Le Statue dei due Condottieri…

Nel giugno 1797 il  fallace vento libertario della Rivoluzione francese era giunto anche a Genova ponendo fine alla gloriosa Repubblica marinara per far posto all’effimera Repubblica “Popolare”.

Fu così che il popolo, in preda alla furia distruttrice, rinnegò i simboli della secolare oligarchia  nobiliare, cancellando ogni traccia dell’odiata aristocrazia.

“Statua di Andrea Doria opera di Angelo Montorsoli”.

Vennero soppressi tutti i titoli regali, feudali e nobiliari con conseguente abolizione di stemmi, insegne e di tutta la simbologia araldica. A causa di questa scellerata disposizione vennero deturpati palazzi e chiese in tutta la Liguria cancellando numerose tracce d’arte e di storia della nostra cultura.

I facinorosi distrussero il libro d’oro della nobiltà, il prezioso registro dei patrizi genovesi, bruciandolo in Piazza Acquaverde sotto uno dei tanti alberi della libertà issati per celebrare la presunta ritrovata autonomia e, soprattutto, la tanto agognata emancipazione. Persino il leggendario Vessillo di San Giorgio subì in quei sciagurati giorni il medesimo nefasto destino. Quello che non erano riusciti a fare nemici d’ogni sorta nel corso dei secoli, fecero i genovesi in pochi giorni.

Come racconta un testimone del tempo non vennero risparmiate nemmeno le statue di Andrea e Giovanni Andrea Doria a poste a protezione dell’ingresso di Palazzo Ducale, da poco per l’occasione, ribattezzato Palazzo Nazionale.

“Al dopo pranzo… in Palazzo si volevano atterrare le statue dei due Doria. Non bastò ad evitarlo né l’intervento del colonnello Menici, né quello del comandante Siri. A forza di funi furono gettate a terra, e rotte, e cancellate le iscrizioni…”

Le teste mozzate dai busti e parti delle gambe furono trascinate e poste a basamento dell’albero della libertà predisposto davanti al novello (nel nome) Palazzo Nazionale.

La folla non contenta pretese anche gli abbigliamenti da cerimonia del Doge, abiti, gioielli e oggetti dall’incommensurabile valore storico: la portantina, l’urna del seminario (il marchingegno utilizzato per l’estrazione semestrale dei magistrati), troni, arredi e simboli saccheggiati dalla sala del Minor Consiglio.

La sera stessa dei tumultuosi avvenimenti Napoleone venne informato dell’accaduto dal Faipoult, suo rappresentante in città e, nonostante la comprensibile soddisfazione per l’ardore rivoluzionario dimostrato ai suoi futuri sudditi, rimase sinceramente dispiaciuto e scrisse una lettera di biasimo al governo provvisorio:

“Citoyens, j’apprende avec le plus grand  déplaisir que dans un moment de chaleur l’on a renversé l statue d’André Doria. André Doria fut grnd marin, et homme d’état; l’aristocratie était la liberté de son temps. L’Europe entière envie à votre ville le précieux avantage d’avoir donné le jour à cet homme célèbre. Vous vous empresserez, je n’en doute pas, à relever sa statue. Je vous prie de vouloir m’enscrire pour supporter une partie des Frais que cela occasionnerà, et que je désire partager avec les citoyens les plus zelés pour la gloire et pour le bonheur de votre patrie. Je vous prie de me croire avec les sentiments de consideration avec lesqueis, je suis, Bonaparte”.

“Statua di Giovanni Andrea Doria opera di Taddeo Carlone”.

Il Faipoult stesso e Luigi Crovetto, membro di spicco del nuovo governo, riuscirono a dissuadere con pragmatiche motivazioni politiche (troppo difficile dissociare i Doria dal regime aristocratico nella mente ormai invasata dei genovesi) Napoleone dal suo nobile proposito e l’argomento delle statue finì nel dimenticatoio.

La statua di Andrea era stata scolpita da Angelo Montorsoli, quella di Giovanni Andrea da Taddeo Carlone due straordinari artisti a cui i Doria avevano commissionato opere nella chiesa di San Matteo e nella Villa del Principe.

“L’inaugurazione avvenuta il 22 luglio del 2010 alla presenza dell’allora Sindaco di Genova Marta Vincenzi”. L’immagine rende bene le colossali dimensioni delle sculture”. Foto tratta da Palazzo Ducale.it

Per fortuna alcune parti superstiti sono state salvate, recuperate e alloggiate presso il Museo di S. Agostino. Dal 2010, dopo accurato restauro, sono tornate nella loro casa di Palazzo Ducale dove, collocate sul ballatoio al termine della prima rampa di scale che conduce ai piani superiori, hanno ripreso il loro compito di custodi della nostra storia.

Madonna di Città di Palazzo Rosso

Nel lato destro del cortile di Palazzo Rosso è posta una Madonna di Città assisa in trono con il Bambinello in braccio. Il tabernacolo che contiene la statua è decorato con riccioli, frutti, ghirlande, stelline e quadrifogli.

Un cherubino alato in rilievo fra i panneggi sorregge l’edicola che sulla cornice della base reca l’epigrafe: “Virg Virginvm Mater Dei Ora Pro Nobis”.

