipulato un patto con il Diavolo per primeggiare nella sua arte…..
Il celebre compositore rifiutò, dopo un’esibizione davanti a Carlo Felice a Torino il bis, pronunziando la famosa frase ancor oggi intesa come espressione di arroganza.
Fu per questo espulso dal Regno e tutte le sue future date, annullate.
In realtà il violinista intendeva dire che, essendo lui un virtuoso dell’improvvisazione, sarebbe stato impossibile riprodurre l’esibizione precedente.

"Il Violino di Paganini, il celebre Cannone, costruito nel 1743 dal Guarneri del Gesù, oggi custodito a Palazzo Tursi".
“La custodia e altri cimeli”.

Vico Gattamora dove è nato questo genio delle corde non esiste più, demolito e asfaltato dalla cementificazione che ha prodotto il Centro Direzionale dei Liguri (dopo soli quarant’anni già fatiscente), in luogo dei millenari quartieri della Marina e della Madre di Dio…..
Come recita una lapide (sul modello delle colonne infami) voluta dagli abitanti del Centro Storico, ad eterno ricordo dello scempio perpetrato:

“Non ci sarà mai più un secondo Paganini”.

Franz Liszt.

In Copertina: Locandina dell’esibizione di Paganini al Covent Garden di Londra.

Storia di un Diavolo…

di un esorcismo… e di un’enigmatica profezia.
Nell’anno del Signore 1778, un abate polceverasco di nome Bartolomeo Maggiolo, divenne oggetto, in seguito a sospette segnalazioni, di indagine da parte della Curia genovese.
L’Abate infatti, sempliciotto di modi e favella, cominciò improvvisamente a parlar forbito e a comportarsi in maniera anomala.
Fu stabilito, dopo un breve soggiorno all’ospedale dei pazzi, che fosse trasferito nella sua dimora di campagna nei pressi di Murta, nella speranza che il cambiamento d’aria gli fosse di giovamento.
Il religioso, per tutta risposta, cominciò a parlare in tedesco, francese, greco ed ebraico e ad occuparsi con arguzia,di argomenti politici, religiosi e filosofici.

“Asmodeo”.

Sentendo “odor di zolfo” la Curia ritenne opportuno inviare due esperti esorcisti ai quali il Maligno si dichiarò con il nome di Asmodeo.
Il diavolo resistette mesi alle sedute dei sacerdoti prendendosi gioco di loro e, addirittura, mettendoli in grave imbarazzo, svelando alcune loro passate malefatte.
Il Diavolo, forte dei suoi successi, fece una profezia, in perfetto latino, secondo la quale affermava che avrebbe ceduto solo “il giorno che non ha notte” e, sempre più sicuro di se, che si sarebbe arreso solo al “custode delle capre”.
Uno dei presenti si ricordò allora che, nel poco distante Monastero della Chiappetta, abitava un frate savonese, tal padre Becco (becco significa “custode delle capre”).

"La capra del custode".
“La capra del custode”.

Asmodeo fu condotto nella chiesa del frate e, dopo una lunga lotta, dovette arrendersi e abbandonare il corpo dello stremato Maggiolo.
Era l’8 settembre 1779, il giorno consacrato alla natività di Maria;
il giorno “quae noctem non habet”, che non conosce la tenebra…
Svelato… il diabolico enigma!

 

Storia dell’Ospitale dei Crociati

di cavalieri… di due Chiese… e di una leggenda.

“Il ducentesco campanile”.

Già prima dell’anno mille esisteva una Chiesa detta del S. Sepolcro che ospitava i pellegrini di partenza o di ritorno dalla Terra Santa.

Qui nel 1099 Guglielmo Embriaco consegnò alle autorità, fra il tripudio generale prima di trasferirle in Cattedrale, le ceneri del Battista.

Nel 1180 i cavalieri di S. Giovanni decisero di costruire due chiese, una sopra l’altra, con relativo Ospitale in modo che i malati potessero assistere alla Messa dal loro letto.

La Chiesa Superiore è tutta in pietra nera di Promontorio e ti avvolge in un’atmosfera magica (una delle poche tutta in pietra nera proveniente dalla cava di S. Benigno), quella Inferiore poi, nella sua essenzialità è strepitosa; in particolare la Cappella di S. Margherita dove i Crociati ricevevano la benedizione emana un fascino fiabesco.

