Gli Annali di Caffaro da Caschifellone

L'11 novembre del 1158 si tenne a Roncaglia, convocata da Federico Barbarossa, l'omonima Dieta a cui parteciparono consoli, prelati, vari signori d'Italia e quattro giuristi di Bologna con lo scopo di definire e dichiarare i diritti dell'Impero in relazione alle città italiane.

Anche Genova, obtorto collo, presenziò con una nutrita delegazione composta da Ido Contardo, , , Guglielmo , Guido di Lodi, Ogerio di Bocheroni, Ottone Giudice e Alberico.

Costoro avvezzi a negoziare trattati e stipulare contratti internazionali di qualsiasi natura non si fecero pregare allorquando gli interessi della Compagna Comunis vennero messi in discussione.

Alla richiesta imperiale -infatti- di tributi e ostaggi, per bocca di Oberto , fu pronunziato in risposta quel famoso e pregno d'orgoglio “Abbiamo già dato” che ancora oggi riveste (anche se pochi ne conoscono il significato) un ruolo ben radicato nel nostro eloquio.

“Lodarono i Legati la prudenza degli altri Popoli italiani; però faceano conoscere non dover eglino seguitare l'esempio degli stessi, ed anzi tanto non potersi pretendere dal «imperocché, dicevano essi, «gli antichi Imperatori e Re d'Italia concedevano e confermavano agli abitatori di Genova il dritto d'osservare le loro consuetudini, onde dovean in perpetuo essere liberi da ogni angaria e perangaria, e solo potevano essere obbligati alla fedeltà verso l'Imperatore ed alla difesa del littorale contro i Barbareschi, nè potevano avere altro gravamento.

I Genovesi avevano compiuto ogni loro dovere, coll'aiuto Divino cacciati i Barbari che senza posa infestavano i luoghi marittimi da Roma infino a Barcellona, operato in modo che in oggi ciascuno riposa tranquillo in mezzo alle sue proprietà, fatte tutte queste cose, per l'ottenimento delle quali l'Impero avrebbe spese in ogni anno oltre diecimila marche d'argento, col solo danaro del Comune di Genova.

I Genovesi inoltre abitano terre sterili ed incapaci di somministrar loro il necessario al sostentamento, sono costretti di procacciarsi dagli esteri paesi quanto loro abbisogna per vivere, e per conservare l'onore dell'Impero; quanto posseggono tutto è frutto della loro industria e del commercio tenuto colle terre straniere, appò cui già pagarono molti dazii, o comprarono col proprio danaro la libertà delle loro mercatanzie. Quindi è che il pretendere dai Genovesi nuovi sacrifizi sarebbe ingiustizia; ed essendo decreto degli antichi Romani che niuno possa pretendere, e niuno possa essere obbligato a pagare un tributo già soddisfatto, l'Imperatore non debbe volere dal Comune di Genova altra cosa che la fedeltà, cui i Consoli sono pronti a promettere”.

Cit. Annali (1099-1163) di di Rustico da Caschifellone (1080/81-1164 circa). Crociato, capitano diplomatico, annalista genovese.

In Copertina: Caffaro da Caschifellone dipinto sul prospetto di Palazzo San Giorgio da Ludovico Pogliaghi (1857-1950). Pittore e scultore.

Mortali sui monti, giganti sul mare.

“E , bizzarra e coerente, e modesta, orgogliosa e benevola, è mezza mare: gli uomini, i timidi, i mortali che si sono nascosti nelle grotte, arroccati sui monti, seminati lungo le vallate; gli Altri, giganti, sul mare, al di qua del cobalto che segna l'orizzonte, nella invisibile parte che dà la spinta, che domina gli eventi”.

Cit. (1923-2002) poeta, scrittore e commediografo.

In Copertina: fedele riproduzione spagnola della Santa Maria, la caravella ammiraglia di .

Orologi genovesi

“I passi di chi cammina nella sua città volendone vivere tutti i momenti, ricalcano le orme già lasciate in altre ore; è un fatto automatico che considero una caratteristica dei . Comperare sempre nello stesso negozio, passare dalla stessa strada, prendere il bianco (una volta) o aperitivo nello stesso bar, girare a quell'angolo. Un tempo si controllava l'ora al solito orologio (erano con lo stemma di ) e si diceva magari la preghierina propiziatoria davanti alla Madonnina illuminata. Una ripetitività che dimostra il senso del possesso delle cose e soprattutto una gran voglia genovese di non cambiare, di non correre”

Cit. (1923 -2002) poeta, commediografo e giornalista.

In Copertina: orologio di Piazza Alimonda. Foto del .

