“Ahi Genovesi uomini diversi…”

storia del Divin Poeta, di una stirpe a questi ostile… e di ligustiche ispirazioni…
Fra le numerose tappe del suo lungo esilio, probabilmente nel 1311, Dante fu ospite a Genova e in Liguria.
Qui incontrò l’imperatore Arrigo VII nel quale riponeva le speranze di veder realizzato il suo sogno politico delle due autorità, quella pontificia e imperiale, destinate a sovrintendere le “humanae cose” per il bene comune.
A differenza di quanto accaduto in altre città, Dante a Genova però non si sentì né apprezzato né ben voluto, anzi rivide nelle locali fazioni dei Rampini e Mascherati le stesse scellerate litigiosità dei Guelfi e Ghibellini fiorentini.
Nell’Inferno fra i traditori pose, infatti, Branca Doria ancor vivo, reo di aver fatto a pezzi il suocero Michele Zanchè per impadroni
rsi dei suoi possedimenti sardi.
Come racconta il Foglietta nei suoi resoconti il Poeta, giunto nella Dominante, “fu solennemente bastonato sulla pubblica via dagli amici e dai servi di Brancaleone.
Da questa offesa, non potendo il Sommo, vendicarsi con le mani, si vendicò con le parole e la penna”.
"Vignetta dantesca".
“Vignetta dantesca”.

Da qui la celebre invettiva scolpita nel Canto XXIII dell’Inferno, versi 151-153:
“Ahi Genovesi, uomini diversi
d’ogne costume e pien d’ogni magagna,
perché non siete voi del mondo spersi?”.
Il “Ghibellin fuggiasco” prende inoltre a modello, dopo averla attraversata entrandovi da Lerici, l’aspra nostra terra, per descrivere la montagna del Purgatorio:
“Tra Lerice e Turbia la più diserta,
la più rotta ruina è una scala,
verso di quella, agevole ed aperta”.
(Canto III del Purgatorio, verso 49-51).
Proseguendo verso Genova Dante s’imbatte infine nella splendida foce del fiume Entella così descritta:
“Intra Siestri e Chiaveri s’adima
una fiumana bella….”
(Canto XIX del Purgatorio, versi 100-101).