"La chiesa superiore di Prè in marmo nero di promontorio".
“La chiesa superiore di Prè in pietra nera di promontorio”.
"Chiesa inferiore di Prè con le cappelle di S. Brigida e S. Margherita".
“Chiesa inferiore di Prè con le cappelle di S. Brigida e S. Margherita”.

Lasciati rapire dall’irreale silenzio e, se porgi l’orecchio, ti pare di sentire ancora lo sferragliare delle spade e delle armature.

I Cavalieri gerosolimitani di S. Giovanni erano un ordine religioso militare, antenato del più celebre Ordine dei Cavalieri di Malta.
"I Templari a Genova".
“I Templari a Genova”.
Divenuti ricchi e potenti affidarono (da”commendare” in latino) la gestione del complesso ad un amministratore. Per questo si chiama Commenda.

La leggenda poi narra la vicenda del miracolo di S. Ugo, al secolo Ugo Canefri, Priore di San Giovanni, uomo pio e valente guerriero che, intenerito dalle lamentele delle donne che, per lavare i panni dovevano percorrere troppa strada per raggiungere i lavelli, con la preghiera fece scaturire una sorgente d’acqua sul posto.

Tale Sorgente esiste ancora oggi e alimenta sia la Stazione Principe che una fontanella in Via Prè, proprio davanti alla chiesa.

Storia dei Guardiani della Città…

Sopra la Galleria N. Bixio, intitolata al generale garibaldino, che collega le Piazze Corvetto e Portello, nel 1929 sono state collocate, opera dello scultore Eugenio Baroni, le statue dei due condottieri più famosi della nostra storia:
La prima raffigura Guglielmo Embriaco, il conquistatore di Gerusalemme, con una grande Croce di S. Giorgio sul petto e la spada avvolta nell’alloro.

embriaco
“G. Embriaco del Baroni 1929”

Ai piedi è posto un elmo saraceno a ricordare le sue imprese in Terrasanta.
La seconda rappresenta invece un anziano Andrea D’Oria, l’ammiraglio padre della Patria, nell’atto di lisciarsi pensieroso la barba, con un mano, e pronto a brandire la spada, con l’altra.

"Andrea Doria del Baroni del 1929".
“Andrea Doria del Baroni del 1929”.

Fra le gambe un delfino a simboleggiare il suo rapporto privilegiato con il mare.
A me piace pensare che ci proteggano…

L’Abbazia di San Fruttuoso…

Come una perla nascosta in fondo a uno scrigno, riparata da un’incantevole baia, in uno dei luoghi più affascinanti della mia Terra, si erge la millenaria Abbazia di Capodimonte, gioiello del comprensorio di Portofino, meglio nota con il titolo di S. Fruttuoso.
Dal nome del santo catalano del terzo secolo le cui ceneri, portate da San Prospero nel 711 in fuga da Tarragona, vennero traslate dai genovesi per sottrarle alle razzie degli Arabi in Spagna.

In seguito divenne un potente Cenobio con proprietà e possedimenti sparsi un po’ ovunque, anche fuori regione.

"La millenaria Abbazia".
“La millenaria Abbazia”.

L’Abate era talmente importante che aveva il privilegio di indossare la Mitra come il Vescovo.
Per questo, per oltre tre secoli, il titolo fu appannaggio di membri della famiglia Doria che qui seppellirono i propri cari.

Dopo anni di declino e di utilizzo come Commenda a metà del ‘500 il Principe Andrea 
Doria ne rinnovò il prestigio e fece erigere la celebre torre a difesa del complesso.
Nell’ 700 gli ultimi monaci abbandonarono l’Abbazia che cadde in rovina e venne occupata dai pescatori che la utilizzarono come abitazione.
La spiaggia che ancor oggi è meta di escursionisti in realtà prima del 1915 non esisteva.
Infatti a causa di un alluvione i detriti della montagna franata vennero lì sistemati.
Per secoli le imbarcazioni attraccavano direttamente sotto le arcate all’interno.
Negli anni ’80/90 del Novecento il Fai ha ristrutturato il tutto riportandolo all’antico splendore.