… “Le cime dei palazzi… quasi si uniscono”…

“In genere le strade sono larghe all'incirca da quattro-cinque piedi a otto, e contorte come cavatappi. Percorri una di queste tetre fenditure, guardi su e vedi il cielo ridotto a somiglianza di un nastro di luce, molto in alto, dove le cime dei palazzi sui due lati della strada quasi si uniscono. Ti sembra di essere sul fondo di qualche terribile abisso, col mondo intero molto al di sopra di te. Ti aggiri a caso attraverso di esse nella maniera più misteriosa e non sai orientarti meglio che se fossi cieco. Non riesci a persuaderti che queste sono vere strade e che i torvi, foschi, mostruosi palazzi siano case, finché non vedi una donna elegante e bella emergere da qualcuna di queste buie e desolate tane che per metà sembrano prigioni. E ti chiedi come possa una così incantevole crisalide venir fuori da un bozzolo tanto poco attraente”.

Cit (1835-1910) scrittore statunitense.

In Copertina: I . Foto di Anna Armenise.

“Genova… la più bella”…

“Tra le città d' mi è parsa in gran parte la più illustre per taluni aspetti e la più bella, a meno che non mi inganni e non mi tragga in errore l'affetto per l'antico progenitore Opizzino , che trasse origine da qui. Non mi ricordo di aver visto nessuna città, eccetto Damasco, più piacevole dall'aspetto esteriore: se uno si ferma presso la torre di Capodifaro, considererà la visione della città che gli si offre molto piacevole e mirabile”.

Anselmo Adorno, (1424 – 1483), mercante, politico e diplomatico olandese di origine genovese.

In Copertina: riflessa in una pozzanghera. Foto di Lino Cannizzaro.

“Genova… una delle più belle città del mondo”…

è senza dubbio una delle più belle città del mondo, il suo uno dei più affascinanti oltre che dei più integri, Prè uno dei suoi quartieri più significativi e memorabili, quello che i viaggiatori e i naviganti e i turisti attenti raccontano con più vivezza quando tornano a casa”.

Cit. Giancarlo . Architetto e Accademico (1919-2005).

In Copertina: Via . Foto di Robbiano.

Figli del mare

Marinai, pescatori, ammiragli, guerrieri, cartografi, esploratori, maestri d'ascia, armatori e costruttori di navi… insomma i Genovesi “Uomini diversi“… Gente di mare…

“Le grandi navi genovesi a tre alberi con velatura mista del Quattrocento e del primo Cinquecento (comunemente ma erroneamente definite ) destavano meraviglia negli osservatori contemporanei per le loro dimensioni. Si trattava di enormi (per l'epoca) bastimenti da trasporto – nati dall'incontro tra la nave mediterranea a vela latina e la cocca nordica a vela quadra – che all'occorrenza venivano, com'era consueto, utilizzati come unità militari. Avevano una notevole capacità di carico e potevano essere potentemente armati con artiglierie antiuomo piazzate sul castello di prua e sul cassero di poppa, in modo da colpire da posizione dominante gli equipaggi nemici. Le alte murate li proteggevano dai tentativi di abbordaggio della galere: i contemporanei le descrivono come una sorta di grandi fortezze galleggianti. Naturalmente possedevano una capacità di manovra inferiore a quella dei legni sottili da guerra, ma questo fattore non rappresentava un handicap rilevante in combattimenti che solitamente erano impostati, a livello tattico, sulla difensiva. Solo per fare un esempio: nel 1453, nelle acque del Bosforo, quattro navi genovesi uscirono indenni dallo scontro con alcune decine di galee turche (le cronache parlano di 150 galee, ma si tratta di una cifra sicuramente esagerata) schiantandone molte semplicemente sfruttando la loro mole. Sotto il profilo mercantile questi battelli erano specializzati nel trasporto su lunghe distanze di merci ingombranti (come il sale, il grano e l'allume) e nella navigazione ognitempo (vale a dire che, in virtù delle loro qualità nautiche, potevano navigare senza problemi, a differenza delle galere da , anche in inverno) .

Cit. Esauriente spiegazione tratta da , Professore presso il Laboratorio di Storia marittima e navale dell'Università di .

“È gente molto potente sul mare; soprattutto le sue carrache sono le maggiori del mondo e, se non fosse per i grandi dissidi che da tempo antico hanno avuto ed hanno oggi tra di loro, il loro dominio si sarebbe esteso di più nel mondo.

È gente molto industriosa e di pochi vizi, tanto più nei piaceri, perché la terra non lo consente; gente ricchissima e ben regolata anche nel vestire si comporta in modo da non indossare abiti lussuosi oltre il necessario, altrimenti si dovrebbe pagare una tassa.

È gente molto bella di colore, ma non di fattezze. Uomini e donne sono molto alte e prendono le mogli a misura: e più una è alta, meno dote pretendono; le vedove non prendono un secondo marito e, se lo fanno, con grande vergogna”.

Cit. esploratore spagnolo (1410-1487).

In Copertina: Nave genovese assalita da galere turche (XV secolo). Immagine del Prof. Emiliano Beri.