Oggi non c’è stato un solo genovese che non abbia rivolto lo sguardo ai quattro punti cardinali per capire da dove provenisse quella specie di fumo che impediva la visibilità. Forse un incendio?
Niente puzza di bruciato quindi tale ipotesi non reggeva.
Poi dopo qualche momento di smarrimento si è capito trattarsi della caligo, ovvero quel raro fenomeno marinaro che, dall’incontro sotto costa di aria calda con la superficie fredda dell’acqua, produce nebbia. La foschia ha così dal mare lentamente ammantato la città fino a far scomparire – come per magia – persino la Lanterna.
Intanto senza il faro come riferimento le sirene delle spaesate navi urlano, segnalando la posizione, tutta la loro preoccupazione.
“Tetti di Genova avvolti nella caligo”. Foto di Gianni Cepollina.
“La nebbia arriva su zampine di gatto. S’accuccia e guarda la città e il porto sulle silenziose anche e poi se ne va via”.
“Il viaggio per mare è stato un avvenimento. Come andava gradatamente sparendo lontano, la grande Genova notturna, disseminata di luci, assorbita dal chiaro di luna, così come un sogno trapassa in un altro! […] Come un sogno Genova si sprofonda nel mare. Sono morto per questo mondo, dileguato con l’ultima luce? Oh, fosse così! Sarebbe possibile?”.
“Preferisco Genova a tutte le città in cui ho abitato. È che mi ci sento sperduto e a casa mia – fanciullo e straniero. Essa ha una distesa di cupole, monti calvi, mare, fumi, neri fogliami, tetti rosa, e quella Lanterna, così alta ed elegante”.
Cit. Paul Valery scrittore francese (1871 – 1945).
Quando Tenco posava sotto la Lanterna, sguardo triste e assorto, abito scuro in stile esistenzialista alla Jean Paul Sartre.
Nel 1967 di ritorno dal suo funerale De Andre’ compose questa straordinaria poesia per raccomandare l’amico al Signore.
Lascia che sia fiorito Signore, il suo sentiero quando a te la sua anima e al mondo la sua pelle dovrà riconsegnare quando verrà al tuo cielo là dove in pieno giorno risplendono le stelle.
Quando attraverserà l’ultimo vecchio ponte ai suicidi dirà baciandoli alla fronte venite in Paradiso là dove vado anch’io perché non c’è l’inferno nel mondo del buon Dio.
Fate che giunga a Voi con le sue ossa stanche seguito da migliaia di quelle facce bianche fate che a voi ritorni fra i morti per oltraggio che al cielo ed alla terra mostrarono il coraggio.
Signori benpensanti spero non vi dispiaccia se in cielo, in mezzo ai Santi Dio, fra le sue braccia soffocherà il singhiozzo di quelle labbra smorte che all’odio e all’ignoranza preferirono la morte.
Dio di misericordia il tuo bel Paradiso lo hai fatto soprattutto per chi non ha sorriso per quelli che han vissuto con la coscienza pura l’inferno esiste solo per chi ne ha paura.
Meglio di lui nessuno mai ti potrà indicare gli errori di noi tutti che puoi e vuoi salvare.
Ascolta la sua voce che ormai canta nel vento Dio di misericordia vedrai, sarai contento.
“Da Voltri a Genova si vedono sempre case, tutto annuncia una grande città. Presto il porto appare e si vede la bella città seduta ai piedi delle montagne. Il faro della Lanterna, come un minareto, dà all’insieme qualche cosa di orientale e si pensa a Costantinopoli”.
“Affaticato dal camminare, mi siedo su una panchina, testimone ammirato del modo con cui quel fiero dominatore, ch’è stato per millenni l’eroe del giorno e lo sarà fino all’ultimo giorno, del modo con cui il sole nel suo tramonto di fuoco investe delle sue figurazioni l’intero paesaggio, mentre il mio occhio portandosi al di là del muro che circonda il giardino, contempla quell’eterno simbolo dell’eternità: l’orizzonte infinito”.
Quando anche con un cielo terso vicino alla Lanterna i nembi volavano bassi. Ma non erano soffici nuvole bensì colonne di fumo prodotte dai colpi di cannone.
Quando intorno al Faro, a difesa del porto erano state predisposte e potenziate, a varie riprese, volute dai Savoia, le batterie di cannoni di San Benigno. Tale artiglieria, continuò ad essere presidiata e puntigliosamente mantenuta in funzione grazie a regolari esercitazioni fino al 1915, anno della sua definitiva dismissione.
