Storia di una Sentenza…

Nel 1506 in località Isosecco una frazione di Serra Riccò un ignaro contadino di nome Agostino Pedemonte, zappando nel proprio terreno, rinviene una tavola bronzea dalle incisioni sconosciute. Si tratta della “Sentenza dei fratelli Minucii” risalente al 117 a.C., il più antico documento scritto relativo alla storia della città.

Dopo aver rischiato di essere fusa da un fabbro la tavola viene, su interessamento dell’Arcivescovo Agostino Giustiniani che ne riconosce l’importanza, acquistata dalla Repubblica. Inizialmente murata in cattedrale vicino alla cappella di San Giovanni, viene trasferita a palazzo Ducale prima e a palazzo Tursi nell’ufficio del sindaco poi. Dal 1993 costituisce il pezzo forte della collezione del Museo di archeologia Ligure di Pegli.

I fratelli Minucii erano discendenti del console Quinto Minucio Rufo colui il quale, a partire dal 197 a.C., poco dopo la ricostruzione della città (203 a. C), aveva impiantato a Genova la base militare per le campagne contro i Galli Boi e le tribù dell’interno.

La sentenza si pronuncia in merito a disaccordi fra due importanti comunità liguri, quella dei “Genuates”, da tempo ormai associati a Roma e quella “Langates”, tribù dei Viturii.

Causa del contendere questioni di confini in un’area percorsa da arterie di primaria importanza per i traffici commerciali e l’utilizzo delle acque. Sono in gioco la Via Postumia e il fiume Polcevera, il “Porcobrera” (il fiume che porta trote).

La peculiarità del documento non è solo di natura storica o linguistica ma soprattutto giuridica. I magistrati infatti si pronunciano su tre tipologie di terreno diverse: il campo privato, quello pubblico e quello del pascolo in comune, spaziando lungo tutto l’arco del sapere del Diritto Romano.

Per quanto concerne la prima i Viturii mantengono intatti i propri diritti in quanto proprietari; per la seconda, pur mantenendo le due comunità le proprie pertinenze, si dispone che i Langensi versino ai Genuati, a titolo di tassa erariale verso l’impero, una quota annua fissa di 400 vectigal commutabile in beni in natura di ugual valore: per la terza infine si stabilisce la possibilità anche per altre tribù della valle di godere dell’utilizzo dei terreni in comune (pascolo e raccolta della legna). Si impone infine il rilascio dei prigionieri Langensi catturati dai Genuates in seguito alla disputa.

Con questa sentenza per cui i Genuati vennero convocati nella Città Eterna (su richiesta dei Langensi) Roma volle, seppur apparentemente “super partes”, rimarcare la propria autorità giuridica. Se da un lato infatti riconosceva ai genovesi la posizione di preminenza nella regione dall’altro tutelava l’autonomia delle altre tribù anch’esse legate alla Lupa.

Foto di Roberto Crisci.