Vico santa Rosa

Sembra uno scorcio frutto della maestria di Monet…

e invece non è la mano del grande impressionista francese bensì quella inesorabile del tempo che traccia le sue pennellate sui vissuti muri dei caruggi.

“Le case così salde nei colori | a fresco in piena aria, | è dalle case tue invano impara, | sospese nella brezza | salina, una fermezza | la mia vita precaria”.

Giorgio Caproni

“Rosa,
Rosa di una rosa
Rosa torturata
Rosa amata
Rosa,

Rosa ballerina
Rosa bambina”.

Incipit di “Unica Rosa” di Ivano Fossati.

La Grande Bellezza…

Madonna del Carmine

Sarà per via del meraviglioso colore turchese che domina la scena ma l’edicola della Madonna del Carmine, all’angolo fra Vico Superiore del Ferro e Vico Speranza, è una delle mie preferite.

Questa votiva è dedicata alla Madonna del Carmine per una grazia ricevuta nel 1720.

Si narra infatti che il 16 luglio di quell’anno,una imbarcazione nei pressi del porto di Genova, a causa del vento forte fu costretta ad invertire la rotta e ad approdare a Marsiglia. Da quella nave si diffonderà la peste che divenne mortifera per tutta la città. Quel vento si alzò mentre i genovesi portavano in processione la Madonna del Carmine alla quale attribuirono la salvezza di Genova.

La marmorea edicola presenta un sontuoso baldacchino a drappi in stucco dipinto in blu e ocra.

Purtroppo la statua originale, andata perduta, è stata sostituita con un’anonimo e insipido simulacro di recente fattura.

Ai lati della nicchia due teste di cherubini sorreggono il timpano.

Alla base l’epigrafe recita:

“Ave Maria / Aera Habintantium / in Hoc Viculo / 1789.

Madonna Assunta di Palazzo S. Giorgio

Sul retro di Palazzo di San Giorgio nella parte verso Piazza della Raibetta si trova l’edicola della Madonna Assunta del sec. XVIII.

Due angeli alati offrono dei vassoi colmi di fiori alla Vergine la  cui marmorea statua custodita nella nicchia è protetta da un’orribile grata in ferro.

Sotto il fastigio ondulato spiccano una conchiglia e due teste di cherubini. Sopra altre due teste di cherubini alati accompagnano il ricciolo del profilo.

Più in alto due angeli in volo sorreggono la grande corona della Madonna Regina della Città.

In cima il monogramma di Maria scolpito in una ciotola floreale con raggiera domina lo sfarzoso baldacchino dorato, decorato con fregi floreali.

Sul cartiglio l’epigrafe:

“Viciniae Opifices / Sibi Svisqve”.

Dal resoconto dell’Alizeri risultava anche un’altra dicitura: “Pulchra ut Luna”, oggi scomparsa.

 

Edicola Vico Sauli 9

In Vico Sauli dal nome della famiglia originaria di Sori al civ. n. 9 si trova la secentesca edicola della Madonna col Bambino, San Giovanni Battista e San Giovanni Evangelista. L’ovale che sarebbe in marmo bianco risulta completamente annerito dalla fuliggine e dalle deiezioni dei piccioni. Il tettuccio di lamiera è danneggiato esponendo la scultura alle piogge e alle intemperie lasciandola nel più completo degrado.

La Madonna in piedi regge il Bambinello intento ad elargire la sua benedizione. Ai lati i due santi e in basso un’aquila e un agnello. Ai lati della Vergine campeggia l’epigrafe “Eia Ergo”. L’aquila invece mostra fra gli artigli il Vangelo in cui si legge “In Principio Erat Verbum”.

Portale di Piazza Cattaneo 25

  • Da sempre per i genovesi questo spettacolare portale di via delle Grazie 25 rimanda al negozio di colori di Edoardo Piccinini fondato intorno al 1820. In realtà il sovrapporta scolpito in pietra nera con teste imperiali e capitelli vari era l’accesso di un sontuoso palazzo adiacente la canonica della chiesa della comunità pisana, di San Torpete.

Il fregio rappresenta candelabra e delfini con due angeli che reggono uno stemma abraso.

S. Giorgio di Piazza Cattaneo

Il sovrapporta di San Giorgio che sconfigge il drago di Piazza Cattaneo 29r presenta una curiosa variabile della classica scena: la principessa è in atto di preghiera e con un braccio alzato in segno di sorpresa. Con l’altra mano tiene il mostro al guinzaglio. Ai due lati due angeli alati reggono delle fiaccole.

Il portalino marmoreo che fa da cornice all’ingresso è intarsiato di fregi di fogliami.

Sulla sinistra del portale incastonato nel prospetto un pilastro ottagonale con capitello cubico cordonato.

Partimmo in Mille

…”cari fratelli dell’altra sponda
cantammo in coro giù sulla terra
amammo in cento l’identica donna
partimmo in mille per la stessa guerra
questo ricordo non vi consoli
quando si muore si muore soli
questo ricordo non vi consoli
quando si muore si muore soli..”.

Cit. da Il Testamento di Fabrizio De Andre’.

La Grande Bellezza…