Diario di un Capitano spagnolo…

“Se la qual cosa con gli occhi non l’avessi veduta, giammai l’avrei creduta”…
“Il 15 di Maggio del 1547, allorquando stavamo bordeggiando la Corsica ed eravamo ormai in vista delle Bocche (di Bonifacio), fummo assaliti da alcune imbarcazioni corsare, probabilmente al soldo della Francia… non avemmo nemmeno il tempo di organizzarci che ci furono addosso ed eravamo ormai preparati al peggio quando voci gridarono: “Presto scappiamo mettiamoci in salvo arrivano i Genovesi… guardai l’orizzonte e vidi apparire dieci galee rosse fuoco, in assetto da guerra sventolanti la Croce di S.Giorgio.
Se la qual cosa con gli occhi non l’avessi veduta, giammai l’avrei creduta… con movimento  lesto e coordinato accerchiarono i vascelli ed iniziarono gran strage dei fuorilegge.
Alcune galee si misero all’inseguimento dei navigli fuggitivi, la Capitana si accostò alla nostra… con tono cortese ma perentorio il Capitano si qualificò come Comandante e disse: “…nel nome di S. Giorgio e della Repubblica, come da accordi con il vostro Re Carlo V, vi scorto al Porto più vicino.
Giunti al porto di Bonifacio ricevemmo ogni soccorso ed assistemmo di persona al rientro delle galee con al seguito i vascelli pirata ed i loro equipaggi.
…ora capisco perché i Genovesi sono i Signori del Mare e non esiste alcuna marineria turca, veneziana, francese o aragonese che possa lontanamente esser loro paragonata.

Capitano Guillermo Mendoza.
 
La reputazione della marineria genovese nel ‘500 era tale da rendere plausibile questo racconto frutto della mia fantasia.
 
In copertina fedele riproduzione in scala 1:1 di galea genovese conservata presso il Museo Galata di Genova.
 
Galea ligure. Carta del 1585. Musei Vaticani. Rappresenta la Capitana di Andrea Doria. Lui è seduto sul cassero con in mano il tridente di Nettuno. Il vessillo è quello imperiale

Carattere genovese…

Alcuni tratti del carattere genovese si sono plasmati nel corso dei secoli, scolpiti nella pietra, modellati dal vento e intrisi di mare.
Chi meglio degli “illustri foresti” che nel tempo hanno avuto modo di conoscere la nostra pragmatica rudezza, può descrivere queste peculiarità?
“I tiranni sono levati al potere a voce di popolo e per la sua volontà,
ma senza alcuna giustificazione legale.
Infatti di solito avviene che quando un gruppo politico prevale sull’altro,
allora quelli che ne fanno parte, inorgogliti dal successo, si mettono a gridare – Viva il tale, Viva il tale, muoia il tal altro.
E quindi eleggono uno tra essi e uccidono, se non riesce a fuggire, chi prima comandava.”
Così scriveva, a proposito del nostro concetto di governo, nei suoi resoconti il Maresciallo di Francia e Governatore di Genova Jean Le Meingre.
Questi, meglio noto come Boucicault fu, fra l’altro, promotore del Banco di S.Giorgio
nella sua moderna veste bancaria.

L’antichissima cerimonia del Confeugo…

… ha origine agli inizi del ‘300 e nasce per omaggiare il Podestà  prima, il Capitano poi e infine il Doge.
Consiste in un corteo che partiva dalla zona di Porta Romana (Borgo Incrociati) dove l’ Abate del Popolo uscente lasciava a quello entrante la carica e i problemi simboleggiati da nastri bianco rossi (i colori di S. Giorgio) con i quali si adornava un grosso ceppo di alloro (il Confeugo).
L’Abate ora si recava in processione a Palazzo Ducale, dove scambiati i saluti e i doni di rito con il Doge, partecipava insieme all’Arcivescovo al banchetto.

Il Confeugo veniva poi acceso e spento con una brocca di zucchero, vino e confetti.
La fumata che ne conseguiva, a seconda che fosse dritta o storta, veniva interpretata positivamente o meno in relazione ai problemi da risolvere (i nastrini rossi).
La popolazione si contendeva i resti perché, si diceva, avessero proprietà magiche e portassero fortuna.
Questo, spesso causava risse e disordine pubblico, quindi venne stabilito di bruciare più ceppi per distribuirlo equamente a tutti.
La cerimonia natalizia genovese venne abolita dai francesi nel ‘500 e da Napoleone nell’ 800… ma sempre ripristinata.
Oggi il Sindaco e il Priore della Compagna rappresentano Doge e Abate.
Oltre al valore culturale e storico il Confeugo simboleggia l’unione della città in tutte le sue componenti:
Il Doge, il governo borghese o aristocratico e mercantile (a seconda dei contesti) l’Abate, il Popolo artigiano, contadino e operaio, infine l’Arcivescovo, silenzioso e onnipresente, il potere ecclesiastico.