Sul sovrastante colle di San Benigno, dove un tempo sorgeva l’omonimo secolare monastero (XII sec.) intitolato a San Paolo, d0po i moti del 1849 furono erette, per volere del generale La Marmora, anche due grandi Caserme adibite ad ospitare la truppa.
“A sinistra la Lanterna. Al centro e a destra ledue caserme di san Benigno. Cartolina del 1912.
Vennero anch’esse dismesse nel 1920 e poi, nel 1925, definitivamente demolite.
La tradizione per convenzione adotta il 1128 come anno di fondazione del nostro Faro ma si sa che già precedentemente, nel luogo dove sarebbe poi sorta si bruciavano steli di brisca, la ginestra raccolta a Briscata in Val Bisagno, per comunicare con le navi.
Leggenda narra che, proprio come accadeva nell’antico Egitto con gli architetti delle Piramidi, il suo costruttore perché non replicasse simil prodigio, una volta terminata l’opera venne buttato giù dalla torre.
Un’altra versione di tale vicenda racconta invece che il maestro venne eliminato per non corrispondergli il dovuto emolumento.
Dopo questa breve escursione nelle favole senza fondamento torniamo piuttosto alla storia, quella vera.
La Lanterna aveva la duplice funzione di faro e fortificazione e tutti gli utenti del Porto erano tenuti a contribuire alla sua manutenzione.
“La Lanterna al tramonto”. Foto di Irene Tasso.
A partire dal 1320 venne dotata di cinquantadue lampade ad olio e di vetri piombati provenienti da Altare e Masone.
Nel 1507 ai suoi piedi, per volere dei francesi, venne edificata la fortezza della Briglia per controllare la città dal mare così come facevano dal Castelletto da terra.
I Genovesi si ribellarono e distrussero i simboli dell’occupazione straniera.
Nel demolire la Briglia la Lanterna venne danneggiata e rimase per circa trent’anni senza un piano, a metà.
” Veduta di Genova”. Lanterna e Torre dei Greci a presidio dell’arco portuale, opera di Cristoforo Grassi 1597 Museo Navale di Pegli. Il quadro rappresenta la parata militare della spedizione cristiana voluta da Papa Sisto IV e dal Cardinale Paolo Fregoso per liberare nel 1481 Otranto dai Turchi”.
Comprendendo la scogliera di Capo di Faro, Promontorio o San Benigno, che dir si voglia, su cui svetta, alta 117 metri, la Lanterna ci illumina e ci protegge in “saecula saeculorum”.
Più o meno nella stessa posizione in cui era ubicata la scomparsa antenata, la Torre dei Greci, nel 1820 venne collocato il Faro del Mandraccio, affettuosamente soprannominato “il Lanternino”.
La costruzione durò poco più di un secolo perché, nel 1929, con l’avvento dei grandi transatlantici che necessitavano di maggior spazio per le loro manovre, venne abbattuta.
In Copertina: “Il Lanternino del Mandraccio, cartolina tratta dalla Collezione di Stefano Finauri”.
… di un faro che non c’è più … ormai dimenticato…
Nel 1324 i “Salvatores portus et moduli” deliberano la costruzione di una nuova torre destinata a presidiare il lato levantino del porto.
È tempo dunque che madre Genova partorisca e che la Lanterna abbia una sorella.
Viene posizionata nella zona degli attuali Magazzini del Cotone, davanti al Baluardo e alla Malapaga. Il suo nome deriva dal fatto che, quello di S.Marco al Molo, il quartiere dove viene eretta, è la zona dove i mercanti greci avevano le loro abitazioni e vi gestivano traffici e merci.
Per circa 300 anni la Torre dei Greci ha coadiuvato la Lanterna nel difficile compito di proteggere il porto e difendere la città.
“La Torre dei Greci” dettaglio del 1520 circa…
Nel ‘600, in seguito ai lavori resisi necessari per l’ampliamento del Molo, è stata demolita.
Di tutto ciò resta solo il prezioso ricordo testimoniato da numerose “vedute” di quadri, stampe e incisioni, come quella qui rappresentata del 1520.
In copertina dettaglio del quadro di Cristoforo Grassi del 1597. La tela rappresenta il ritorno della flotta dalla spedizione di Otranto del 1481, avvenuta l’anno successivo.