Vico Gattagà

Dall’opulenta Via Garibaldi popolata da turisti ed eleganti uomini d’affari basta imboccare uno qualsiasi dei vicoli che la intersecano per entrare nel ventre vero dei caruggi.

Ecco allora che in direzione della Maddalena la popolazione cambia. Ai signori di cui sopra si sostituiscono venditori ambulanti e bagasce. Mutano anche i rumori, gli odori e il suono delle lingue parlate nelle botteghe che propongono merci da ogni dove.

Quello che non cambia sono i muri scrostati, le tinte pastello e le tracce dei palazzi medievali popolari di un tempo.

Ed è così che scendendo per vico Salvaghi si incrocia, dal nome dell’estinta famiglia voltrese che vi aveva dimora, vico Gattagà.

A dare il benvenuto nel caruggio è una settecentesca edicola di Madonna col Bambino testimone perenne di una Genova sincera e verace che non c’è piu, lontana dai soliti percorsi abituali dei torpedoni turistici.

In Copertina: Vico Gattagà. Foto di Giovanni Cogorno.

L’atrio di Palazzo Angelo Giovanni Spinola

Al civ. n. 5 di Via Garibaldi si trova il Palazzo Angelo Giovanni Spinola di Luccoli prestigiosa sede oggi della Deutsche Bank.

La facciata è affrescata con motivi attribuiti a Lazzaro Tavarone e alla bottega di Pantaleo Calvi. Le allegorie rappresentate, per celebrare la vocazione di difensore del Cattolicesimo del casato, rimandano alle Storie di Roma: condottieri con schiavi ai piedi si alternano a trofei e insegne belliche, allegorie della Fama e della Vittoria.

Curioso l’accesso alla dimora priva del classico maestoso portale marmoreo. Nell’atrio dove campeggia lo stemma di famiglia trionfano i colori e lo splendore degli affreschi dei fratelli Calvi.

Il piano nobile, un tempo sede dell’esclusivo circolo culturale Tunnel (oggi attivo al civ. n. 6 di Palazzo Gio Battista Spinola) ospita preziosi dipinti di Andrea Semino, Lazzaro Tavarone e Bernardo Castello.

La Grande Bellezza…

In copertina: L’atrio di Palazzo Angelo Giovanni Spinola. Foto di Stefano Eloggi.

La Strada più bella del mondo

“Se si vuol vedere la più bella strada che esista nel mondo intero, bisogna vedere a Genova Strada Nuova. Su due linee molto prolungate e su un pavimento di porfido, numerosi palazzi fanno a gara per ricchezza, altezza, massa, ostentano i loro porticati, le loro facciate, i loro peristili brillano di stucco bianco, nero, di mille colori. Questi palazzi, dall’esterno, sono dei quadri”.
Cit. da “Lettere sull’Italia” 1785 del romanziere francese Charles Dupaty.
Foto di Leti Gagge.
La Grande Bellezza…

“La Via Aurea. La strada dei re”. Foto di Leti Gagge.

Strade Nuova, Grande e Nuovissima…

La morfologia del centro storico genovese si era sempre dipanata in epoca medioevale intorno al concetto di “piazza castello” attorno al quale la famiglia egemone costituiva la propria consorteria con fondaci, magazzini, attività mercantili e artigianali, chiesa e dimora gentilizia (vedi ad esempio i Doria in Piazza S. Matteo, gli Embriaco nell’omonima piazza, i Cattaneo Della Volta in San Giorgio).

Gli spazi consolidati nei millenni non bastavano più a contenere gli slanci di grandezza dei nobili genovesi che, a metà del ‘500 in pieno Rinascimento, cominciarono a concepire la loro rivoluzione viaria e immobiliare, un percorso che si sarebbe snodato per oltre due secoli.

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“Alcune delle tavole della pubblicazione di Rubens”.

Fra il 1551 e il 1558 si procedette allo sbancamento della collina sottostante il Castelletto e alla demolizione del vicino postribolo in S. Francesco per permettere l’edificazione dei primi palazzi in Strada Maggiore o Nuova (poi Via Aurea, oggi Via Garibaldi), una via monumentale voluta, su progetto di Bernardino Cantone, per offrire residenze di prestigio alle principali famiglie patrizie.

La strada aveva come unico accesso il varco da Piazza Fontane Marose poiché l’odierna Piazza della Meridiana era occupata dai terreni di Palazzo Durazzo. Come ancor oggi possiamo intuire tutti i palazzi lato monte ed alcuni verso valle, erano impreziositi da meravigliosi giardini pensili, una piccola Babilonia, che si arrampicavano fino sotto al Castelletto.

I terreni per l’edificazione delle dimore furono una vera e propria operazione di speculazione edilizia promossa dal Comune che, bisognoso di palanche, aveva diviso in lotti la proprietà per venderli all’asta.

Nel 1622 il pittore fiammingo Rubens rimase particolarmente affascinato dalle sfarzose dimore di Strada Nuova a tal punto da pubblicare un volume “I Palazzi di Genova” a loro dedicato in cui le indicava  ai compatrioti come modello architettonico da imitare.

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“Strada Nuovissima, oggi Via Cairoli”.

Nel frattempo l’espansione residenziale era continuata a ponente con l’apertura di Strada Grande del Guastato su disegno di Bartolomeo Bianco (Via Balbi) iniziata fra il 1602 e il 1613, completata nel 1655, i cui appalti vennero affidati appunto alla ricca famiglia dei Balbi che vi fece costruire , fra gli altri, il futuro Palazzo Reale. Proseguita con la realizzazione  di Strada Nuovissima  (Via Cairoli) nel 1786 il progetto si concluse con i  prolungati lavori terminati sul finire del ‘700 a causa degli imponenti sbancamenti resisi necessari per consentire il livellamento e quindi il collegamento fra le due arterie costruite in tempi diversi.

 

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“Via Balbi, dove si trovano Palazzo Reale, gli atenei umanistici, la chiesa di S. Carlo e S. Vittore, quella oggi sconsacrata, sede della biblioteca universitaria, di S.S. Gerolamo e Francesco Saverio”. Foto di Leti Gagge

Genova era ora attraversata da una nuova direttrice che collegava il ponente cittadino al centro fino a Piazza Fontane Marose e poi, attraverso Salita S. Caterina, si dirigeva verso la valle del Bisagno e la collina di Albaro.

Il cerchio si chiuderà solo nel 1832 quando l’architetto Carlo Barabino traccerà strada Carlo Felice (Via XXV aprile) che unirà il percorso a Piazza De Ferrari collegandolo al nuovo centro cittadino e alle Vie Giulia e Consolazione (Via XX settembre).

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“Via Carlo Felice, oggi Via XXV aprile”.

Genova muta il suo baricentro ma non il suo fascino.