Via del Campo

Via del Campo, per via dell'omonimo brano composto da De André, è uno dei più famosi di Genova.

La zona del Campo fino al XII secolo comprendeva il territorio dal rio Fossatello al rio Carbonara (oggi )..

Nel XIII secolo venne eretta la chiesa di San Marcellino e l'intera area circostante venne così identificata come “Campus Marcellini”.

Da qui dunque l'origine del toponimo “del Campo” che veniva utilizzata, estendendosi fuori le , dal Vastato o Guastato (odierna piazza dell'Annunziata) fino al Fossatello, per esercitazioni militari.

Il campo era una zona di orti e vigneti che salivano stretti fra il mare e la collina di Pietraminuta.

Nel XII secolo l'area agricola abitata da casupole in legno venne inglobata nelle mura sorvegliata dalla possente Porta di Santa Fede o dei Vacca dal nome della famiglia che ne aveva la custodia.

Costoro nel XV secolo insieme ai Piccamiglio costruirono le prime dimore in pietra.

In via del Campo oltre al negozio di articoli musicali di Gianni Tassio frequentato a suo tempo da De André, oggi museo dedicato al cantautore, innumerevoli sono le testimonianze storiche: palazzi come quello secentesco di Battista Centurione inserito da Rubens nel suo compendio sulle dimore genovesi; sovrapporta in pietra nera come al civ. 1a con il trigrammadi Cristo., o al 35r con l'Annunciazione; come quella al civ. n. 3 della Madonna Regina, o del 3r della Madonna col Bambino, una delle più antiche della città risalente addirittura al XIV secolo; torri come quella maestosa dei Piccamiglio; colonne infami e fontane riparatrici come quelle dei Vacchero, protagonisti di congiure contro la .

Via del Campo, c'è una graziosa
Gli occhi grandi color di foglia
Tutta notte sta sulla soglia
Vende a tutti la stessa rosa

Via del Campo, c'è una bambina
Con le labbra color rugiada
Gli occhi grigi come la strada
Nascon fiori dove cammina…

(Prime due strofe di Via del Campo 1967). Testo De André, musiche Iannacci, arrangiamenti Reverberi.

In Copertina: Via del Campo lato Porta dei Vacca. Foto di Stefano Eloggi.

Le Aquile sottomesse

Passando sotto l'ormai millenaria Porta di S. Fede o dei Vacca o Sottana che dir si voglia alzando lo sguardo si notano sulle colonne di recupero dei curiosi volatili appollaiati sui capitelli.

Non si tratta di rapaci qualunque bensì di aquile simbolo araldico del casato dei sovrani del Sacro Romano Impero degli Hohenstaufen.

Costoro, a partire da metà del 1100 fino a metà del secolo successivo, prima con Federico poi con suo nipote , tentarono invano di conquistare la Superba.

A eterno memento le aquile sono poste in segno di sottomissione a reggere la Porta della città.

… e grande orgoglio…

“Siano le vostre Mura inespugnabili”…

La leggenda narra che i genovesi eressero in soli otto giorni, 53 secondo altre fonti, le poderose mura della terza cinta muraria, quella del 1155 detta del Barbarossa.

In realtà si tratta di una metafora poiché ci vollero 8 anni e furono completate nel 1163. Devono il loro nome all'Imperatore Federico I di Svevia, Imperatore del Sacro Romano Impero, dal quale i genovesi volevano proteggersi per difendere la propria autonomia.

Per finanziare la colossale impresa i denari pubblici non erano sufficienti. Perciò il Comune raccolse donazioni e finanziamenti di privati e prestiti di banchieri piacentini. Persino l'Arcivescovo Siro II contribuì, in cambio di una considerevole somma, vendendo parte degli arredi sacri delle chiese della città.

La narrazione epica dei fatti è fornita negli “Annali” del Caffaro in cui il cronista racconta come le mura esistenti, quelle delle Grazie e della Marina, fossero state rafforzate.

“Uomini e donne tutti, in , non ristando, dì e notte, di portar pietra d'arena, avean le mura a tal punto avanzate in solo otto giorni, che qualsiasi altra città d'Italia, pur con lode non sarebbe riuscita ad altrettanto”.

“Il tratto di che parte da Porta Soprana”. Foto di Leti Gagge.

Queste esistevano già prima dell'anno Mille. Il nuovo tratto saliva dal Molo fin sopra Campo Pisano e terminava, percorrendo Via del Colle, a Porta Soprana. (Vico Sotto le Murette e Via del Colle).

“Porta Soprana”.Foto di Leti Gagge.

Dalla torre sud della porta, riedificata per l'occasione, comincia il tragitto, oggi interrotto da un cancello, delle Murette.

“I trogoli in Salita della Coccagna”.

Queste si possono comunque raggiungere passando da Salita della Coccagna dove s'incontra la scaletta che conduce al camminamento.

“Le Murette col Portello in cima alla Salita della Fava Greca”. Foto di Leti Gagge.

“Mura del Barbarossa presso la facoltà di Architettura in Stradone ”.

Nel primo tratto le abitazioni, ormai addossate alle mura, dal lato di levante impediscono l'originaria vista verso la valle del Rivo Torbido che scorre sotterraneo. A ponente si notano ancora, fra le altre, le case danneggiate dai bombardamenti della seconda guerra mondiale.

“Camminamento sulle Murette nel tratto sopra il portello di Salita della Fava Greca.”

“I Trogoli del Barabino nei Giardini Baltimora  sovrastati dal tratto di Mura di Via del Colle”. Foto di Leti Gagge.

“Suggestivo tratto di Mura in Vico Noli, caruggio traversa di Via Ravecca”. Foto di Leti Gagge.

Valicato un piccolo dosso si apre un maestoso panorama sulla collina di dominata dalla Basilica di santa Maria dell'Assunta con il ponte vecchio di Via Ravasco, uno scorcio di mare e, a monte, dove un tempo v'era il quartiere della Madre di Dio, le palazzate di Piazza e gli orribili Giardini Baltimora.

Proseguendo si varca l'archivolto della Fava greca, dal nome del diffuso legume simile alla cicerchia. molto usato, a quel tempo, nelle zuppe.

Qui è possibile ammirare brani delle antiche mura senza la sovrapposizione successiva di case. Giunti in Via Ravasco, lungo le scalette, si notano i resti dell'antico acquedotto che percorreva ingegnosamente tutte le mura fino al Molo Vecchio.

“Le Murette nell'omonimo Vico nei pressi di Campo Pisano”.

Le Murette continuano col Vico San Salvatore che degrada verso Campo Pisano e il Vico, appunto, Sotto le Murette, fino ad unirsi alle Mura della Marina nei pressi della scalinata di Sant'Antonio e dell'omonimo oratorio.

“Tratto di mura fra il Colle e San Salvatore”. Foto di Leti Gagge.

Questo è quello che ancora oggi rimane dell'antico tracciato, il resto che non esiste più aveva un'altezza media di circa dieci metri, si dipanava da Porta Soprana.

Da qui raggiungeva una torre posta dove è l'attuale sbocco di Via XX, un tempo Via Giulia, con Piazza De Ferrari. Saliva per Piccapietra e la Torre Fiorente (o Friorente), posta a protezione del portello di Sant'Egidio, situata nell'attuale Via Vernazza, (fu dapprima inglobata nei vicini palazzi e infine demolita con lo sterro del colle e l'ampliamento di Piazza De Ferrari dopo il 1892) fino alla Porta Aurea e si congiungeva nell'odierna con la Porta dell'Acquasola.

“Tratto imponente delle mura cinquecentesche realizzato sulle precedenti del Barbarossa in Salita delle Battistine”. Foto di Leti Gagge.

“Le Mura del bastione di S. Caterina di Salita delle Battistine inquadrate dal basso”. Foto di Leti Gagge.

Le Mura s'inerpicavano nei terreni oggi occupati dal Museo Chiossone nella Villetta Di Negro, dove raggiungevano all'altezza della Torre di Luccoli il punto più alto, scendevano lungo l'attuale Salita delle Battistine. Qui quelle visibili ancora oggi appartengono al bastione cinquecentesco di Santa Caterina.

Nel 1926, nel tratto iniziale della salita durante i lavori di ampliamento della galleria Portello/Corvetto, venne rintracciato un varco archiacuto risalente appunto al XII sec.

Dal Portello si saliva lungo l'attuale Salita Inferiore di San Gerolamo fino a raggiungere il Castelletto, oggi Piazza Villa.

“Il Torrione lato mare della Porta dei Vacca”. Foto di Leti Gagge.

Di qui scendevano per Salita della Rondinella fino a nel quartiere del Carmine e terminavano a Porta di S. Fede o dei Vacca.

“Porta dei Vacca vista dall'interno in Via del Campo”. Foto di Leti Gagge.

La cinta era dunque costituita da tre principali porte munite di poderose torri: Porta Superana o di S. Andrea (Piano di S. Andrea), Porta (Piccapietra), Porta Sottana, dei Vacca o di S. Fede ().

“La Porta Aurea in Piccapietra”.

“Porta Castri in S. Croce”.

“Il Portello di Pastorezza visto dall'esterno”.Foto di Leti Gagge.

Esistevano anche tre porte minori fornite di torretta: Portello (Piazza del Portello), Pastorezza (Largo della Zecca) e S. Agnese (Nunziata) e, infine, di due varchi minori Castello o S. Croce, (Sarzano dalla chiesa di S. Croce) e Murtedi (Largo Lanfranco, S. Caterina), privi di torrioni.

“Il Portello di Pastorezza visto dall'interno”. Foto di Leti Gagge.

Dalla Porta Soprana la nuova cinta muraria ampliava notevolmente la porzione di città racchiusa in essa, rispetto a quella precedente del X sec. più che duplicata racchiudendo un territorio di 55 ettari.

Invitato all'inaugurazione Papa Alessandro III esclamò: “Siano le vostre Mura inespugnabili come lo sono i vostri cuori”.

Il risultato fu più che soddisfacente e legittimo l'orgoglio dei genovesi per l'impresa compiuta. Tanto è vero che ancora Caffaro annotò: “l'impeto di tutta Italia e Alemagna, purché non fosse contrario Iddio, non vi avrebbe dischiuso un passo”.

“Vedrai una città regale,

addossata ad una collina alpestre, superba per genti e per mura, il cui solo aspetto la indica signora del mare”… scriveva Petrarca nel 1358.

breve storia delle

Le prime tracce, anche se si ha notizia di una cinta all'epoca romana, circa la presenza delle Mura risalgono al X sec. quando furono erette per far fronte alle continue scorrerie musulmane.
La superficie protetta era di circa venti ettari e i principali varchi erano Porta Soprana, Porta di  S. Pietro (visibile ancora oggi sotto forma di archivolto in Piazza cinque Lampadi), quella di Serravalle, addossata a San Lorenzo, quella di San Torpete in zona San Giorgio e quella Castri (nell'odierno Sarzano).
Nel 1155, causa la minaccia del Barbarossa, le Mura sono ampliate fino a

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“Porta degli Archi oggi in Via Banderali”

difendere cinquantacinque ettari.

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“Porta Siberia dell'Alessi”

Si aggiungono Porta dei Vacca o di S. Fede davanti alla Darsena , e Porta Aurea in Piccapietra e Porta Murtedi all'Acquasola.
A queste si sommano tre accessi turriti: S. Agnese, Portello e Pastorezza.
Sono mura imponenti la cui altezza media era di circa dieci metri.
Papa Alessandro III, invitato all'inaugurazione, proclama : “Siano le vostre Mura inespugnabili come lo sono i vostri cuori”. Tra il 1276 e il 1287, in piena guerra con Pisa e Venezia le Mura vengono rinnovate e modificate.
Nel XIV sec. la cinta viene ulteriormente allargata a centocinquantacinque ettari con i nuovi accessi di Porta degli Archi (a metà di Via XX, presso il Ponte Monumentale) oggi sita in Via Banderali, Porta dell'Olivella zona Pammatone e la Porta dell'Acquasola.

Tra il 1517 e il 1522 l'Olgiati e il Sangallo, ingegneri di rinomata fama, aggiunsero bastioni, ristrutturarono, potenziarono e inserirono, su progetto dell'Alessi, la Porta Siberia.
Nuove mura, tra il 1629 e il 1633, , scienziato amico di Galileo Galilei, diresse i lavori di ampliamento, progettati dal Maculani, dal Bianco e dal Fiorenzuola.
Due le Porte della secentesca grandiosa cerchia: Porta della Lanterna e Porta Pila (all'inizio di Via XX), oggi collocata in Via Montesano sopra la stazione di Brignole.
Su di esse le statue della Madonna Regina con sotto scritto il monito “Posuerunt me custodem”.

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“Porta Pila, oggi in Via Montesano”.

Nel ‘700 vennero edificati, a della Superba, i forti (ma questa è un'altra storia…) che, inseriti nell'800 dai Savoia nel nuovo sistema difensivo piemontese, costituirono l'ottava ed ultima cinta.

“Porta della Lanterna”.